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Moralia Blog

Ci vuole coraggio per conoscere. Ma è l’antidoto al complottismo

Sapere aude! Abbi il coraggio di conoscere! Il motto dell’Illuminismo appare paradossalmente di nuovo attuale dopo gli ultimi dati del 55° Rapporto CENSIS sulla sfiducia degli italiani nella scienza e più in generale nel sapere condiviso.

Questi dati sono lo specchio di una società in cui molti temono la fatica richiesta dall’acquisizione della conoscenza e preferiscono affidarsi ai «saperi facili» della Rete.

Di fronte a una complessità, in cui le interconnessioni appaiono spesso difficili da districare, si preferiscono le «verità semplici»: tutto il male deriva da complotti, da grandi inganni, da poteri forti e occulti. Non stupisce che in parecchi casi la lotta contro di essi divenga addirittura come un nuovo fronte, in cui investire energie e costruire talvolta persino progetti politici.

Non è un fenomeno nuovo: Errico Buonanno nel suo Non ce lo dicono. Teoria e tecnica dei complotti dagli Illuminati di Baviera al COVID-19 (UTET, Torino 2021) presenta efficacemente alcune delle diverse versioni del complottismo succedutesi negli ultimi secoli.

Decisamente nuova è però la capacità di penetrazione conferitagli dalla Rete, che ne fa un preoccupante fenomeno di massa, con costellazioni di siti di riferimento che si richiamano e si supportano a vicenda. Né si può dimenticare che spesso le dinamiche complottiste tendono a venarsi di antisemitismo: i riferimenti – tuttora richiamati in occasioni diverse – ai «protocolli dei Savi di Sion» come fonte di conoscenza attendibile evidenziano un’ignoranza (o una sua strumentalizzazione) che ha anche questo volto ignobile.

In tali dinamiche sono pure coinvolti taluni ambienti religiosi (dal card. Carlo Maria Viganò a p. Livio Fanzaga, se vogliamo limitarci al solo mondo cattolico), che – ad esempio – in occasione della pandemia da COVID-19 hanno ampiamente attinto a tale armamentario discorsivo.

Naturalmente in tali contesti il vero potere forte da combattere è in primo luogo quello del demonio, ma non è difficile cedere alla tentazione di associarvi immediatamente la modernità e la scienza. 

Uno sguardo diverso

Perché non apprendere invece a guardare con positivo stupore alla crescita di conoscenza apportataci dalla modernità? Perché sminuire gli incrementi di qualità della vita – ma anche semplicemente di vita tout court – che essa ci dona? Perché continuare a vedere ovunque nemici e complotti?

Sia chiaro, chi scrive non intende certo invitare all’ingenuità acritica nei confronti della società della tecnica e delle sue ambivalenze o dei complessi intrecci di potere che in essa si dispiegano.

Più volte il blog Moralia ha sottolineato la necessità di una prospettiva etica capace di analisi attente, tese a cogliere le interconnessioni problematiche tra ambiti diversi del nostro vissuto sociale, attingendo anche a una pluralità di saperi. Ma appunto si tratterà di attingere a saperi, di passare attraverso il lavoro faticoso della conoscenza competente e della comprensione analitica – e non del mero rilancio di voci intese senza filtro critico.

Vale la pena di ricordare in tal senso che la grande tradizione cristiana vive di una fede in un Logos coinvolto nella creazione di un mondo che per questo si presenta come aperto alla comprensione, allo studio, all’interpretazione. Una fede, dunque che ama il sapere, che coltiva una passione per la conoscenza dello splendido mondo Dio donatoci.

Sapere aude, dunque, è un’espressione che una teologia morale avveduta può e deve fare propria, a maggior ragione in un tempo di pressappochismo diffuso.

Si tratta di osare la conoscenza: per rendere più vivibile la vita e per aiutarla a fiorire, per disegnare al meglio la nostra vocazione di esseri umani, per dispiegare quella libertà vera che è anche libertà dall’ignoranza.

 

Simone Morandini è vicepreside dell’Istituto di studi ecumenico San Bernardino e membro del Comitato esecutivo del Segretariato attività ecumeniche.

Commenti

  • 10/12/2021 Flavio Pajer

    Splendido invito al coraggio di conoscere, caro Simone. Condivido e sottoscrivo. Mentre ti leggevo, pensavo a quel mondo che mi è caro, cioè la scuola (quella di religione, in primis), e a quanto poco essa riesca a incidere sulla formazione di una competenza minimamente critica circa il fatto religioso in generale e il fatto cristiano-cattolico in particolare. Anche il cosiddetto Irc - non è purtroppo una novità - si adagia troppo spesso sul pressapochismo, dà via libera ai "saperi semplici", rincorre il buono e il meno buono della Rete e vi rimane impigliato, lavora insomma al di sotto delle sue possibilità, nonostante lo sforzo ammirevole di taluni insegnanti esemplari. Ma la fragilità non è tanto nei docenti, è il "sistema Irc" che va ripensato, visto il dilagante analfabetismo religioso ed etico, che è anche radice, come scrivi, di becero complottismo, di antisemitismo, di ignobile ignoranza tout court.

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