Autonomia: un principio bioetico in crisi
Com’è noto, quello di «autonomia» è il primo dei quattro principi fondamentali della bioetica (insieme a beneficità, non maleficità, giustizia) nel cosiddetto paradigma «principialista» di questa disciplina.
Non è l’unico né quello più esente da critiche, ma è certamente il più diffuso, soprattutto nel mondo anglosassone. A tale principio, d’altra parte, sono riconducibili importanti questioni etiche come il consenso informato o la donazione degli organi.
Proprio per questo, al di là delle critiche al paradigma in quanto tale, il principio di autonomia ha sempre avuto un posto di rilievo e un’ampia condivisione nell’ambito della riflessione bioetica. Oggi non è più così. Mi limito a riferirlo a due problemi di grande impatto sociale.
Il malinteso no vax
Il primo riguarda la drammatica presa di posizione dei cosiddetti «no vax», che nella loro irriducibile intransigenza possono non essere numerosissimi, mentre lo sono molto di più i «free vax», favorevoli alla libertà di scelta, e i «vaccine hesitating», gli esitanti, perplessi e dubbiosi.
Tutti questi soggetti, con motivazioni e toni diversi, invocano il principio di autonomia. E lo invocano, soprattutto, di fronte a possibili misure di legge su un possibile «obbligo vaccinale». In realtà tutto questo non avveniva e non avviene con altre vaccinazioni obbligatorie (ma sono maturi i tempi per cui quest’ultimo atteggiamento cominci a mettere in discussione anche queste).
Purtroppo si tratta di un mal fondato e malinteso rispetto dell’autonomia, che non solo non può coincidere con l’arbitrio, ma non può pretendere una sua indiscutibile assolutezza: ha dei limiti, primo tra tutti l’oggettivo bene di tutti (compreso, ovviamente, quello di chi pretende tale svincolata autonomia).
D’altra parte l’esperienza dei paesi che hanno già introdotto l’obbligo vaccinale dimostra che tutto questo non è stato fatto in disprezzo dell’autonomia, ma nel rispetto di una più ampia comprensione del principio e della sua giusta collocazione morale.
Autonomia ed eutanasia
Il secondo caso è quello dell’eutanasia. Sappiamo bene che in molti paesi esistono legislazioni che con diverse modalità e condizioni la consentono, e anche il nostro paese si avvia a farlo.
Anche in questo caso fin dove arriva il principio di autonomia? Certo il problema si pone in termini un po’ diversi, perché non è in gioco il bene comune e il gesto (a parte il valore simbolico-culturale e forse emulativo) non ha una diretta incidenza sul bene comune.
E se nel caso precedente eravamo di fronte a un possibile «obbligo» di legge, qui saremmo di fronte a una «concessione» di legge. Il problema di fondo, tuttavia, rimane lo stesso, cioè i limiti al principio di autonomia.
Una volta accolto e «metabolizzato» tale principio si vede, quindi, come esso inizi a ridimensionarsi, perdendo una sua pretesa assolutezza. D’altra parte è così anche in una delle sue più evidenti espressioni, quali il consenso informato: io non posso consentire all’immotivata amputazione di un arto. In questo caso la motivazione è quella di un danno al «bene oggettivo» della propria salute.
Valutare e inquadrare correttamente il principio bioetico di autonomia significa allora porre una più precisa e pertinente distinzione tra bene oggettivo e soggettivo che, senza deresponsabilizzare la coscienza, la pone però come adeguato strumento di discernimento morale.
Salvino Leone, medico, è docente di teologia morale e bioetica alla Facoltà teologica di Sicilia e vicepresidente dell’ATISM. Tra le sue opere più recenti Bioetica e persona. Manuale di bioetica e medical humanities, Cittadella, Roma 2020.