Si torna a parlare di «questione cattolica». Stancamente. Con le categorie proprie della lunga e positiva stagione del cattolicesimo politico. Quella stagione si è conclusa con la fine della Democrazia cristiana (DC). Quel mondo non c’è più.
È passato un mese* da quando papa Francesco si è recato in Canada (24-30.7.2022) per dare seguito a una delle richieste del Rapporto, pubblicato nel 2015, della Commissione verità e riconciliazione del Canada, istituita nel 2008: «Chiediamo al papa di presentare delle scuse, a nome della Chiesa cattolica romana, ai sopravvissuti, alle loro famiglie e alle comunità coinvolte per gli abusi spirituali, culturali, emotivi, fisici e sessuali che i bambini delle Prime nazioni, degli inuit e dei meticci hanno subito nelle scuole residenziali gestite dalla Chiesa cattolica. Chiediamo che queste scuse siano simili a quelle fatte nel 2010 agli irlandesi che hanno subito abusi e che vengano presentate dal papa in Canada entro un anno dalla pubblicazione del presente Rapporto» (cf. anche Regno-att. 7,2015,460).
Un grande aereo passeggeri in un volo particolarmente turbolento: è questa l’immagine che forse può raccontare la dinamicità della IV e penultima Assemblea del Cammino sinodale della Chiesa cattolica in Germania, che si è svolta a Francoforte dall’8 al 10 settembre. Stesso posto (il Centro congressi della Fiera), meno distanze e complicazioni legate al COVID, 209 presenti (sui 230 delegati) con 7 vescovi assenti (e 62 presenti), forse una maggiore presenza della stampa (circa 100 giornalisti accreditati), la stessa scansione prevista per orario e programma. A differenza delle altre assemblee però il programma non è stato rispettato, il lavoro non è stato tutto concluso, il clima in alcuni momenti è stato molto teso, il rischio naufragio è stato sfiorato.
All’apertura della IV Assemblea generale della Synodaler Weg, il Cammino sinodale tedesco, giovedì 8 settembre 2022 a Francoforte (cf. in questo numero a p. 481), un fremito positivo, promettente attraversava i non pochi convenuti (…) Le attese erano comprensibilmente alte, visto il lavoro intenso di questi ultimi anni, sia all’interno dei quattro «Forum» tematici, sia nelle precedenti assemblee generali.
La Chiesa che forse ha meno brillato per prontezza, nel rispondere all’appello di papa Francesco alla sinodalità, ha ora prodotto una sintesi della fase d’ascolto tanto critica quanto costruttiva sulla direzione da intraprendere per la propria comunità ecclesiale. I temi sono stati raccolti attorno a 10 nuclei tematici che costituiscono altrettante chiavi interpretative per cogliere fragilità e risorse.
Con una conferenza stampa tenuta lo scorso 26 agosto, è stata presentata, dopo quella diocesana, la tappa continentale del Sinodo della Chiesa universale. Essa è pensata come un momento di restituzione alle Chiese locali, tramite la stesura di una «sintesi delle sintesi» – un primo Instrumentum laboris –, chiamata Documento per la tappa continentale e preparata da «esperti provenienti dai 5 continenti con diverse competenze e prospettive» entro fine ottobre.
Un modo per guardare il V Concilio plenario australiano (Sydney 3-9 luglio 2022, https://bit.ly/3d6zYL7) è quello di considerare ciò che può insegnare al «processo sinodale» lanciato da papa Francesco, e che culminerà con l’Assemblea dell’ottobre 2023 a Roma, ma che sicuramente continuerà anche dopo. Penso che ci siano 6 importanti insegnamenti per le altre Chiese che stanno preparando le loro assemblee sinodali in tutto il mondo: preparazione; persone; procedura; polarizzazione; preghiera; processo post-plenario.
È passato un quarto di secolo dalla Conferenza di Lambeth del 1998,1 tuttavia sembrava molto probabile che anche la XV edizione (Canterbury, 26.7- 8.8.2022) del grande incontro dei vescovi anglicani, che si tiene all’incirca ogni 10 anni, sarebbe stata segnata profondamente dal disaccordo sul tema dell’omosessualità. Non a caso l’arcivescovo di Canterbury, il primate della Comunione anglicana, aveva avvertito che non aveva intenzione di passare tutta la settimana a parlare di sesso.
Il Consiglio ecumenico delle Chiese, che s’autodefinisce «un’unione fraterna di Chiese che confessano il Signore Gesù Cristo come Dio e Salvatore secondo le Scritture e si sforzano di rispondere insieme alla loro comune vocazione per la gloria dell’unico Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo», giornalisticamente si potrebbe forse definire come «l’ONU delle Chiese cristiane». Anche se non ne fa parte la Chiesa cattolica, che tuttavia ha stretti rapporti di collaborazione.
Nella seconda annualità della ricerca «Le parole della fede nel succedersi delle generazioni», il Segretariato attività ecumeniche (SAE) ha centrato la sua 58a sessione di formazione sul tema «In tempi oscuri, osare la speranza». Alla Domus pacis di Santa Maria degli Angeli (Assisi) dal 24 al 30 luglio, 200 donne e uomini di diverse denominazioni cristiane e alcuni credenti di fede ebraica hanno vissuto una settimana di riflessione, confronto e preghiera in uno spirito di comunione. Hanno introdotto e chiuso la sessione la neo presidente, la valdese Erica Sfredda, e uno dei membri del nuovo Comitato esecutivo, il teologo Simone Morandini.
La morte di Michail Gorbačëv avvenuta il 30 agosto scorso ha fatto toccare con mano quanto sia problematica la narrazione sulla memoria recente della storia russa e quale peso abbia la dissoluzione dell’«impero» sovietico nell’avallo dell’azione militare di Putin. Nel telegramma di condoglianze inviatogli da papa Francesco, il pontefice ricorda «con gratitudine il lungimirante impegno per la concordia e la fratellanza tra i popoli, come pure per il progresso del proprio paese in un’epoca di importanti cambiamenti».
Quarantasei pagine per quello che è finora il documento più circostanziato sulla repressione operata da Pechino sulla minoranza uigura e su altri gruppi sempre di fede musulmana nell’immensa provincia autonoma occidentale dello Xinjiang. Il Rapporto, diffuso il 31 agosto dall’Ufficio dell’Alto commissariato delle Nazioni unite per i diritti umani con sede a Ginevra, per fare «il punto» su quello che le autorità cinesi continuano a negare, è anche nel complesso il più pesante atto d’accusa finora formulato nei loro confronti, pur lasciando aperta la porta a una possibile cooperazione tra l’Alto commissariato e la dirigenza cinese.
Non sono un teologo; ma da fedele laico avverto da tempo l’esigenza che la Chiesa affronti seriamente il problema di lasciar intendere, oggi, in che cosa credono i cristiani. Superando l’alibi della secolarizzazione, che consente di riferire ad extra ogni responsabilità per la diffusa indifferenza religiosa: davvero siamo incompresi, o piuttosto non ci facciamo comprendere?
Attraversata da molteplici contraddizioni e dinamismi, la dimensione urbana è quella in cui primariamente si svolge la vita dell’uomo contemporaneo. «Questa nostra benedetta maledetta città», l’espressione scelta dal card. Carlo Maria Martini nel 1995 per intitolare l’8a Cattedra dei non credenti nell’accostare due termini che sembrano antitetici descrive magistralmente la ricchezza delle diverse sfaccettature delle città che abitiamo e ci invita a prendercene cura, riconoscendoci in questa comune appartenenza.
Quattro giovani polacchi – tre ragazzi e una ragazza, tre ebrei e un cattolico – passano di colpo, dalla spensieratezza dei vent’anni, a dover vivere sulla loro pelle gli orrori della Seconda guerra mondiale, la mostruosità della Shoah, la violenza repressiva di due totalitarismi, nazismo e comunismo. Ma ecco che alla fine, incredibilmente, i loro destini tornano a incrociarsi, i quattro amici si ritrovano. Segno, e non solo simbolico, di quella fratellanza che esiste nel cuore di ogni donna e di ogni uomo, e che niente o nessuno potrà mai cancellare. È una storia del secolo passato, ma con dentro un messaggio fortissimo e di estrema attualità, in riferimento alle vicende del nostro tempo, che vede un nuovo conflitto che ha sconvolto l’Ucraina e l’Europa, con il rischio di un’altra catastrofe mondiale.
Non soltanto oggi, ma in certo modo lungo tutta la storia della Chiesa si è discusso e si discute nella Chiesa sulla relazione tra Spirito e istituzione, Chiesa del diritto e Chiesa dell’amore, ministero pastorale e disciplina ecclesiastica, giustizia e misericordia. Un percorso che, se si legge la costituzione apostolica Pascite gregem Dei del 2021, sembra dimostrare che in tempi recenti si sia giunti da una parte a una perdita di interesse nei confronti dell’ordinamento giuridico e dall’altra, e purtroppo, ad abusi.
Si tratta dell’edizione accresciuta del libro dello stesso autore Paul’s Three Paths of Salvation (Grand Rapids 2020): rispetto all’edizione americana tale revisione si caratterizza per una più marcata preoccupazione divulgativa verso il pubblico italiano, rimasto fino a oggi piuttosto distante dalle istanze della nuova corrente anglosassone di studi su Paolo, che suole denominarsi «Paul within Judaism Perspective», con cui l’autore intreccia qui un dibattito serrato.
Il libro raccoglie i contributi di studiosi intervenuti a un convegno a Napoli nel 2019 sul tema. Le istituzioni ecclesiastiche si sono occupate dal XVI secolo in poi del problema della corruzione nella Chiesa, spesso ombreggiando la questione per non offrire il destro al protestantesimo e all’anticlericalismo.
L’8 dicembre 2020, in occasione del 150o anniversario della proclamazione di san Giuseppe patrono della Chiesa universale, papa Francesco ha pubblicato la lettera apostolica Patris corde con la quale ha indetto un anno giuseppino, per sollecitare i fedeli alla devozione verso una figura biblica in cui il pontefice ravvisa alcuni dei tratti fondamentali che dovrebbero caratterizzare una rinnovata presenza della Chiesa nel mondo contemporaneo. François Boespflug, noto studioso di teologia iconica, si era in precedenza interessato ad alcuni specifici aspetti della rappresentazione del santo. Aveva studiato un quadro, La passeggiata di Gesù con Giuseppe, dipinto da Francisco de Zurbarán attorno al 1630, esposto nella chiesa parigina di Saint Médard e di recente restaurato.
Il volume, pubblicato nella collana «Il tesoro nascosto», è un testo-chiave per penetrare in una delle esperienze spirituali più alte di tutti i tempi, in grado di scompaginare l’orizzonte religioso di coloro che sono alla ricerca del sacro, non solo all’interno del perimetro della propria religione d’appartenenza.
80 istantanee di storia della Chiesa: 23 prese durante il primo millennio, 49 tra Urbano II e Pio IX e 28 da Leone XIII all’oggi del Sinodo sulla sinodalità. Un modo per affacciarsi sul passato e sul presente di una Chiesa di cui, contrariamente a certe ricorrenti tentazioni, non si può fare a meno: «Sarebbe come tagliare il ramo sul quale si è seduti», dicono gli autori in premessa.
Sono trascorsi dieci anni dalla morte del cardinale Carlo Maria Martini, avvenuta all’Aloisianum di Gallarate il 31 agosto 2012. Alla fine del 1979 l’illustre gesuita – docente di critica testuale, rettore del Pontificio istituto biblico, poi dell’Università gregoriana – si vide obbligato da papa Giovanni Paolo II ad abbandonare la ricerca scientifica, così da mettersi a servizio da vescovo all’annuncio della parola di Dio; dunque, in una forma del tutto inedita per lui che fino ad allora aveva indossato i panni dell’esegeta e del teologo.
L’autore ha il pregio quasi di isolarlo da banalità che lo liquidano, e lo liquidarono a suo tempo, come un semplice «sentimento di protesta», come una scorciatoia a problemi che si presentano complessi, come un fenomeno subalterno a pensieri strutturati che prima o poi riavranno la meglio; ne sonda invece le ragioni, la genesi, i processi evolutivi e formativi, gli sviluppi possibili con tutti i pericoli, ma anche le risorse, del caso.
Conversione, missione, proselitismo: sono termini che rinviano a concetti distinti, spesso, però, confusi tra di loro. L’epoca attuale è caratterizzata dal «nomadismo religioso» che si basa su due precise figure: il pellegrino e il convertito. Muovendo da quest’ultimi, Sartorio riflette sulle nuove condizioni del credere e su quel desiderio incontenibile che afferra tutti coloro che sentono forte la spinta al cambiamento rispetto a qualsiasi appartenenza trasmessa per tradizione familiare, o in un qualche modo ricevuta.
Ancora un anno e sarà il centenario della nascita di Cristina Campo, ma già il 40° della sua morte è stato onorato il 25 marzo 2017 a Firenze in un convegno internazionale promosso dal Centro studi famiglia Capponi, al fine di celebrarne viva memoria, scavando sempre più nel suo tesoro culturale e spirituale.
Quella di Bolzetta è una curatela perché tanto i tutorial quanto il libro sono un lavoro di squadra, con il valore aggiunto dell’alta qualità di divulgatore scientifico che egli aveva già ampiamente messo in mostra nei video e che questa sua fatica cartacea conferma. È inoltre un libro da leggere con lo smartphone in mano: molti riferimenti a siti e pagine web sono riportati, fin dalla copertina, con un QR code, così da accedervi in modo diretto e immediato. Ma per chi preferisce strumenti più tradizionali ci sono anche delle tavole fuori testo, nelle quali alcuni capitoli trovano un’utile sintesi.
Questa prima sezione del piano completo delle opere di Edith Stein comprende l’epistolario e, utile strumento introduttivo, Dalla vita di una famiglia ebrea e altri scritti autobiografici.
La collana «Faustiana – Il destino dell’Occidente», a cura di Aldo Schiavone, si prefigge il compito d’approfondire il discorso sull’Occidente, come spiega il curatore nel volume, a sua firma, che apre la serie. Con ogni probabilità occorrerebbe leggere tutti i testi che ne faranno parte per costruirsi un’idea strutturata di quale sia il fine cui la raccolta vuole tendere. Allo stesso tempo, però, i primi due libri, quello già citato e il lavoro di Biagio De Giovanni, forniscono un’utile mappa per comprendere alcuni passaggi della vicenda occidentale nel senso sempre più stratificato che tale termine è andato assumendo. I due testi vanno letti in modo complementare in quanto si intersecano, nel diverso taglio, in alcuni punti.
L’autore – presbitero bolognese, docente di Morale sociale alla Facoltà teologica dell’Emilia Romagna e alla Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale, responsabile della Scuola di impegno socio-politico della diocesi di Cerreto Sannita – conduce il lettore nella difficile navigazione fra i 22 libri del De civitate Dei; ne delinea le interpretazioni che si sono snodate da allora fino a oggi e propone una lettura più equilibrata e avveduta.
Dopo aver pubblicato nel 2020 Il dogma in divenire, l’editrice Queriniana ripropone al lettore italiano una delle menti più brillanti della teologia tedesca: il giovane Michael Seewald, classe 1987, che con questo nuovo volume affronta in modo originale e stimolante la vexata quaestio della riforma della e nella Chiesa.
L’interpretazione esegetica e l’omiletica dei padri sulla ricchezza sono volte sempre a porre in evidenza i comportamenti salvifici e le pratiche di giustizia, nel quadro di una vita cristiana autentica. La loro predicazione non si cura tanto di stabilire se un ricco possa salvarsi o no, ma, piuttosto, in prospettiva sempre pedagogica e progressiva, di ricordare e fornire ai fedeli ricchi quei veri beni che portano a Cristo, lungo un percorso di crescita spirituale che può anche giungere alla perfezione, ossia a vedere le cose come le vede e le vive il Signore, che si fece uomo nella povertà del mondo.
