Il pontificato di papa Francesco compie 5 anni. Più che un bilancio, conviene qui richiamarne l’indirizzo di fondo, come fa anche il saggio del card. W. Kasper sulle radici teologiche del pontificato (cf. qui a p. 183).
Individualismo e intimismo, ma anche autoreferenzialità e spiritualismo: si possono tradurre così le due parole, per noi esotiche – pelagianesimo e gnosticismo –, che fanno da cardine tematico nella lettera Placuit Deo, indirizzata dalla Congregazione per la dottrina della fede a tutti i vescovi cattolici del mondo lo scorso 22 febbraio, festa liturgica della Cattedra di Pietro.
La legge n. 219 del 2017 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) s’è proposta come mirante a sancire la non praticabilità di terapie, o della loro prosecuzione, ove manchi il consenso del paziente capace d’intendere e volere (oppure ove sussistano disposizioni anticipate di trattamento in senso contrario). Il tema non è certo privo di profili delicati sul terreno etico. Né la legge è esente, come si dirà, da passaggi problematici. Ma sarebbe importante che intorno a quel distinguo si potesse riconoscere, oggi, un punto di equilibrio.
Il 25 gennaio scorso presso la sala stampa del Vaticano a Roma, il prefetto del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, card. Kevin Farrell, e il sottoscritto hanno presentato le catechesi preparatorie al IX Incontro mondiale delle famiglie che si terrà il prossimo 21-26 agosto a Dublino. Tale iniziativa, che ha contrassegnato anche le passate edizioni del meeting internazionale, presenta alcune importanti e significative novità, che riguardano sia le modalità di fruizione e divulgazione dei materiali sia il loro contenuto.1
Secondo il libro del Qohelet «Dolce è la luce e bello è per gli occhi vedere il sole» (11,7). Cominciando da questo versetto biblico, il convegno di studi «Dolce è la luce. La luce, esperienza di Dio nella storia», organizzato dal Dipartimento dei Beni culturali della Chiesa della Pontificia università gregoriana di Roma, in collaborazione con la Fondazione culturale S. Fedele di Milano nei giorni 5 e 6 marzo 2018, ha delineato, senza alcuna pretesa di esaustività, una storia della luce, fondamentale per comprendere la visione contemporanea del mondo occidentale.
Pane dal Cielo, di Giovanni Bedeschi è una storia comune, un lungometraggio proiettato per la prima volta lo scorso 10 febbraio al cinema San Fedele di Milano. Un film la cui trama ruota attorno proprio a quella cecità che ci impedisce di vedere il bisogno del prossimo. Ambientato a Milano, racconta la storia di Lilli e Annibale, due senzatetto che, nella notte di Natale, stanno cercando un posto dove dormire nei pressi della stazione centrale.
Uno degli aspetti problematici della cosiddetta globalizzazione si manifesta quando un matrimonio o una convivenza tra partner di nazionalità diverse s’incrina e uno dei due (di solito la madre) torna all’improvviso nel proprio paese con il figlio o i figli, impedendo all’altro genitore di avere contatti con loro. L’armonia che faceva da collante a una coppia mista per lingua, cultura, (a volte) religione e sistemi giuridici di riferimento viene meno e il divario che si crea con la separazione di fatto è allargato a dismisura da diversità che s’inaspriscono e irrigidiscono. A farne le spese sono innanzitutto i figli.
Le «stanze del silenzio» hanno origine inizialmente grazie a un’idea del segretario delle Nazioni Unite, Dag Hammarskjöld, che nel 1957 ne volle creare una nella hall dell’Assemblea Generale. Oggi si stanno diffondendo in molti ospedali italiani e se ne propone l’istituzione anche in altri luoghi pubblici, come aeroporti o stazioni ferroviarie. Si tratta di luoghi aperti a tutti i culti, che rispondono a due istanze fondamentali: la prima, di avere uno spazio – appunto – di silenzio nel quale meditare, riflettere, recuperare se stessi, specialmente in quei luoghi in cui l’identità subisce un ripensamento o una perdita di significato.
Si è compiuto l’ultimo atto derivante dalla Convenzione firmata nel 2015 tra il governo lussemburghese di Xavier Bettel e il Consiglio dei culti convenzionati, di cui fa parte la Chiesa cattolica. Secondo questo mini-concordato il sostegno economico dello stato alla Chiesa cattolica è stato tagliato da 23,72 a 6,75 milioni di euro l’anno, soldi con i quali dovrà pagare attività e collaboratori, laici o sacerdoti, neo-assunti.
