Credenti creativi
Riprende il puntuale segnavia di Moralia, dopo una breve pausa estiva e i mesi che l’hanno preceduta, nei quali si è registrato un importante incremento numerico di contributi, molti dei quali inevitabilmente legati all’emergenza pandemica. Riprende il servizio di Moralia e dei suoi volontari, che credono in questo strumento di diffusione e confronto di idee. Ciascuno di noi forse ha trovato voglia ed energie di portare avanti quelle letture che, accantonate a tempi migliori, hanno popolato i giorni della canicola.
Così mi è capitato di incrociare la nuova ricerca firmata da Franco Garelli sulla religiosità degli italiani, presentata anche su qualche quotidiano nazionale: Gente di poca fede. Il sentimento religioso nell’Italia incerta di Dio, Il Mulino, Bologna 2020. Un lavoro serio e guidato da plausibili indicatori di analisi, che segue un analogo prodotto nel 1994.
Inutile ricordare che l’effetto mediatico è andato sulla cifre percentuali: in un quarto di secolo si è triplicato il numero degli «atei» e degli «agnostici», particolarmente nella fascia tra i 18 e i 34 anni; resta l’ambigua oscillazione tra un cristianesimo che conforta per i valori sociali che tende a trasfondere nel tessuto lacerato e confuso del paese, e un cristianesimo di appartenenza convinta.
Continua a consumarsi quello «scisma sommerso» in particolare su alcuni temi etici, ma ora anche legati alla vita delle comunità cristiane e dei suoi pastori (come nel caso del sacerdozio femminile e di quello uxorato).
Fin qui i dati che possono far male a qualcuno, che invoca il ritorno a una «tradizione» securizzante e collaudata, o lasciare indifferenti altri, che magari hanno già ritagliato una propria religiosità «fai da te» e di «nicchia», o dare la stura a letture di definitiva ininfluenza della Chiesa cattolica nello scenario culturale attuale e della vita pubblica.
Cristianesimo di minoranza
Le interpretazioni di Garelli documentano un linguaggio, quello del «malessere», dell’«incertezza», della «trasformazione», che sembra essersi consolidato dopo i mesi più duri della pandemia (e solo in parte coperto dal gradimento delle celebrazioni in streaming o dalla forte statura di fede di papa Francesco).
In ogni caso ciò che non si può nascondere (e che dunque occorre pensare) è che il cristianesimo è definitivamente una «minoranza» nell’Italia del secondo decennio del XX secolo.
Prendere atto di questo, nella cruda evidenza dei dati, è un atto di umiltà e di lucidità, di coraggio e di attenzione. Lo è non solo sul versante della «dottrina», ma degli stessi «temi etici». Non solo quelli classici (e ripetuti sino alla noia) inerenti all’etica sessuale, prima, e poi alla bioetica, ma anche – e questo dovrebbe preoccupare– nell’ambito dell’etica sociale, economica, politica e ambientale. Quei temi che hanno sempre rappresentato una sincera condivisione con altre realtà culturali.
Una minoranza creativa
Dunque una minoranza. E qui il discorso si fa serio. Quale minoranza può essere il cristianesimo in questo tempo? C’è minoranza e minoranza: un po’ lapalissiano, ma perfettamente aderente al nostro presente. C’è la minoranza da «stato di assedio», che sente di giocare l’ultima partita per la difesa dei valori irrinunciabili, ma che, non di rado, assume il profilo arrogante dello scontro; c’è una minoranza che si rinserra nel chiuso di comunità rassicuranti di fronte al «grande freddo», ma ormai remissiva nei confronti di una cultura che l’ha superata e che, dunque, appare sempre più una minoranza «residuale».
C’è – e qui mi permetto di riprendere un’intuizione di Benedetto XVI – una «minoranza creativa». Essere «minoranza creativa», né aggressiva, né remissiva, ma profondamente evangelica: uomini e donne che «nell’incontro con Cristo» hanno «trovato la perla preziosa, che dà valore a tutta la vita, facendo sì che gli imperativi cristiani non siano più zavorre che immobilizzano l’uomo, ma piuttosto ali che lo portano in alto» (J. Ratzinger, Lettera a Marcello Pera, 2004).
Una minoranza creativa che s’impegna a fondo nel dialogo intellettuale, sapendo che «il cattolico non può accontentarsi di avere la fede, ma deve essere alla ricerca di Dio, ancora di più, e nel dialogo con gli altri ri-imparare Dio in modo più profondo» (Benedetto XVI, Intervista, 26.9.2009).
Una minoranza «creativa» è una minoranza che vive la parresia evangelica e traccia solchi perché il buon seme evangelico possa mettere radici, ben sapendo che, comunque, parte della semente finirà sulla strada, sui sassi o tra i rovi. Ma questo è lo stile di Dio: generoso nel donare il seme e paziente nell’attendere i frutti.
Anche il nostro Moralia può essere a servizio di questa minoranza creativa, nei mesi a venire in cui ampi solchi di riflessioni sono stati già tracciati, come il volume Etica, per un tempo inedito, frutto della ricca riflessione degli scorsi mesi, sta a dimostrare.
Pier Davide Guenzi è presidente dell’ATISM e insegna Teologia morale ed Etica sociale alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale.