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Alternanza scuola-lavoro, opportunità da ripensare

La morte del giovane Lorenzo, colpito da una trave di acciaio durante uno stage di alternanza scuola-lavoro, ha sollevato interrogativi, prese di posizione sindacali e accese proteste studentesche in molte città italiane.

Mentre si avvia l’inchiesta giudiziaria, sul banco politico degli imputati è convocato il sistema dell’alternanza scuola-lavoro. «L’alternanza scuola-lavoro – scrive un comunicato della FIOM – non può essere trasformata in lavoro, oltretutto non retribuito, né le funzioni formative, gli stage, possono divenire l’occasione per ridurre il costo del lavoro e aumentare la produzione».

Sotto altro profilo «non si può considerare didattica – commenta l’Unione degli studenti – ciò che sfrutta, ferisce e uccide»: che non si tratti di un’esagerazione dei toni, lo attesta la serie di incidenti che, negli anni, ha preceduto quest’ultimo, dall’esito più tragico.

Un giudizio articolato e complesso

Il giudizio su questo canale di formazione, presente in forme variabili nei principali paesi europei, è suscettibile di diverse letture.

Da una parte vi è chi sostiene che si tratti di un pericoloso anello di trasmissione della mentalità che riduce il lavoro a funzione del profitto, in un quadro di neo-liberismo, deregolamentazione, riduzione dei costi, educando i giovani a una sudditanza pressoché incondizionata al modello capitalista; in questa prospettiva, la scuola stessa abdicherebbe alla sua funzione di formare alla consapevolezza di sé nella maturazione di capacità critiche.

Non va però trascurata la valenza che un apprendimento integrato al di fuori dell’aula scolastica può assumere, a determinate condizioni; i percorsi di alternanza, del resto, annoverano anche esperienze assai positive, anzi in certi casi – se progettati con lungimiranza da scuole e soggetti territoriali – possono divenire un fattore di inclusione e mobilità sociale, consentendo agli studenti l’accesso a esperienze di qualità e in contesti attenti alla valorizzazione delle loro persone.

L’apertura dei percorsi al mondo del terzo settore offre inoltre l’occasione di integrare saperi e sensibilità, pratiche sociali del gratuito e possibilità lavorative, avvicinando campi di esperienza che possono incidere significativamente sulle scelte future degli studenti.

Alcuni limiti oggettivi

Difficile dire se questo sia la norma, o quanto se ne distanzi. Le criticità sono determinate da motivi che è difficile elencare in modo esaustivo: certamente una scarsa propensione culturale a investire «a perdere» su ragazzi in formazione, senza ritorno immediato (assai più facile impiegare l’esperienza per smaltire lavori accumulati, di profilo elementare e ripetitivi); l’obbligo esteso a tutti gli studenti, con i territori in difficoltà ad assorbire le richieste e la tentazione di abbassare l’asticella, rispetto a proposte di dubbio valore o a pagamento.

E ancora, l’aver previsto una dotazione finanziaria annua per le scuole, ma non il trasferimento di personale amministrativo, né competente nel diritto e nelle scienze sociali del lavoro, a fronte di rilevanti oneri burocratici e profili di responsabilità; la formazione alla sicurezza sul rischio specifico a carico delle aziende ospitanti, con la conseguenza che non sempre avvenga in forme adeguate, generando aree di opacità nell’impiego operativo degli studenti stagisti.

Le vie di un doveroso ripensamento

Il tragico fatto di cronaca rivela anzitutto, per l’ennesima volta, non una condizione specifica dei tirocini, ma l’insostenibile realtà di insicurezza in cui versano tante realtà lavorative, per incuria e sottovalutazione, intenzionale trasgressione delle leggi, cultura del profitto a ogni costo.

In ogni caso un doveroso ripensamento critico e non ideologico dell’alternanza scuola-lavoro va posto in atto, in direzione di percorsi maggiormente educativi, inclusivi e di autentica crescita; un ruolo importante, culturale e formativo, può essere affidato a sindacati e associazioni di lavoratori che, in un tempo di devastante disintermediazione, conservano e aggiornano le competenze per accompagnare i giovani incontro al loro futuro, con consapevolezza critica, senso di giustizia e capacità di attribuire dignità al lavoro e ai lavoratori.

 

Pier Paolo Simonini insegna Etica ecologica presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale – Sezione parallela di Torino.

 

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