Dove si trova la Chiesa cattolica in Germania oggi, dopo la scomparsa l’11 marzo del card. Karl Lehmann, già vescovo di Mainz e presidente della Conferenza episcopale, e grande figura che ha segnato i decenni trascorsi? Com’è cambiato il cattolicesimo tedesco dopo la lunga «era Lehmann», anche tenendo conto del fatto che già il ritiro dalla carica di presidente dei vescovi, nel 2008, aveva ovviamente segnato una svolta?
Alla fine il rischio che la commemorazione dei 500 anni della Riforma, celebrata insieme da cattolici e luterani nel 2017, passasse lasciando solo belle parole e pacche sulle spalle, ma senza alcun concreto avanzamento, è stato evitato. Nel paese che ha dato i natali a Lutero, e dove le memorie erano più divise e ferite, i vescovi cattolici hanno deciso di fare un piccolo ma tangibile passo avanti verso l’unità visibile nell’ambito dell’ospitalità eucaristica, sia pure limitatamente alle coppie dove vi sia un partner cattolico e uno luterano.
Padre Miguel Picado Gatjens è sacerdote dell’arcidiocesi di San José e per oltre 30 anni ha insegnato Storia del cristianesimo alla Scuola ecumenica di scienze della religione dell’Università nazionale del Costa Rica. Attualmente dirige l’Istituto arcidiocesano di ricerche storiche ed è autore di numerosi volumi sulla Chiesa del Costa Rica. Il Regno lo ha intervistato alla vigilia del ballottaggio delle elezioni presidenziali.
"Non c’è dubbio che da 10 anni lo spartiacque fra editoria religiosa ed editoria laica sia più sfumato e che siano aumentati i lettori di libri religiosi. È nata un’esigenza nuova di un lettore nuovo e in questa l’editore laico si è accomodato”: lo dice Paolo Repetti, fondatore insieme a Severino Cesari – recentemente scomparso – della collana Einaudi «Stile libero» e suo attuale responsabile, intervistato dalla scrittrice Mariapia Veladiano.
Per la redazione delle Schede di questo numero hanno collaborato: Giancarlo Azzano, Luigi Bosi, Maria Elisabetta Gandolfi, Flavia Giacoboni, Niccolò Pesci, Valeria Roncarati, Domenico Segna.
Da qualche anno anche nel nostro paese si parla di pop theology. Materia ancora sfuggente e poco definibile in maniera precisa; di fatto, ormai a più riprese, stanno comparendo sul mercato editoriale italiano testi che, incentrandosi su materiali della cultura popolare (musicale, fumettistica, letteraria, cinematografica), verificano eventuali barlumi di un Vangelo secondo i Beatles o secondo Harry Potter, valorizzando incroci, suggestioni, ipotesi di lavoro, sottolineando prospettive marcatamente interdisciplinari e interculturali.
Ancora Lutero. Persino negli ultimi mesi del 2017 studi di notevole importanza si sono posti all’attenzione dei lettori già in precedenza catturati da saggi come quello di Adriano Prosperi sul riformatore di Wittenberg. Indubbiamente il cinquecentenario della Riforma è stata l’occasione per fare il punto della situazione sulla figura del monaco agostiniano che a Worms nel 1521 sfidò l’imperatore Carlo V e i delegati pontifici dichiarando vincolata la propria coscienza alla parola di Dio.
E' nota l’affermazione di Albert Einstein per cui la cosa più incomprensibile dell’universo è che esso sia comprensibile. La matematica – un prodigio inventato dall’uomo – corrisponde con le «regole assegnate a questa parte di universo», come canta Franco Battiato. Già Pitagora vedeva nel numero il principio di tutte le cose. Per i medievali queste formidabili convergenze erano anche espresse dall’idea che il movimento degli astri emettesse suoni, una musica celestiale.
