Il 5 luglio scorso è morto negli Stati Uniti, dove si era recato per le cure periodiche, il card. Jean-Louis Tauran, presidente del pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e camerlengo della Chiesa cattolica dal 2014. La Santa Sede perde uno dei suoi membri più autorevoli e colti. Uno dei maggiori diplomatici, cresciuto nella linea del dialogo dei cardinali riformatori Agostino Casaroli e Achille Silvestrini. La nostra rivista ricorda la scomparsa di un amico col quale ha sviluppato un dialogo assiduo e costante fin dalla fine degli anni Ottanta.
La preghiera per la pace per il Medio Oriente, alla quale papa Francesco aveva invitato il 7 luglio i patriarchi delle Chiese orientali, non è stata caratterizzata solo da testi e immagini impressionanti, ma ha anche contribuito a una nuova simbologia ecumenica.
Il braccio di ferro sulla possibilità d’accogliere alla mensa eucaristica cattolica anche lo sposo o la sposa non cattolici di un matrimonio interconfessionale, giocatosi prima all’interno della Conferenza episcopale tedesca e poi con il coinvolgimento della Santa Sede e del papa, si è concluso con la scelta repentina del Consiglio permanente dei vescovi tedeschi di pubblicare il contestato documento. Un passo avanti nell’ecumenismo, ma non nella comunione tra i vescovi tedeschi, né nel riconoscimento del ruolo magisteriale delle conferenze episcopali.
Il pellegrinaggio di Francesco del 21 giugno, in visita al Consiglio ecumenico delle Chiese a Ginevra, aveva come motto «Camminando, pregando e lavorando insieme», e si è idealmente inserito nel solco del «Pellegrinaggio di giustizia e pace», che l’organismo ecumenico mondiale ha avviato come programma settennale a partire dall’Assemblea di Busan nel 2013. La giornata si è svolta intorno a tre momenti centrali: una preghiera ecumenica, un incontro presso il Centro ecumenico e la messa conclusiva presso il Palaexpo.
Nella storia delle Assemblee del Sinodo dei vescovi, la prossima, dedicata al tema «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale» (Roma, 3-28.10.2018), si segnala per un percorso di preparazione ricco e articolato, in ascolto di tutte le componenti ecclesiali. L’Instrumentum laboris (IL), presentato lo scorso 19 giugno, reca traccia di questa varietà di prospettive e del dialogo poliedrico in cui sono entrate, con un’attenzione particolare al punto di vista dei giovani: nel testo sono oltre 100 le citazioni da documenti in cui essi prendono direttamente la parola, e in particolare tutto il quinto capitolo della prima parte è dedicato a dare loro spazio e voce.
A cinquant’anni dalle suggestioni del Sessantotto, il Centro Fede e cultura «Alberto Hurtado»1 della Pontificia università gregoriana ha organizzato negli scorsi mesi un ciclo di incontri pubblici intitolato «1968-2018: per un bilancio teologico sulla Chiesa e il mondo».
Il 1968 ha segnato nell’immaginario collettivo una vera e propria frattura culturale, politica, sociale, antropologica. Ne parliamo con lo storico Paolo Pombeni, autore di Che cosa resta del ’68 (Il Mulino), libro dedicato alle rivolte studentesche che cinquant’anni fa caratterizzarono le società occidentali più avanzate.
«Necessità politica», «dovere nazionale». L’impostazione giolittiana focalizzava assai bene quella che era già stata chiamata, sulla scorta delle grandi inchieste del secondo Ottocento, la «questione meridionale». Quell’espressione va oggi risignificata. Perché è vecchia. Perché oggi il problema vero della società meridionale, prima ancora dell’economia, dei partiti o delle istituzioni, è la società civile. Le vicende storiche non spiegano tutto.
