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Moralia Blog

Dibattiti etici: servono spazi istituzionalizzati

Dopo il congresso internazionale organizzato dai teologi moralisti francesi dell’ATEM nell’agosto 2015, è importante riflettere su alcuni spunti emersi.

L’Association de théologiens pour l'étude de la morale, fondata nel 1969, organizza ogni anno un congresso internazionale aperto a tutti i teologi. Come premessa, per meglio capire lo spirito che ha animato queste giornate di studio, va ricordato un fatto sociale e culturale, che in parte ha influito sulla teologia francese. Da quando le questioni di bioetica sono diventate oggetto legislativo, anche la Francia si è dotata di una legge di bioetica (1994, poi rivista nel 2004).

Ogni quattro anni c’è una revisione della legge, dovuta anche alla necessità di adeguamento agli sviluppi tecno-scientifici che sono all’origine delle delicate questioni di inizio e fine vita come della prassi medica e della ricerca. Proprio per la delicatezza del dibattito e della conseguente necessità di valutarne con attenzione ogni dettaglio, la legge di bioetica n. 814 del 7 luglio 2011 ha dato mandato al Comitato consultivo nazionale di Etica (CCNE), analogo al Comitato nazionale per la bioetica italiano, di istituire gli Stati generali della bioetica, con l’intento di informare in modo scientificamente corretto i cittadini su problemi etici e questioni sociali sollevate dal progresso delle conoscenza nel campo della biologia, della medicina, della salute.

Con questo intento dal gennaio 2012 il CCNE, con la collaborazione dell’ATEM, ha creato degli “Spazi di riflessione etica regionali e interregionali”, con lo scopo di organizzare incontri e riunioni pubbliche per promuovere informazione e consultazione dei cittadini sulle questioni di etica e di bioetica. L’intento è duplice: informare i partecipanti sulle gravi questioni di bioetica, e specularmente conoscere sensazioni, opinioni, timori e attese dei cittadini.

La percezione del ruolo fondamentale che in democrazia occupa il dibattito pubblico, leale, fondato sul rispetto delle conoscenze scientifiche e tecniche in rapporto con l’etica, è emersa anche nelle giornate di studio organizzate a Trento.

Senza esaminare le riflessioni presentate dai singoli relatori, va sottolineato come ognuna abbia contribuito a illuminare un aspetto della complessa questione dell’identità e ruolo della teologia oggi, nel mondo postmoderno e all’interno dell’Europa. Sono emersi interessanti riflessioni sostenute da un filo rosso: la necessità di dialogo sia con il mondo laico sia tra teologi. Ovviamente il dialogo deve essere credibile e quindi alimentato dagli apporti di tutte le discipline, teologiche e sociali, come ben proponeva la bioetica con il suo metodo interdisciplinare.

Alain Thomasset, in apertura, invita a saper vedere, e quindi cogliere con sguardo antropologico, le tre grandi sfide: credibilità, pertinenza nella società - essere in grado di proporre un discorso capace di suscitare ascolto nel reciproco rispetto, saper ascoltare l’altro per individuare la singolarità dei bisogni. Come suggerisce Pierdavide Guenzi, si tratta di promuovere un percorso di significazione, che richiede di conoscere il contesto culturale, leggerlo e interpretarlo per ritrovare il ruolo della narratività come strumento di aiuto alla costruzione di un’universalità feconda. Il che altro non è che un modo di posizionarsi nel mondo.

In questa linea Martin Lintner parla di “servizio di traduzione collaborativa”, dal momento che la società postmoderna manca ancora di punti di riferimento condivisi o, in altre parole, di racconti di ciò che sta succedendo, di come il mondo si modifica, verso dove va.

Allora la domanda è: la narratività, dimensione prettamente umana, può animare la teologia? Secondo Denis Muller ciò è possibile in una teologia intesa come discorso di senso, strumento di costruzione dei racconti ipotizzabili di ciò che sta accadendo, come “immaginazione speculativa”.

Qui si gioca la sfida dei concetti e delle parole: libertà, quale il suo posto? Come abitare il tempo (e non solo lo spazio), costruire un tempo comune?  Il tema della responsabilità è un tratto che ritorna (Chiappini).

Per questo è importante il confronto con la storia, come propone Bondolfi, dove la prospettiva è molteplice. La storia si occupa di fatti, eventi, situazioni, ma anche di fatti raccontati, accompagnati da immagini che chiariscono e a volte occultano la realtà. Quindi di pratiche e di mentalità. La storia non è solo successione di eventi, ma è paragonabile a un fiume che varia al variare del letto in cui scorre, che modella i luoghi e da essi si lascia modellare. Accorgimento importante per una buona teologia è la consapevolezza della precarietà del tempo presente che richiede prudenza nell’uso dei termini, consapevolezza della duplice difficoltà da un lato dell’accesso alle fonti e della loro comprensione reale, dall’altro della relazione tra materiale così come viene utilizzato e diffuso nell’ambito quotidiano, nell’uso popolare, e materiale scientifico e teologico. Di qui nuovamente il richiamo all’importanza dell’interdisciplinarietà per avere validi strumenti di comprensione.

Nel dialogo mondo laico-teologia sono vari i modelli di confronto, come ricorda Walter Lesch, ma la cosa essenziale è riuscire a dire ciò che si pensa, il senso profondo di ciò in cui si crede, senza usare parole compromesse che, perduto il loro fondamento originario, risultano un orpello vuoto che ostacola il dialogo costruttivo.

Missione della teologia, come ricorda MarieJo Thiel, è situarsi nel mondo per riconoscere i segni dei tempi e interpretarli alla luce della Parola. Ma qual è il posto della teologia nell’Europa di oggi? Il rapido excursus attraverso i più significativi documenti e incontri evidenzia come il fondamento europeo sia il riconoscimento e la difesa della dignità umana. L’Europa stessa addita nelle religioni e nella teologia un arricchimento, uno strumento di consolidamento dei diritti umani, di superamento delle divisioni verso la promozione della coesione sociale. Solo se saprà costruire una narrazione credibile del presente e del futuro, la teologia può essere un facilitatore di dialogo interculturale e interreligioso sia a livello di relazioni umane sia a livello di capacità critica nei confronti delle scienze e delle nuove tecnologie.

I lavori si sono conclusi nella convinzione che la teologia debba assumersi il compito di essere un valido strumento di crescita culturale, sociale e politica.

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