Verona: civiltà e inciviltà
Mentre a Verona si insedia il nuovo sindaco ricordando una campagna elettorale “senza insulti” come questa città “meritava da tempo” e l’opposizione dichiara che svolgerà lealmente il proprio ruolo, la scena pubblica viene funestata dalla coda incresciosa del conflitto innescato dal vescovo dimissionario, che sta assumendo i contorni di un duello medievale e patriarcale, cui si aggiungono continuamente nuovi pezzi.
I fatti sono noti, almeno nelle linee principali: la città, parte importante della Diocesi ma certo non coincidente con la sua totalità, va al ballottaggio per l’elezione del sindaco. Il vescovo Giuseppe Zenti – dimissioni per limite di età date il 7 marzo e già accettate – ha scritto durante la settimana del secondo turno elettorale una lettera “riservata” ai preti, nella quale diceva di suggerire il candidato che si opponeva al gender. Il testo, in realtà più articolato, è diventato immediatamente pubblico e virale, anche perché il vescovo uscente non è nuovo a simili indicazioni di voto, che in passato erano state ancora più esplicite e avevano comunque sortito simile effetto: la sconfitta del nome suggerito.
La cosa è evidentemente grave e triste. Le reazioni sono state molte e di diverso tipo. Ognuno “sente” anche dentro di sé quando la misura è colma. Fra le reazioni dunque si annovera una lettera aperta, anche questa diffusa e nota, inviata alla stampa da don Marco Campedelli, personale nella stesura, nell’impianto e nella firma, che pone una serie di interrogativi, rivolti più che a Zenti a una Chiesa, a una città e probabilmente al nuovo vescovo di imminente nomina.
Una voce corale raccontata come un duello (fra uomini)
Contemporaneamente i toni si alzano e si delinea un quadro da disfida di Barletta, in particolare nella stampa cittadina che riferisce di un collegio docenti in cui «un prete guida la rivolta», dando informazioni imprecise e imprigionando Campedelli, immagino suo malgrado, nel ruolo cavalleresco in singolar tenzone.
Non voglio infatti dare ulteriori informazioni su una riunione a cui ho partecipato e in cui ho anche detto la mia opinione: lo faccio solo per dire che da lì in avanti una presa di parola comune e pacata, sia pure espressa in forme diverse, ha cominciato ad avere bisogno di un eroe, che certo non poteva essere che un uomo e possibilmente un prete.
Finito così, sia pure con uno scorno ecclesiale e una perdita di immagine per don Marco che da voce corale quale voleva essere viene fatto diventare cavaliere senza paura?
No, perché corre subito ovunque l’informazione che il vescovo Zenti vuole togliere l’insegnamento di religione cattolica al liceo classico Maffei a Marco Campedelli, che da molti anni lo svolge, secondo il regime concordatario (su questo aspetto, si veda il post di Letizia Tomassone su Facebook: «Si può cambiare»). Sarebbe cosa grave, triste e di piccola vendetta personale in un quadro di potere nefasto, non c’è dubbio: le voci che si sono alzate sono tante e autorevoli (Mancuso, Grillo, Cugini), non solo per amicizia per Marco Campedelli, ma per il desiderio di un sistema diverso.
Intanto c’è la campagna di Change.org e giunge anche un comunicato di don Domenico Consolini, direttore dell’Ufficio Scuola che smentisce le voci girate (il titolo “Non possiamo tacere” poteva venire meglio, perché è proprio la frase delle teologhe tedesche al Vaticano II: si potrebbe estendere e utilizzare altrimenti…). Sabato 2 luglio (queste riflessioni erano già in stesura) c’è il solenne annuncio, a Verona e Rieti contemporaneamente, che il nuovo vescovo di Verona è monsignor Domenico Pompili, che si insedierà in settembre. A questo annuncio segue una conferenza stampa di Zenti e poi un altro comunicato dell’Ufficio Scuola, che oscilla tra argomenti molto diversi: tante cose si potrebbero dire, ci sarà una nuova occasione.
Nella Chiesa di Verona non ci sono eroi, ma confronto allargato
Restano comunque molte ferite e molti elementi su cui riflettere. Mentre infuria e anzi conosce un’escalation una guerra a cui rischiamo di assuefarci, mentre i migranti muoiono su tutte le rotte, mentre la crisi climatica causata dal nostro sistema mette in ginocchio la terra, si torna nella barbarie per tanti aspetti.
Come la città, così questa Chiesa non merita, penso, questa riduzione di un tema democratico e sinodale a un duello “a due”. Colleghe più esperte di me del tema direbbero che il patriarcato disegna tutto a partire dal potere esercitato e subito, che ha bisogno dell’uno contro uno.
Però non è un destino, e sono convinta che non tutto stia così. Non solo non “sarà”, ma non lo è ora. Penso che possiamo tutte e tutti parlare e agire, ma anche poi verificare, correggere, riflettere. Tutte e tutti.
Al nuovo vescovo Domenico vorrei comunque dire che arrivando a Verona non troverà una piazza d’armi e uno spazio di duelli individuali, ma una Chiesa di donne e di uomini nella quale le posizioni sono diverse ma possono confrontarsi, perché dissentire e consentire è azione sinodale ed ecumenica, critica e per questo pacifica.