L'immigrazione è un fenomeno che ha sempre caratterizzato il nostro paese: in passato erano diverse le rotte e le motivazioni, ma certamente non cambiavano gli uomini che, su imbarcazioni di fortuna, trovavano in Italia porti sicuri e aperti dove attraccare. Da questi approdi sono nate, in tutto il Meridione, comunità fortemente identitarie e Chiese pienamente cattoliche; molte sono le realtà croate e albanesi che, dall’Abruzzo alla Sicilia, conservano lingue, tradizioni e liturgie proprie. Due di queste, quella croata di San Felice del Molise (CB) e quella albanese di Lungro (CS), di recente hanno ospitato eventi di ampio respiro culturale, umano ed ecclesiale.
L’enciclica Humanae vitae di Paolo VI non è stata certo un testo qualsiasi nella traiettoria del magistero postconciliare. Nella ricorrrenza del cinquantenario dalla sua pubblicazione, si è riunita l’Associazione teologica italiana per lo studio della morale (ATISM), per il XXVII Congresso nazionale su «Sessualità, differenza sessuale e generazione. A cinquant’anni da Humanae vitae», svoltosi a Torino dal 3 al 6 luglio, con quasi un centinaio di partecipanti. È il segno di un’associazione vitale nelle dinamiche di rinnovamento e vivace in quelle della ricerca, come ha ben evidenziato l’intenso dibattito che ha accompagnato ogni relazione.
A Torino l’associazione ATISM ha anche eletto la nuova presidenza. A Basilio Petrà succede il novarese Pier Davide Guenzi, già vicepresidente, cui toccherà l’onore e l’onere di orientare la riflessione dell’associazione per il prossimo quadriennio; tra le linee programmatiche da lui illustrate gioca, tra l’altro, un ruolo significativo il proseguimento e il potenziamento della rubrica Moralia, che l’ATISM gestisce sul sito del Regno.
Di recente, la letteratura, forse anche in virtù della sua capacità di cogliere prima e meglio del diritto i mutamenti sociali in atto, tende a indagare con maggiore frequenza e profondità il fenomeno religioso guardando non soltanto al diritto delle religioni, ma anche al rapporto tra diritto e religioni e all’interazione tra diritto, religioni e saeculum (Chizzoniti). Tali temi sono stati al centro del workshop promosso dai Nicola Fiorita e Antonino Mantineo, nell’ambito del Convegno nazionale dell’Italian Society for Law and Literature (Catanzaro 28-29 giugno).
Don Carlo era un prete di fabbrica e di strada, un sacerdote del Vangelo e di Cristo. Senza se e senza ma. Spesso controcorrente e coerente. Se n’è andato all’età di 92 anni lasciando una grande eredità. Un fiume di relazioni che dalla Chiesa alla fabbrica, dal quartiere all’associazionismo è sempre stato un pieno di amore e bene.
Si sente dire a volte che un tempo nella scuola c’era più disciplina. Io direi semplicemente che erano più chiari i giochi di ruolo. Nel mio liceo Galvani, da me frequentato negli anni Sessanta del secolo scorso, con professori di chiara fama, fra i quali anche accademici di valore, e con alunni provenienti, in buona percentuale, da famiglie delle classi più agiate di Bologna, dove le ragazze facevano ancora il debutto in società con il ballo delle diciottenni: bene, in questo antico liceo la disciplina non era quella di una caserma, anzi.
Si dice che la fantascienza sia il genere (post)moderno più vicino alla religione. Si legga solo il titolo delle brevi storie raccolte in un volume antologico curato dal noto scrittore Robert Silverberg: La ricerca di Sant’Aquino (A. Boucher), I nove miliardi di nomi di Dio (A.C. Clarke) o Una rosa per l’Ecclesiaste (R. Zelazny). Nell’ordine: il primo titolo allude al teologo scolastico medievale Tommaso d’Aquino e rivela la ricerca – ma di cosa? – di un cristiano nelle circostanze di una persecuzione (che ricorda assolutamente quella della Roma antica) in un’epoca tecnocratica, e come una meravigliosa religione può trasformarsi in una politica manipolatrice.
