Biotestamento: i punti morali
Moralia | Una collaborazione dell'Associazione teologica italiana per lo studio della morale (ATISM) con Il Regno.
Era il 4 aprile 1997 quando, a Oviedo, il Consiglio d’Europa sottoscriveva la Convenzione sui diritti umani e sulla biomedicina. In essa, all’articolo 9, si affermava: «I desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà, saranno tenuti in considerazione». Da allora, molti stati europei si sono “attrezzati” per una legge sul cosiddetto “testamento biologico”.
Anche l’Italia, con la legge 145 del 28 marzo 2001, ha ratificato la convenzione, dando il via a una serie di lavori parlamentari ed extraparlamentari che hanno animato il dibattito politico e le discussioni etiche, aprendo la solita querelle tra movimenti pro life e movimenti pro choice, lasciando, tuttavia, un vuoto legislativo che, forse, solo ora sta per essere colmato.
È stato, infatti, approvato alla Camera, il 20 aprile scorso, il disegno di legge sulle Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, che tra qualche giorno passerà all’esame del Senato per l’approvazione definitiva.
Punti salienti del testo presentato alla Camera
Il testo, composto da sette articoli, sulla stessa scia della Convenzione di Oviedo, «stabilisce che nessun trattamento può essere iniziato e proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge». Potremmo così enucleare i punti salienti del DDL:
- Si valorizza la relazione di cura tra medico (o équipe medica) e paziente, fondata sul consenso informato e sull’interazione tra l’autonomia del paziente e la professionalità e le competenze del medico. In tale prospettiva il consenso, scritto o videoregistrato, può prevedere il rifiuto di qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario, comprese l’idratazione e la nutrizione artificiali.
- Compito del medico è quello di alleviare le sofferenze del paziente, evitando ogni forma di accanimento terapeutico e garantendo un’appropriata terapia del dolore o, se necessario, la sedazione palliativa permanente.
- Anche a minori e incapaci va garantita un’adeguata informazione circa le scelte riguardanti la salute, seppure il consenso o il rifiuto dei trattamenti spetti, per i minori, a chi esercita la responsabilità genitoriale e, per gli incapaci, al tutore o all’amministratore di sostegno.
- Ogni persona maggiorenne e in grado di intendere e di volere può disporre, per iscritto o tramite videoregistrazione, le proprie volontà circa i trattamenti sanitari da ricevere in previsione di una eventuale futura inabilità e può definire, riguardo all’evolversi di una patologia cronica e invalidante, una pianificazione delle cure condivisa tra medico e paziente e alla quale il medico è tenuto ad attenersi. Le DAT possono essere disattese, in un accordo tra medico e fiduciario, solo quando esse appaiano incongrue alla condizione attuale del paziente, oppure nel caso in cui siano state scoperte nuove terapie non prevedibili al tempo della stesura delle DAT.
- Si contempla, inoltre, la possibilità, per il paziente, di indicare un fiduciario che operi in sua vece nella relazione con l’équipe medica, in caso di sopravvenuta incapacità.
…e interrogativi morali
Mentalità eutanasica? Il DDL non appare come la porta di accesso alla legalizzazione dell’eutanasia, ma rappresenta il modo attraverso cui ogni persona ha la possibilità, nel più grande rispetto nei confronti del valore della vita, di decidere della qualità degli ultimi istanti della sua esistenza, come del resto ha fatto lungo tutto l’arco della vita, mediante la consapevolezza dell’incontro inevitabile con la morte e accompagnato da persone (medici, familiari e amici) che si prendano cura di lui e lo accompagnino nelle sue scelte.
Autonomia assoluta? Secondo alcuni, le DAT sarebbero uno strumento che enfatizza una forma di autonomia “selvaggia”. In realtà il DDL rispetta e promuove l’autonomia che ogni individuo deve avere nelle scelte che riguardano la sua salute (così come la nostra stessa costituzione sancisce). Questa autonomia, tuttavia, non appare assoluta, ma relazionale e dialogica: le DAT si redigono mettendo in stretta connessione il paziente con l’équipe medica: al paziente viene data la possibilità di esprimere i propri orientamenti e di essere tutelato in una situazione di estrema vulnerabilità; al medico viene riconosciuta la possibilità di informare e accompagnare il paziente, interpretandone le volontà.
E la nutrizione e idratazione artificiali? Conosciamo i pronunciamenti del magistero sulla necessità di fornire sempre, in linea di principio, la nutrizione e l’idratazione artificiali (pur individuando casi in cui tale somministrazione apparirebbe impossibile). Il DDL, invece, consentirebbe al paziente di disporne la sospensione. Tale annosa questione va, forse, affrontata valutando non soltanto l’efficacia della terapia di sostegno vitale, ma considerandone l’effettiva proporzionalità sulla base dello stato fisico ed emozionale del paziente e nel rispetto delle sue convinzioni più profonde.