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Il Regno delle Donne

Una donna, un uomo e i cinque sensi dell’amore

Cantico dei Cantici: il libro biblico a cui è dedicata quest’anno la Giornata di approfondimento del dialogo tra ebrei e cristiani cattolici è stato, nel corso dei secoli, fonte di ispirazione per l’arte e provocazione per la teologia. L’interpretazione allegorica ha una lunga e importante storia, ma non era nelle intenzioni di chi ha scritto questo appassionato poema.

Il 16 gennaio si terrà la consueta Giornata di approfondimento del dialogo tra ebrei e cristiani cattolici e il testo scelto quest’anno è il Cantico dei Cantici, poema biblico che lungo i secoli ha suscitato il vivo interesse in ambito accademico e religioso e ha fornito spunti alla musica – dall’antico canto liturgico fino alla versione contemporanea e d’avanguardia di John Zorn, con Lou Reed e Laurie Anderson – e all’arte pittorica di ogni epoca. 

A Vava, ma femme, ma joie et mon allegrésse leggiamo nella sala del Musée du Message Biblique di Nizza, che ospita le cinque tele di Marc Chagall dedicate al Cantico dei Cantici, infinite sfumature di rosso chiazzate di luna, di colombe e di cavalli alati, di abbracci e di sguardi, di giardini in cui cresce l’albero della vita e di agglomerati di case in cui convivono lo shtetl Est europeo e i piccoli borghi francesi. Il pittore ritrae una danza degli opposti, creando un’armonia tra dimensione onirica e spirituale e concretezza dei corpi, di quell’amore fatto di sguardi, voci e gesti assolutamente umani e ci rivela la complessità dei livelli di lettura che da sempre caratterizza il Cantico dei Cantici.

Una lirica d’amore

Interpretazione letterale o allegorica? Poema d’amore o testo sapienziale? Espressione dell’amore umano o immagine del rapporto tra Dio e il suo popolo Israele?

Lungo i secoli gli studiosi si sono interrogati su quale sia la vera natura di questo rotolo, che quanto a struttura, immagini e lessico presenta evidenti legami con l’antica lirica d’amore sumerica ed egizia, ma anche con gli idilli e i componimenti erotici ellenistici.

Protagonisti sono un uomo e una donna, giovani e malati d’amore, che esprimono il loro desiderio attraverso i cinque sensi. Inspirano profumi inebrianti, mirra e incenso, nardo e zafferano. Assaporano melagrane, vino, latte, miele e frutti squisiti. Vedono i monti, le pianure verdeggianti, i fiori e le gazzelle e la donna dipinge l’uomo con una tavolozza di colori: è bianco e vermiglio, il capo è oro puro, i riccioli sono neri come il corvo. Ascoltano la voce l’uno dell’altra, sono attenti a ogni rumore o sussurro. Infine il componimento è disseminato di sensazioni tattili, di richiami alla fisicità e di riferimenti specifici a ogni parte del corpo: le mani dell’uomo sono anelli d’oro, incastonati di gemme, il ventre è d’avorio tempestato di zaffiri e le gambe sono colonne di alabastro. La donna è slanciata come una palma, l’ombelico è una coppa rotonda, il ventre un covone di grano circondato da gigli e i seni sono due cerbiatti.

Maschile, femminile, sessualità

Le metafore sensoriali sono fondamentali per comprendere il ruolo di genere e secondo Carole Meyers il Cantico impiega immagini inconsuete per descrivere la donna: torre, pareti difensive, pozze artificiali costruite a scopo militare, ecc. Il femminile esprime forza e protezione, oltre a una straordinaria bellezza che è linfa vitale ed è espressa attraverso il riferimento a vigne e giardini rigogliosi.

I due esprimono gioia pura, sensualità e passione in un dialogo “tra uguali”, in cui nessuno prevale e la voce della donna ha la stessa dignità di quella dell’uomo. Per dirla con una battuta potremmo quasi affermare che è il libro per eccellenza della parità tra i sessi, ma in realtà rispecchia semplicemente il pensiero ebraico sull’amore fisico, che è manifestazione della relazione con il divino a cui contribuiscono, insieme e nella reciprocità, uomo e donna.

L’atto sessuale è definito dai Maestri metil shalom (artefice di pace) o sicha (conversazione), ovvero incontro, dialogo, attenzione e cura dei desideri, con un’attenzione assoluta alla donna e alla soddisfazione del suo piacere, che è prioritario rispetto a quello dell’uomo tanto da essere citato perfino nel contratto matrimoniale. In effetti il Cantico esprime la prevalenza del femminile in vari modi, anche attraverso i riferimenti al “materno” e alla “casa della madre”, che in una società patriarcale risuona in modo particolare.

In principio… non faceva scandalo

Il rotolo è entrato assai tardi nel canone, solo dopo lungo dibattito e probabilmente grazie all’eleborazione dell’interpretazione allegorica nata intorno al II sec. a.C., che vede nel poema la metafora dell’amore tra Dio e Israele in termini di matrimonio e infedeltà, un topos letterario dei libri profetici. Per il primo millennio resta questa la posizione più diffusa, sia in ambito cristiano a partire da Origene, sia in ambito ebraico con il Targum Shir Hashirim, il Midrash e molti commenti rabbinici.

Il primo esegeta a interpretare il testo sia in senso letterale che allegorico è Rashi (1040- 1105); sulla sua scia si collocano Ibn Ezra (1089- 1167) e Rashbam (1085- 1158). A cavallo tra XII e XIII secolo vengono redatti due commentari dediti alla sola interpretazione letterale, in cui troviamo anche dettagli sull’intimità degli amanti. A partire dalla metà del XIII secolo questo genere di lettura viene abbandonato e prevalgono l’esegesi midrashica e l’allegoria, che troveranno ulteriore sviluppo e autorità sia nel movimento cabalistico, sia nelle interpretazioni mistiche successive.

L’interpretazione allegorica nasce dalle necessità religiose di un milieu culturale e sociale ormai profondamente influenzato dal neoplatonismo e bisognoso di asserire la superiorità dell’anima sul corpo e la priorità del legame con il divino e lo spirituale rispetto a quello prettamente umano. Ma l’allegoria – che certo dobbiamo tenere in considerazione, se non altro per la vasta produzione di commenti che ha suscitato e le ricadute a livello teologico e culturale – non era nelle intenzioni dell’autore, e per lungo tempo il testo non ha sicuramente creato alcun turbamento al lettore ebreo che, seguendo l’insegnamento biblico, vedeva nell’amore fisico tra uomo e donna un’espressione nobile e una pienezza che sottolinea la diversità, la complementarità e la pari dignità di maschile e femminile.

Possiamo in tutta serenità leggere il Cantico dei Cantici come l’incontro straordinario di un io e un tu, di maschile e femminile, in cui come scrive Piero Capelli:

«Dio fa parte della scenografia, non della trama. Mentre noi, inconsapevoli e abitudinari, continuiamo a credere che “Amore è possente come Morte” sia una frasetta romantica buona per gli incarti dei cioccolatini».

Commenti

  • 16/01/2020 Elisabetta Manfredi

    Parole ineguagliabili che esprimono con sapienza l'amore tra due persone. E se vogliamo cercarvi l'allegoria non potremmo trovarla nell'incontro tra... anima e corpo così spesso divisi e contrapposti?

  • 15/01/2020 Marisa Dotta

    Meravigliosa interpretazione di un testo, che troppo spesso leggiamo con superficialità.

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