Benché né il lemma né il concetto di sinodalità si ritrovino espressamente nell’insegnamento del Vaticano, il tema della sinodalità ha però riacquisito indubbia centralità – nel più ampio dibattito ecclesiale come nella più ristretta riflessione ecclesiologica – con il papato di Francesco, specie a motivo dei suoi reiterati inviti ad avviare nuovi processi decisionali nella Chiesa e a seguito dell’ormai storico e denso discorso tenuto in occasione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi (17 ottobre 2015). A questo proposito può essere utile una disamina di alcune della recenti opere che trattano della sinodalità (delle quali, alcune hanno preceduto e in qualche modo preparato il rilancio del tema nel magistero di Francesco, altre sono state stimolate da esso).
Per la redazione delle Schede di questo numero hanno collaborato: Giancarlo Azzano, Luigi Bosi, Maria Elisabetta Gandolfi, Flavia Giacoboni, Valeria Roncarati, Daniela Sala, Domenico Segna, Piero Stefani, Paolo Tomassone.
È di recente uscita in libreria la traduzione italiana dell’autobiografia intellettuale di Matthew Lipman (1923-2010), filosofo statunitense e cofondatore insieme ad Ann M. Sharp del curricolo noto come «Philosophy for Children» (P4C). Verso la fine degli anni Sessanta del secolo scorso Lipman ebbe un’idea rivoluzionaria: congiungere in maniera inedita due mondi rimasti fino a quel momento pressoché estranei l’uno all’altro, vale a dire la filosofia e l’infanzia, al fine di elaborare una proposta didattica e formativa che rendesse i bambini e le bambine della scuola dell’obbligo capaci di «pensare con la propria testa» e pertanto di difendersi dai pericoli cui erano quotidianamente esposti in quanto appartenenti alla neonata società dei consumi.
La Vita dell’Anonimo calabrese ora pubblicata offre notizie utili sull’apertura degli eremi (cf. 84). Benvenuto ne ripercorre l’iter fondativo, con particolare attenzione a Paola e a Paterno.
Alla spiritualità di san Francesco di Paola e alla sua opera di riformatore, Giuseppe Fiorini Morosini, arcivescovo di Reggio Calabria, dedica pagine intense nello studio su La caritas sacrificalis, che arricchisce il suo importante saggio su Il carisma penitenziale di s. Francesco di Paola e dell’Ordine dei minimi. Storia e spiritualità, (Curia generalizia dell’Ordine dei minimi, Roma 2000) e illumina tanti aspetti della spiritualità di Francesco, intesa come spiritualità della liberazione.
Il pensiero e la vita di Simone Weil sono un invito credibile a contrastare l’attuale tendenza alla dis-incarnazione gnostica. Pertanto il volume di Giancarlo Gaeta intercetta un clima di particolare fecondità pratica e intellettuale per le comunità cristiane del nostro tempo. Nel panorama filosofico e teologico novecentesco, Simone Weil non può essere confinata nei panni dell’autrice o del personaggio.
La parrocchia è il crocevia del Vangelo, il luogo dell’incontro fra Dio e l’uomo. In questo tempo di cambiamento epocale, è proprio dalla sua presenza sul territorio che dipende l’evangelizzazione e la sua stessa sopravvivenza. L’autore, rifacendosi all’esortazione Evangelii gaudium, offre, con le sue riflessioni, indicazioni sia spirituali sia organizzative.
Promuovere una figura così ordinaria, quasi da scrivania, a soggetto di un libro è un’operazione ardita, una sfida che l’ischitano Gianfranco Mattera ha raccolto e vinto con la pubblicazione del suo ultimo libro. È con una scrittura leggera, ma al contempo semplice ed efficace, che l’autore (naturalizzato trentino) racconta il mondo nascosto degli operatori del sistema sociale italiano.