Il 4 luglio è morto il cardinale francescano brasiliano Cláudio Hummes. La sua figura discreta ma incisiva nella Chiesa latinoamericana ha accompagnato papa Francesco sin dal conclave. Bergoglio stesso ha rivelato che subito dopo aver raggiunto i due terzi dei voti, il porporato gli ha raccomandato di non dimenticarsi dei poveri. E di lì è venuta l’ispirazione di scegliere il nome di Francesco. Hummes è stato anche relatore generale dell’Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi sulla regione amazzonica. Lo ricordiamo qui nelle parole di mons. Edson Damian, vescovo di São Gabriel da Cachoeira pubblicate da Vida nueva (65[2022] 3.282, agosto, 4; nostra traduzione dallo spagnolo) e in quelle che ci ha inviato il successore di Pedro Casaldáliga Plá a São Félix do Araguaia – confratello che Hummes ha voluto visitare mentre era già molto malato –, mons. Adriano Ciocca Vasino (red.).
La pasqua di dom Cláudio Hummes in questi giorni ci porta a riflettere sulla testimonianza di vita che la nostra condizione di battezzati esige e che nella persona di dom Cláudio brilla nel suo impegno radicale per il regno di Dio. Il suo essere francescano è apparso in modo sempre più chiaro soprattutto negli ultimi anni della sua vita, quando già emerito, invece di ritirarsi a vita privata, si è lanciato con entusiasmo a servire la Chiesa dell’Amazzonia.
Vitalino Similox, sociologo settantaquattrenne, pastore di etnia maya kaqchikel della Chiesa evangelica nazionale presbiteriana del Guatemala ed ex segretario generale del locale Consiglio ecumenico cristiano (composto dalle Chiese cattolica, episcopale, luterana e riformata), ha svolto come leader della Conferenza delle Chiese evangeliche del Guatemala un ruolo di grande rilievo durante i negoziati di pace, che nel 1996 portarono agli accordi tra il governo e la guerriglia di sinistra dell’Unità rivoluzionaria nazionale guatemalteca, mettendo fine a 36 anni di guerra civile. Poi nel 1999 è stato candidato alla vicepresidenza della Repubblica per l’Alleanza nuova nazione, di centrosinistra, e oggi è rettore dell’Università Maya Kaqchikel di Chimaltenango.
I rapporti tra la Chiesa cattolica e il governo sandinista del Nicaragua, come anche le libertà civili e d’espressione, conoscono in questo 2022 livelli di deterioramento mai prima raggiunti. La crisi si è acuita a partire dalle proteste sociali del 2018 (cf. Regno-att. 12,2018,342).
L’uccisione di suor Maria De Coppi, ottantaquattrenne missionaria comboniana, avvenuta tra il 6 e il 7 settembre a Chipene, ha portato sulle prime pagine di tutti i giornali italiani la crisi, sinora quasi ignorata, del Nord del Mozambico. Una crisi che è insieme politica, religiosa, sociale. Mescola in sé tanti elementi. Un groviglio che ha radici lontane secondo Alessio Iocchi, ricercatore dell’Istituto universitario Orientale di Napoli. «La comunità islamica di Nampula e Cabo Delgado affonda le radici nella storia e ha rapporti consolidati con le comunità musulmane dell’Oceano Indiano – spiega Iocchi all’agenzia InfoAfrica –.
La sinodalità «è prima di tutto una preghiera al Signore per conoscere le sue vie. Questo esclude altre vie, si tratta di processi di discernimento fatto insieme»: in questa lunga intervista che l’arcivescovo di Vienna, card. Christoph Schönborn, ha rilasciato all’edizione tedesca della rivista Communio, vengono sistematizzati i fondamenti del processo sinodale aperto e voluto da Francesco in tutte le Chiese. Il primo è quello biblico-spirituale. Il secondo è quello della taxis, la gerarchia. In analogia alla comunione trinitaria, che non appiattisce le tre persone, anche nella sinodalità agisce un principio simile. Senza che tuttavia vi sia «competizione» ma «complementarietà e sinergia» in vista del «massimo consenso possibile». Il terzo è che un Sinodo di una Chiesa (tedesca) non può prescindere dal depositum fidei (quando si parla di futuro del ministero ordinato). Il cardinale muove poi una critica al Cammino sinodale tedesco: e cioè il nesso – a suo avviso discutibile – tra «questione degli abusi e quella della costituzione della Chiesa, perché le prove di questo legame sono ben lungi dall’essere riflesse e dimostrate».