Cannabis: proibizione in fumo
Mentre bruciava i sondaggi anti-Trump, l’election day dell’8 novembre ha pure visto andare ancora una volta in fumo la tradizione proibizionista, con il voto pro cannabis in nuovi stati quali California, Nevada e Massachussetts, dove già ne era ammesso l’uso medico. Una discussione analoga è avviata nel nostro paese sulla proposta di legge, presentata da un ampio gruppo interparlamentare, che rispetto alle politiche USA step-by-step (prima l’uso medico, poi quello ricreativo) disciplina in modo organico entrambi.
Mentre bruciava i sondaggi anti-Trump, l’election day dell’8 novembre ha pure visto andare ancora una volta in fumo la tradizione proibizionista, con il voto pro cannabis in nuovi stati quali California, Nevada e Massachussetts, dove già ne era ammesso l’uso medico.
Una discussione analoga è avviata nel nostro paese intorno alla proposta di legge presentata da un ampio gruppo interparlamentare, la quale rispetto alle politiche USA step-by-step (prima l’uso medico, poi quello ricreativo) disciplina in modo organico entrambi.
In realtà l’uso terapeutico, introdotto dapprima in alcune regioni, è stato ammesso in Italia nel 2013 con aggiornamento del Testo Unico (D.P.R.309/90 tabella 2), riservandone la produzione all’Esercito, con individuazione annuale previa del fabbisogno e costi a carico del contribuente (eccetto per la sclerosi multipla).
La proposta in discussione autorizza alla coltivazione e produzione le aziende farmaceutiche, e ne agevola distribuzione, prescrizione e dispensazione per quelle patologie per le quali i medici ritengano necessario l’impiego. Non si può negare l’ampliamento delle possibilità di cura e responsabilizzazione delle figure mediche e farmaceutiche che essa consente, smarcandosi da una visione ideologica a volte limitante.
Cannabis a uso ricreativo: la problematica della responsabilizzazione
Più problematica è la disciplina dell’uso ricreativo, fin dal termine connotato in modo ottimistico circa gli effetti di sostanze psicotrope. In questo caso la maggiore responsabilizzazione del consumatore va coniugata con l’effettiva possibilità per quest’ultimo di regolarsi circa le conseguente immediate e a lungo termine, ormai accertate da revisioni scientifiche validate.
È questo aspetto, relativo alla piena autonomia del consumatore, il profilo più problematico. La proposta di legge, costruita sul passaggio da depenalizzazione a legalizzazione per l’uso personale, prevede per la verità divieti e sanzioni (solo in spazi privati, no alla guida, detenzione di dose minima e sempre perseguibile in caso di spaccio); tuttavia è assente un interesse specifico per il consumatore abituale, né sembra sufficiente la destinazione del 5% dei proventi della legalizzazione ad attività culturale di prevenzione.
Insieme al limite di piante pro capite per l’autoproduzione, è la coltivazione e distribuzione in regime di monopolio lo strumento di controllo sociale e legale del fenomeno, così come auspicato anche dalla Direzione Nazionale Antimafia, vista l’inefficacia e lo sforzo sproporzionato richiesti dal contrasto alla cannabis da parte di forze dell’ordine e magistratura.
Ma la legalizzazione non eliminerà del tutto l’azione criminale, dato il divieto per i minorenni (da sempre un bacino di clienti molto appetibile per lo spaccio) e il limite alle dosi consentite; dunque adeguate risorse andranno pur sempre destinate ad attività di contrasto e recupero.
La legalizzazione: questione di etica civile
Questa della cannabis è intesa da alcuni come l’ultima frontiera di una resistenza rispetto a comportamenti potenzialmente lesivi di sé - e per altri - che non viene invece opposta riguardo ad alcool e gioco d’azzardo: una battaglia ormai di sola testimonianza, inefficace (lo attestano i 4 milioni di consumatori abituali e 12 miliardi di “fatturato”) oltre che ipocrita se non messa a sistema come dimostra il disinteresse per altre forme di dipendenza. In questo scenario la legalizzazione consente almeno un’importante sottrazione di risorse ad organizzazioni criminali.
Ma il tentativo di affrontare il tema su di un piano diverso, chiede di unire al coraggio civile un’intelligenza dell’interesse comune che abbia di mira anzitutto il bene delle persone più fragili perché più esposte agli effetti negativi, mettendo in agenda strategie per la presa in carico dei consumatori abituali e maggiori sforzi culturali sulla prevenzione.
La discussione quindi chiama il Parlamento a discutere ed emendare, senza cadere ancora una volta in semplicistiche trappole referendarie.