Un giovane brillante e intelligente, un cristiano coerente dalla fede limpida, la cui testimonianza rimane, a oltre 70 anni dalla morte, attualissima e profetica. Teresio Olivelli viene proclamato beato dalla Chiesa e indicato come modello di fedeltà al Vangelo: è questo il tratto principale che emerge dalla ricostruzione biografica tracciata da Luisa Bove in questo volume.
l cambiamento d’epoca che stiamo sperimentando è foriero di mutamenti in ogni campo d’azione: politico, sociale ed economico. Tuttavia, era imprevedibile, almeno all’inizio del XXI secolo, che a mostrare le maggiori difficoltà d’orientamento dinnanzi a tutto ciò sarebbe stata proprio la sinistra, in particolare quella di matrice riformista. Una impasse – spiega l’autore, storico attento ai rivolgimenti della contemporaneità – determinata, in buona sostanza, dall’arroccamento di quest’area politica e culturale su posizioni tradizionali, o in ogni caso su un’analisi inefficace da parte di una «intellighenzia» dei cambiamenti in atto.
La storia di questo racconto è complessa da ricostruire, e possiamo dire che, a tutt’oggi, non siamo in grado di fissare un archetipo, un Ur-, che si perde nel nulla. L’originario resta un’ipotesi, direbbe Blumenberg, leggibile solo a partire dalla storia degli effetti. Io muovo da Boccaccio perché in lui c’è una svolta nella storia della parabola, e la ragione la mette in luce molto bene un saggio dello storico della filosofia medievale Kurt Flasch, intitolato, nella traduzione italiana, Poesia dopo la peste.
Il saggio di Appel evidenzia opportunamente come l’ermeneutica teologica del tempo sia un compito essenziale e ineludibile per l’ermeneutica della stessa fede cristiana. Secondo questa prospettiva una delle questioni più spinose e problematiche è proprio l’opposizione tra tempo ed eternità, ovvero l’eccessiva insistenza dottrinale su una concezione dell’eterno che non dialoga o interagisce con la vita dei credenti.
L'11 marzo i colombiani sono andati alle urne per rinnovare il Congresso della Repubblica con la più alta affluenza della storia delle elezioni legislative; un 48% (+5%) favorito soprattutto dalle maggiori garanzie di sicurezza: per la prima volta nessun seggio ha subito atti di violenza da parte di organizzazioni armate.
A dieci anni dall’autoproclamata indipendenza del Kosovo dalla Serbia, tra tutte le ferite non ancora cicatrizzate, quella delle mine ancora disseminate nell’area dei Balcani è la più grave. Furono usate indistintamente dalle forze governative e dai combattenti ribelli ma anche dalle forze NATO contro il regime di Milosevic e sono una condanna per la sicurezza degli abitanti e per lo sviluppo economico nei terreni contaminati.
Conflitti, autoritarismi e repressioni, discriminazione verso i migranti, politiche di austerità, violenza on-line: nell’anno in cui si celebreranno i 70 anni della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, la situazione a livello mondiale è critica. È quanto si evince del rapporto annuale di Amnesty International pubblicato a gennaio.
L'aria indipendentista che soffia dalla Catalogna (cf. Regno-att. 18,2017,513; 18,2017,532) potrebbe investire anche l’Africa. Sono numerosi i movimenti che chiedono la secessione. Le loro rivendicazioni affondano le radici nella storia. Il modello occidentale dello stato-nazione è estraneo all’Africa. Prima della colonizzazione esistevano regni multietnici che non avevano confini precisi.
Dal 31 dicembre 2017 lo scontro che contrappone il governo congolese alla Chiesa cattolica è andato intensificandosi. Alle due marce dei cattolici di cui già abbiamo dato conto (Regno-att. 2,2018,43), ne è seguita una terza, il 25 febbraio. Lo schema è sempre lo stesso: il Comitato laico di coordinamento indice una marcia pacifica per chiedere il rispetto degli «accordi di San Silvestro», da tenersi alla domenica mattina, al termine delle messe; il governo ne proibisce lo svolgimento; la polizia reprime con la violenza i manifestanti.
Cresce la repressione in Eritrea. Nel paese non esiste più un’opposizione politica. Non ci sono più media (giornali, televisioni e radio) privati. Ogni forma di dissenso è duramente repressa in patria e controllata all’estero da una fitta rete di informatori. Da qualche mese, il regime ha stretto la morsa anche sulle confessioni religiose: Chiesa ortodossa, Chiesa cattolica e islam.
