Bioetica integrale. Una parola (im)politica
Come rinnovare la bioetica? Come superare la stasi in cui essa versa attualmente? Queste le domande con cui si misurava Giovanni Del Missier, nell’intervento di apertura dell’area bioetica di Moralia per questo 2018-19.
Le indicazioni che egli offriva guardavano all’enciclica Laudato si’ di papa Francesco, che invita a ritrovare quell’originaria ispirazione globale della bioetica stessa, cui orientava anche i precedenti interventi su Moralia di Simone Morandini e Francesca Marin nella serie «Bioregno».
Bioetica come cura
Ecco, allora, balzare in primo piano il tema della cura, che lo stesso Francesco aveva in qualche modo evocato già nella sua prima omelia programmatica del 19 marzo 2013.
Nella festa di San Giuseppe (uomo della custodia per la famiglia di Nazaret), egli invitava infatti al custodire: custodire il creato, custodire la vita, custodire l’amicizia...
Indicava, cioè, come buona una figura di umanità per la quale la pratica del prendersi cura è dimensione qualificante dell’esistenza. Un’umanità per la quale il reale non si presenta semplicemente come insieme di oggetti disponibili per l’uso, ma piuttosto come una sinfonia – o talvolta, purtroppo, una cacofonia – di appelli, che domandano un’attiva e responsabile presa in carico.
Certo, pensata in questa prospettiva, anche la bioetica non può essere disciplina rivolta a pochi specialisti, fondamentalmente legata al mondo della medicina, ma si trova invece gettata in uno spazio ampio e inedito, chiamata a ripensarsi a tutto campo alla luce della condizione umana in questo tempo complesso. Un tempo in cui, ad esempio, non sono eticamente rilevanti solo specifici casi clinici, ma la stessa organizzazione del sistema sanitario, nella sua efficacia in ordine alla capacità di cura nei confronti dei pazienti.
Il tempo della casa comune
Un tempo che esige soprattutto un’attenzione forte per la casa comune, splendido spazio di vita, ma anche realtà sempre più lacerata da trasformazioni veloci e potenzialmente distruttive.
Basti pensare alle immagini delle splendide valli dolomitiche, devastate in questo autunno 2018 da fenomeni meteorologici d’intensità senza precedenti: un’icona efficace, che ha imposto ai nostri occhi e alla nostra mente la forza di un tragico cambiamento in atto.
Lasciarsi interpellare dalle immagini di una bellezza violata, di una forma di vita drammaticamente compromessa, significa certo esprimere concreta solidarietà a coloro che vivono tale situazione e prendersi cura di un territorio così degradato. Significa, però, anche comprendere che tali eventi non sono l’espressione di una natura divenuta improvvisamente maligna, ma di un mutamento climatico di origine antropogenica, i cui effetti sono stati ulteriormente esacerbati dall’assenza di adeguate politiche di gestione del territorio.
L’esigenza di un’azione competente e lungimirante s’intreccia, allora, con quella di una riflessione morale incisiva, capace di orientare in tal senso le pratiche personali e sociali.
Davvero, allora, per la bioetica l’indicazione è quella di ritrovare un’ispirazione originaria, in cui l’etica della vita si declini in tutta la sua ampiezza, come attenzione per quella rete di relazioni – interumane, sociali, economiche, ecologiche – di cui è intessuta la superficie del nostro pianeta e che consente alla vita di essere tale.
Già nel 1979, del resto, Hans Jonas, nel suo Principio responsabilità (ed. it. Einaudi 1990) evidenziava la solidarietà di destino che accomuna il mondo della vita, nella varietà delle sue espressioni.
Si fa chiaro, allora, che non è possibile prendersi adeguatamente cura di una delle sue componenti – fosse pure quella, così singolarmente preziosa, che è l’umanità – se le altre sono coinvolte da un degrado che ne mette a rischio la continuità.
La bioetica non può che caratterizzarsi per quell’approccio integrale cui invitava la Laudato si’ nel IV capitolo. La cura appassionata per le singole vite, ferite dal dolore e dalla malattia, s’intreccerà allora con la lotta contro quelle dinamiche che spesso determinano tali realtà, poiché distruggono la terra, sola casa comune dell’umanità.