Verso la metà del 2016, Valli, noto vaticanista del TG1, decise di prendersi un lungo periodo sabbatico. Tuttavia, per non perdere contatto con gli affezionati lettori del suo blog, pensò bene di farsi sostituire da un misterioso ghost writer. Evidentemente, l’oscuro redattore ingaggiato da Valli era al tempo stesso un estimatore della narrativa distopica e della dottrina canonica, perché produsse, all’indomani della pubblicazione di Amoris laetitia, una serie di post, contemporaneamente gravi e spensierati, sul futuro, alquanto oscuro, della Chiesa cattolica. Angosciato dalla piega degli eventi seguenti, lo zelante collaboratore di Valli ha elaborato il presente volume, in cui si profetizza un «Mondo Finalmente Unificato», in cui non c’è libertà e non ci sono religioni.
Gilead di Marilynne Robinson (Einaudi, Milano 22017) è un capolavoro assoluto di scrittura e di umanità. È stato pubblicato nel 2004, in Italia nel 2008. È il primo volume di una trilogia splendida (Lila, 2015; Casa, 2011, entrambi di Einaudi), ma lo si può leggere da solo perché si sa che ogni capolavoro si basta.
Nelle ultime settimane nella Repubblica federale di Germania è sorto tra i due partiti cristiano-democratici al governo un violento scontro in merito alla linea politica sull’immigrazione, che ha destato grande scalpore nell’opinione pubblica. Protagonisti di questo scontro sono stati la cancelliera tedesca Angela Merkel, che è anche presidente dell’Unione cristiano-democratica di Germania (CDU), e il ministro dell’Interno Horst Seehofer, che è presidente dell’Unione cristiano-sociale (CSU).
La storia delle Chiese in America è fatta d’immigrazione, per la Chiesa cattolica più che per quelle evangelicali, assorbite dall’ideologia della «religione civile». Ma la crisi al confine della primavera 2018, quando sono diventate chiare le conseguenze delle politiche messe in atto dal ministro della Giustizia Jeff Sessions, ha fatto emergere un allineamento ecumenico delle Chiese contro la presidenza Trump.
Il prossimo 7 agosto entrerà in carica il più giovane presidente della storia recente della Colombia. Al ballottaggio del 17 giugno Iván Duque Márquez, classe 1976, candidato del partito conservatore Centro democrático, ha battuto Gustavo Petro del movimento Colombia Humana con il 54% dei consensi. Mentre si dovrà attendere fino al 1° dicembre per vedere insediato il nuovo presidente messicano, eletto il 1° luglio. Andrés Manuel López Obrador, detto AMLO, espressione della coalizione Juntos haremos historia (Insieme faremo storia), che si è imposto con il 53% dei voti in un’elezione che non prevede ballottaggio e che lo ha visto prevalere in 31 stati su 32.
A colloquio con Jorge Cela, gesuita cubano che ha vissuto fuori dall’isola dal 1960 al 1986, rientrandovi a tempo pieno nel 2017. Ha lavorato soprattutto in Repubblica dominicana, promuovendovi le comunità ecclesiali di base e diversi organismi della società civile. Ha coordinato il programma educativo Fe y Alegría a livello continentale e guidato la Conferenza dei provinciali gesuiti dell’America Latina (CPAL). Attualmente dirige il Centro Loyola de L’Avana, che svolge attività di formazione e promozione sociale per gli abitanti del quartiere Los Sitios, uno dei più poveri e difficili della capitale.
Per Erdoğan il voto del 24 giugno non è stato un successo folgorante. Il suo partito, l’AKP, ha perso 7 punti percentuali rispetto al voto legislativo del novembre 2015 e si è fermato a quota 295 seggi, 6 meno della maggioranza assoluta di 301 su 600. Ma l’opposizione si è frantumata dopo la sconfitta. Ora il sultano Erdoğan ha tutto il potere nelle sue mani. È il capo del governo, continua a guidare il suo partito, nomina e revoca i suoi ministri, emette decreti che non possono essere bocciati dal Parlamento. La Grande assemblea non ha il potere di sfiduciarlo. Può solo decidere improbabili elezioni anticipate con altrettanto improbabili 3/5 dei voti.