A cinque anni dalla nomina – dopo anni di polemiche e ammutinamenti all’interno della diocesi – il vescovo nigeriano di Ahiara, mons. Peter Ebere Okpaleke, si è dimesso. È fallito, così, il tentativo di papa Francesco di «imporre» l’entrata in diocesi del vescovo e il 19 febbraio scorso ha accettato le dimissioni e ha nominato «amministratore apostolico sede vacante» il vescovo di Umuahia, mons. Lucius Iwejuru Ugorji. Una resa alle differenze tribali e culturali che avevano portato alle proteste.
Società, sviluppo, riconciliazione, migrazioni, autonomia economica: sono state queste le principali tematiche su cui hanno riflettuto i vescovi delle Chiese dell’Africa occidentale nel VI Consiglio permanente della Regional Episcopal Conference of West Africa (RECOWA, mentre CERAO è l’acronimo in francese e portoghese) che si è tenuto a Praia, capitale di Capo Verde, dal 26 al 30 gennaio scorso. Il Consiglio raccoglie i rappresentanti delle conferenze episcopali dei paesi dell’Africa occidentale di lingua inglese, francese e portoghese.
Ancora una volta le Maldive si trovano in acque agitate e non solo per l’avvio della stagione monsonica. Dopo aver dichiarato in febbraio lo stato d’emergenza nazionale, il presidente Abdulla Yameen ha costretto all’inattività la Corte costituzionale critica verso i suoi metodi. E non a caso all’avvio di questa nuova crisi isolana, i diplomatici internazionali arrivati a Male non sono stati ricevuti dal presidente, la cui svolta filo-cinese, con l’apertura a infrastrutture e investimenti di Pechino, è all’origine delle difficoltà attuali.
Una vertenza delicata interessa da mesi la Chiesa siro-malabarese. Alla sua guida è dal 2011 l’arcieparca (l’arcivescovo nella tradizione orientale) di Ernakulam-Angamalay, nello Stato meridionale del Kerala, il card. George Alencherry. Proprio il settantaduenne porporato si trova al centro di un caso intricato che ha aperto un dibattito all’interno di tutta la Chiesa indiana, riguardo la vendita di terreni ceduti a un prezzo inferiore a quello di mercato con l’approvazione del porporato. Denaro che sarebbe servito a saldare un debito contratto dall’arcidiocesi con una banca locale.
«Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Davanti al «Maestro buono», p. Luigi Lorenzetti si è posto questa domanda e per tutta la sua vita ha cercato di rispondervi. «Cosa dobbiamo fare per essere graditi a Dio e andare oltre la vita umana?».
Le radici teologiche del pontificato. Con questo dossier affrontiamo, grazie al saggio del teologo card. Walter Kasper, uno dei temi più controversi del pontificato. Una delle accuse più ripetute a papa Francesco (in genere dal fronte intransigente) è quella di non avere profondità teologica. Il suo magistero ne sarebbe privo, finendo in una qualche forma modernizzante di riduzionismo. Noi sosteniamo il contrario. Il che non significa poter discutere la prospettiva teologica del papa. Il pontificato di Francesco ha toni profetici, annuncia un tempo nuovo, un tempo qualitativo che assume il significato del kairos biblico. Il discorso profetico non è una previsione di eventi futuri, ma un annuncio del tempo; dice ciò che qui e ora si sta avvicinando un tempo nuovo; incoraggia, risveglia, scuote e invita alla conversione. Francesco è, non nel senso confessionale, ma in quello originale della parola, un papa evangelico. «Vangelo non è per lui un compendio di dottrine o un codice di norme morali, ma – come in Tommaso d’Aquino – il dono dello Spirito Santo, che si manifesta nella fede, la quale agisce per mezzo dell’Amore».
Nell’ambito dell’incontro tra le Chiese cristiane vi è una dimensione denominata «ecumenismo spirituale». La prima accezione del termine riguarda la preghiera: anche se si è lontani nello spazio è possibile essere prossimi nello spirito. La scelta di elevare le preghiere in tempi comuni è solo la modalità più riconoscibile di una forma di unione profonda radicata in Dio.
Le parabole venivano dette per scuotere la gente», scrive il cardinale Martini nel volumetto Perché Gesù parlava in parabole (EDB, Bologna 1985, 46). Anche Francesco ama parlare in parabole, ovvero procede spesso per racconti: ne ho raccolti 120, li vado studiando (cf. Regno-att. 20,2017,639s) e mi sono convinto che il suo obiettivo è proprio quello che diceva Martini: scuotere gli uditori.