COP 25 e la nostra apocalisse quotidiana
Il libro dell’Apocalisse è un testo complesso, che non va interpretato in modo ingenuo, senza comprendere il suo ricco gioco di simboli; solo così si può sfuggire a quella retorica diffusa, che ha reso l’aggettivo «apocalittico» sinonimo di «immotivatamente negativo e ingiustamente allarmistico».
Talvolta, però, proprio nell’Apocalisse incontriamo testi che sembrano scritti per interpretare il nostro oggi (o magari anche solo coglierne alcuni elementi qualificanti). Così nel capitolo 9 dell’ultimo libro della Bibbia cristiana, al termine della descrizione di immani catastrofi che colpiscono l’umanità, troviamo la seguente lapidaria conclusione: «Il resto dell’umanità, che non fu uccisa a causa di questi flagelli, non si convertì dalle opere delle sue mani» (Ap 9,20a).
Leggere oggi questo testo, in questo inizio di dicembre 2019 in cui prende il via la 25a Conferenza delle parti (COP 25) di Madrid, aiuta a mettere a fuoco alcuni dati di questo nostro tempo.
I flagelli
La visibile crescita dei fenomeni meteorologici estremi che colpiscono il nostro paese - la recente drammatica acqua alta di Venezia; la devastante tempesta Vaia di un anno fa; le sempre più frequenti esondazioni di fiumi e torrenti - è solo la componente più manifesta di un mutamento che avviene quotidianamente ma inesorabilmente, e che interessa l’intero pianeta.
La concentrazione di CO2 e di altri gas climalteranti cresce; la temperatura media planetaria aumenta; i ghiacciai si sciolgono; il livello medio degli oceani si alza. Possono esservi oscillazioni stagionali o persino annuali, ma il trend è chiaro e prosegue anche in quelle fasi in cui non sono in atto catastrofi clamorose che lo evidenziano.
Morte, deprivazione, impossibilità di accedere a beni fondamentali, migrazioni: solo alcune delle conseguenze di tale dinamica, che interessano centinaia di milioni di donne, uomini e giovani.
Gli appelli
Certo, a differenza che nell’Apocalisse, a chiamare al cambiamento non sono oggi pochi profeti isolati: l’autorevolezza della comunità scientifica afferma sistematicamente - in testi e rapporti - la natura antropogenica del mutamento climatico, documentandola con rilevazioni, elaborazioni sistematiche, modelli matematici. La posizione di chi rifiuta la forza probante di tali argomentazioni non è diversa da quella terrapiattista, che considera prove e immagini della struttura del nostro pianeta come mere falsificazioni.
A fianco del mondo scientifico troviamo poi la forza degli appassionati appelli di tanti giovani (si pensi ai Fridays for Future o al Movimento cattolico per il clima), ma anche la sapienza morale di tante comunità religiose che più volte hanno espresso la loro preoccupazione per il futuro della casa comune. L’enciclica Laudato si’ di papa Francesco è certo il più noto tra i numerosi testi che guardano in tale direzione.
Le risposte
Non mancano certo soggetti che prendono sul serio tali istanze e che stanno gradualmente avviando processi di cambiamento; l’Unione europea - pur tra mille contraddizioni - è in prima fila tra di essi e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile indicati dalle Nazioni Unite costituiscono un’importante fonte di ispirazione.
Su scala globale troviamo, però, anche leader che rigettano completamente l’idea di una corresponsabilità umana nel mutamento climatico in atto; lo statunitense Donald Trump e il brasiliano Jair Bolsonaro sono solo due icone particolarmente nitide di tale atteggiamento.
Il risultato è un cambiamento che non riesce a decollare e che rende sempre più difficile pensare di contenere l’incremento delle temperature a fine secolo entro gli 1.5 gradi Celsius, mettendo anzi a rischio anche obiettivi meno ambizioni, come i 2 gradi Celsius.
Quale pianeta si troveranno a ereditare i nostri figli? Anzi, in effetti, quale pianeta abiteremo noi stessi, nel giro di qualche decennio? Non a caso il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres, nel suo discorso d’apertura della COP25, si è chiesto se vogliamo essere ricordati come «la generazione che ha messo la testa sotto la sabbia mentre il pianeta bruciava».
Non dimentichiamo che - laddove si sciogliessero completamente i ghiacci groenlandesi - l’innalzamento previsto per il livello dei mari non sarebbe di centimetri, ma di decine di metri. Riusciremo a cambiare in tempo?
Non stupisce allora che proprio nella conversione ecologica l’enciclica Laudato si’ indichi un passaggio necessario per far fronte alla crisi socio-ambientale che viviamo. Non che essa possa o debba sostituirsi alle necessarie innovazioni tecniche e politico-sociali; piuttosto le sostiene e le supporta, mostrandone tutta la necessità. Ma certo, a monte di esse deve esserci un’assunzione radicale di responsabilità, capace di ascoltare il grido dei poveri e quello della terra. Il tempo non è molto; la sfida di vasto respiro; la posta in gioco globale.
Simone Morandini è coordinatore del progetto «Etica, teologia, filosofia» della Fondazione Lanza e insegna all’Istituto di studi ecumenici San Bernardino di Venezia; è coordinatore del blog Moralia.