Conosco Roger Asfar da qualche anno e posso dire d’aver appreso molto da lui. Quel che ha da dire merita di essere conosciuto. Ci siamo incontrati in Libano, dove era appena giunto da Aleppo, per concludere il noviziato. Poi, per tanti motivi cui faremo cenno, ha voluto, o forse dovuto, lasciare il convento e andare a vivere in un campo profughi, fin quando non ha trovato lavoro come ricercatore su società civile e diritti. Sono stati anni duri, ma nel suo cuore ci sono sempre la Siria e Aleppo, in particolare i suoi correligionari. Di tornare lì però non se ne parla: «Le origini non sono sapori, suoni, odori, ma ambienti fatti da persone. I miei amici ad Aleppo non ci sono più, cosa tornerei a fare? Per parlare con chi?».
Il 23 agosto, i cristiani dell’India ricorderanno il decennale dell’evento più traumatico della loro storia: la persecuzione avviata nel distretto di Kandhamal, Stato orientale di Orissa. L’occasione dell’uccisione di un leader estremista indù, rivendicata dai guerriglieri maoisti ma pretestuosamente attribuita ad attivisti cristiani, diede il via a una pianificata persecuzione anti-cristiana, la peggiore della storia del paese, con uno strascico che ancora non si è esaurito.
Il faccia a faccia del 9 luglio tra il presidente della Conferenza episcopale cattolica filippina, mons. Romulo Valles, arcivescovo di Davao, e il presidente Rodrigo Duterte, ha sicuramente un rilievo simbolico, sia perché arrivato a valle dell’Assemblea plenaria dei vescovi, sia per la tensione cresciuta dopo le dichiarazioni blasfeme di Duterte delle settimane precedenti. «Il presidente ha accettato una moratoria sulle sue critiche riguardo la Chiesa» ha comunicato il portavoce presidenziale dopo l’incontro, ma nient’altro è filtrato se non la volontà espressa dalle parti di avviare un dialogo.
La città è una metafora dell’uomo postmoderno. In essa esiste una domanda quasi clandestina di spiritualità. Di qui muove la riflessione di Pierangelo Sequeri, tenuta all’interno del convegno annuale della Facoltà teologica del Triveneto (Padova, 20 aprile; cf. Regno-att. 10, 2018, 265), dedicato a «Conoscere se stessi. Identità e finalità del pastoral counseling», con una relazione intitolata «Il counseling pastorale al servizio della coscienza credente» che qui presentiamo. «Il counseling spirituale, come ministero ecclesiale di orientamento» è il simbolo «ecclesiale-materiale della riapertura, nel corpo della città postmoderna, della vena aurea dell’adorazione di Dio nel corpo del Signore, che ne illumina la possibilità per (…) il popolo dei chiunque che si sta rassegnando all’idea di non essere nessuno». Sequeri presenta quindi la sua «utopia»: in «ogni quartiere, una chiesa non parrocchiale potrebbe essere un santuario luminoso della pura ospitalità evangelica della fede (…) luogo pieno di bellezza e di rispetto per l’irradiazione del mistero di Dio e della sua alleanza con il genere umano».
Nell'episodio evangelico della donna che entrò in casa di Simone il fariseo (cf. Lc 7,36-50), si conosce il nome di colui che offre il pranzo a Gesù, mentre ignoriamo quello della donna che, nel suo comportamento, dimostra una personalità audace e tutt’altro che anonima. Il confronto suscita qualche sconcerto.
Sposato a una maestra che m’invita a raccontare storie nelle classi, sostengo che con i bambini si può parlare di tutto. Ho dunque accettato di fare la prefazione al libro di un’altra maestra, Filomena Di Pace, che ha intavolato con gli alunni un confronto su Dio e ho scoperto, nel presentarlo a un pubblico romano, che Charles Baudelaire e Jean-Luc Nancy la pensano come me.