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Moralia Blog

Di fronte al Coronavirus: scienza e solidarietà

A ogni segnale del rischio di nuove pandemie, l’occhio della storia coglie un aggiornamento di quella lunga vicenda che lega umani, animali e virus. La peste nera, il «genocidio preterintenzionale» degli indigeni americani, l’influenza spagnola hanno segnato in modo massiccio gli assetti geopolitici e i loro successivi sviluppi.

Non è un caso che nel tempo della futurologia scientifica, fatta di scenari elaborati da economisti e ingegneri in grado di «mixare» proiezioni e vision, ci si interroghi sui punti di PIL mondiale destinati a perdersi a causa del Coronavirus, con le possibili evoluzioni delle dinamiche produttive e di mercato.

Malattie globalizzate

E se in una certa misura la «mucca pazza» indusse negli anni Novanta a porre qualche freno alla deregulation del liberismo thatcheriano, occorrerà essere attenti alle tendenze che potranno ora innescarsi, a livello globale, sulla spinta di pressioni economico-politiche che in qualche modo si troveranno a intercettare una grande forza emotiva collettiva.

Un ulteriore aspetto sociale, tanto preoccupante quanto quello clinico e ben attestato nella storiografia epidemiologica, è la tenuta del legame sociale. Su questo sfondo non possiamo non essere allarmati per alcuni fatti di questi giorni: al netto delle fake news, che pure hanno iniziato a rincorrersi, alcuni episodi realmente accaduti – due nella sola Torino, gli scorsi giorni – hanno visto persone di origine cinese aggredite anche fisicamente, in quanto ritenute portatrici di Coronavirus. C’è di che sperare che la nostra civiltà non si abbandonerà a fenomeni collettivi scomposti, da caccia all’untore, ma la natura di questi segnali ripropone in modo preoccupante la facilità con cui tensioni e paure si scaricano su capri espiatori, individuabili per stereotipi.

La qualità dei legami sociali non s’improvvisa

La qualità del legame sociale e la fiducia nel prossimo, su cui si fonda, non s’improvvisano, ma nascono da esperienze positive consolidate e dalle parole adeguate per dirle. Non possiamo nasconderci che nel nostro tempo molte voci, certamente sovra-rappresentate – particolarmente amplificate nei media e nella politica – giocano a rilevare strumentalmente e a raccontare in modo conflittuale e aggressivo una realtà minacciosa, con troppo facili imputazioni di responsabilità.

Questo gioco al massacro non termina con una smentita o un silenzio, ma logora lentamente – e purtroppo efficacemente – la tenuta di quel legame di alleanza e riconoscimento reciproci, attraverso il quale solamente si può prospettare una soluzione non violenta e sicura a quanto minaccia la pace e il benessere di una popolazione.

La forza con cui la vita evolve sul nostro pianeta vede noi esseri umani allo stesso tempo trasformare i nostri ecosistemi e diventare a nostra volta ecosistemi di sviluppo per microrganismi anche pericolosi, quali il Coronavirus.

L’ecologia integrale ci ricorda che in entrambi i casi quel fattore evolutivo tipicamente umano, che è la cultura, diventa decisivo: lo è per non distruggere il pianeta come risorsa di vita, lo è altrettanto per fare alleanza di fronte alle minacce pandemiche, affinché non tornino come in passato a contagiare anche lo spirito di fraternità umana.

Al tempo della peste nera il papa avignonese Clemente VI, pur «gentiluomo ma non santo», si distinse per essere rimasto in città – su consiglio del suo medico – e aver preso le difese degli ebrei. Cultura è lasciare voce in capitolo alla scienza e alle misure che le sue competenze individuano, e insieme alzare voci di solidarietà intelligente e non violenta.

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