m
Moralia Blog

Dalla parte degli esclusi, per umanizzare la società

Viviamo in una società in cui si incontrano, si scontrano, si confrontano, convivono diversi universi culturali e religiosi. La città degli uomini ha assunto il volto plurale dei valori, delle culture, delle religioni. Secondo il sociologo polacco Zygmunt Bauman, «la città è un luogo di piacere e pericolo, opportunità e minaccia. Attrae e ripugna al tempo stesso, genera esaltazione e abbattimento, offre libertà audaci che si scontrano con la perdita delle energie».

La città multietnica produce mixofilia, l’amore per il mix sociale e culturale, perché vede nell’incontro con l’altro un arricchimento personale e sociale, ma al tempo stesso mixofobia, l’odio e la paura di mescolarsi allo straniero, ma anche a tutti coloro che sono esclusi dalla società e vivono in condizioni di marginalità e povertà.

Superare la logica dello scarto

La nostra società, affascinata dal culto del potere e dell’avere, è tentata di vedere l’altro, lo straniero, il diverso, il povero, il fragile, il debole, il vulnerabile come qualcuno da emarginare, da scartare e possibilmente eliminare, se dovesse mettere in pericolo il proprio desiderio di benessere, fondato sul potere e sul possesso. 

La nostra società dei consumi, che produce rifiuti in quantità sempre più crescenti, che minacciano la salute e la vita delle persone ma anche la pacifica convivenza sociale, è fortemente inquinata dalla cultura dello spreco, dello scarto, dell’usa e getta; le cose che si acquistano non sono più pensate per durare nel tempo, ma per essere usate poche volte e gettate via. E non solo le cose, ma anche le persone vengono scartate e gettate via come fossero spazzatura. A fondamento di questa logica dello scarto c’è un uso funzionale e strumentale delle persone, ridotte solo a oggetti per la propria gratificazione. 

Papa Francesco, nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, redarguisce con forza la cultura dello scarto, l’economia dell’esclusione e dell’inequità, la globalizzazione dell’indifferenza, quando afferma: «Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa. Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono “sfruttati” ma rifiuti, “avanzi” […]  Gli esclusi continuano ad aspettare. Per poter sostenere uno stile di vita che esclude gli altri, o per potersi entusiasmare con questo ideale egoistico, si è sviluppata una globalizzazione dell’indifferenza. Quasi senza accorgercene, diventiamo incapaci di provare compassione dinanzi al grido di dolore degli altri, non piangiamo più davanti al dramma degli altri né ci interessa curarci di loro, come se tutto fosse una responsabilità a noi estranea che non ci compete».

Amare senza escludere nessuno

La logica di Dio non è una logica di esclusione ma di inclusione e di integrazione «perché Dio è amore» (1Gv 4,8). Anzi ciò che gli uomini escludono è prezioso e meraviglioso agli occhi del Signore: «La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo. Questo è stato fatto dal Signore: una meraviglia ai nostri occhi» (Salmo 118, 22-23). Lo stile di Dio è quello della compassione, della vicinanza, della tenerezza, dell’amore senza riserve e senza confini, offerto gratuitamente a tutti, al fine di salvare tutti e umanizzare/divinizzare questo nostro mondo. 

Dio ha un amore preferenziale per i poveri, per gli ultimi, per gli scartati dalla società. Questo amore preferenziale si è concretizzato in Gesù, «immagine del Dio invisibile» (Col 1,15), che «da ricco che era, si è fatto povero» (2Cor 8,9), ultimo tra gli ultimi, inviato dal Padre «a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,18-19).

L’amore preferenziale si ispira all’agire di Dio nella storia ed esprime l’impegno dell’uomo a promuovere un ordine mondiale più giusto che dia ai poveri e agli ultimi la possibilità di una vita dignitosa. Come ci ricorda papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti: «Siamo stati fatti per la pienezza che si raggiunge solo nell’amore. Vivere indifferenti davanti al dolore non è una scelta possibile; non possiamo lasciare che qualcuno rimanga “ai margini della vita”. Questo ci deve indignare, fino a farci scendere dalla nostra serenità per sconvolgerci con la sofferenza umana. Questo è dignità». Dignità non è rimanere freddi, indifferenti, impassibili, dinanzi al dolore altrui, ma lasciarsi turbare, coinvolgere e sconvolgere, da chi quotidianamente subisce ingiustizie. Pertanto, occorre avere il coraggio di indignarsi quando la dignità umana viene calpestata e dare voce a chi non ha voce, ma, al tempo stesso, avere il coraggio di cambiare le cose per alimentare in tutti la speranza di un futuro migliore. 

«Ogni giorno – ci ricorda papa Francesco – ci troviamo davanti alla scelta di essere buoni samaritani oppure viandanti indifferenti che passano a distanza». E tu, da che parte stai? 

 

 

Salvatore Cipressa è docente di Teologia morale presso l’Istituto teologico calabro e l’Istituto superiore di scienze religiose metropolitano di Lecce. Tra le sue pubblicazioni più recenti: Affettività fragile. Diagnosi e terapia, Cittadella, Assisi 2023; Etica del vivere, Cittadella, Assisi 2023; insieme a G. Pani, Piangere, Cittadella, Assisi 2019.

Lascia un commento

{{resultMessage}}