Teologhe: il coraggio dello sconfinamento continua
L’assemblea generale del 5 giugno ha eletto la nuova presidenza del CTI. La parola a Lucia Vantini, che riceve il testimone da Cristina Simonelli e guiderà l’associazione nei prossimi quattro anni.
Per il Coordinamento delle Teologhe Italiane il 5 giugno è stata una giornata importante: durante l’assemblea annuale abbiamo votato coloro che ci guideranno e ci accompagneranno nel quadriennio 2021-2025. È così che mi trovo ora a scrivere da presidente neoeletta, pensando alle eredità che ricevo e alla visione del futuro che scorgo all’orizzonte.
La sequela delle madri
Come punto prospettico mi sento di chiamare in causa quello che nel pensiero della differenza è definito continuum materno. È un’espressione a volte fraintesa in senso metafisico, ma nella quale riconosco qualcosa che mi corrisponde e che Luisa Muraro spiega bene come amore «per la sequela delle madri». Quella sequela rende ognuna di noi «il frutto interno di un interno di un interno, e così via fino ai confini dell’universo»[1]; per noi teologhe questo è anche un rimando a quella cornice evangelica che ci ha attratte e che costituisce lo sfondo di parole, sentimenti e pratiche significative. Siamo anelli di una catena di donne che hanno lasciato il segno nella storia prendendosi cura del mondo, in un intreccio saldato nonostante le sfavorevoli condizioni culturali, sociali e simboliche.
In nome di questo continuum, riporto qui le bellissime parole che Marinella Perroni – prima presidente del CTI e sorgente di un sogno spartito con altre socie fondatrici – ha dedicato, durante l’assemblea, al nostro futuro lavoro.
Benedizione delle matriarche 5 giugno 2021
Benedetto sia
questo giorno di creatività e di coraggio.
Abbiamo cominciato questo cammino
Diciotto anni fa.
Con la forza che veniva dalla convinzione
Che i tempi fossero maturi
Per esserci
Accanto ad altri
Ma con voce propria.
Con le prime compagne
Abbiamo insegnato al CTI a camminare
Non sapevamo bene la strada
L’abbiamo costruita camminando.
Poi Cristina è stata scelta
Come capocordata
E ci ha accompagnato fino qui
Con determinazione e creatività.
Oggi comincia
un nuovo pezzo di strada:
scenda su Lucia e le sue compagne
la Benedizione
di chi è venuta prima di lei
e di tutte quelle
che le accompagnano con fiducia e allegria.
AMEN!
In questo sfondo di benedizione – lo sfondo di una promessa che rimanda alla cura di quel Dio che si interessa di tutte le vite – non posso che ricordare il lavoro fatto fino a questo momento da Cristina Simonelli, la «capocordata» succeduta a Marinella.
Con fiducia nell’imprevedibile
In questi anni, Cristina ha guidato il CTI con determinazione e fantasia, mostrando che esistono poteri fecondi perché capaci di autorizzare altre e altri, in una alleanza forte che mai oserebbe ipotecarne la libertà. Cristina si è infatti congedata nominando un desiderio di sorpresa venuto dal futuro, confermando la sua ben immaginabile distanza dai tanti che lasciano un ruolo, dai quali spesso si ricevono più raccomandazioni che speranze di novità. Ecco alcune parole vitali della sua relazione finale: «Certo ogni consegna, se non è troppo alto questo termine, è tante cose insieme: interruzione e affidamento, non c’è dubbio, ma anche attesa dell’inedito, un po’ inevitabilmente timorosa ma certamente molto fiduciosa».
La filosofa che è in me ha subito pensato alla forza politica del pensiero di Hannah Arendt, che collega l’amore per i nostri figli e le nostre figlie al coraggio di non strappare loro di mano «l’occasione per intraprendere qualcosa di nuovo, qualcosa di imprevedibile per noi»[2]. È in questa dialettica tra recezione e rilancio che la teologia può ritrovare una pertinenza storica ed esistenziale, grazie a parole incarnate e al contempo capaci di nominare ciò che ancora non c’è, o perché appena nato o perché, venuto al mondo troppo presto, non è riuscito a essere.
Affinché qualcosa ancora sbocci, occorre rifare sempre e di nuovo la stessa domanda che i discepoli non hanno osato fare a Gesù intrattenuto con la Samaritana: «Che cosa dici con lei?» (Gv 4,27). Occorre però non avere paura delle risposte. Serve anche tanta fiducia. Mi torna di nuovo in mente quella frase di María Zambrano che tocca la responsabilità di stare con i piedi per terra e sotto terra, in uno slancio audace verso il domani: «le radici dovrebbero avere fede nel fiore»[3].
Come la vita che osa uscire dal solco già tracciato
Di questa fiducia radicata e immaginosa si nutre il CTI. Essa è riconoscibile in tutte coloro che – in un modo o nell’altro – vi hanno dato il loro apporto. È dunque questo il momento di ringraziare tutte le Consigliere uscenti, in primis Renata Bedendo che in tutti i diversi progetti del Coordinamento ha letteralmente e senza risparmio speso sé stessa (il verbo è d’obbligo per una tesoriera). Tanta gratitudine va anche ad Adriana Valerio, esperta storica del cristianesimo a cui si legano iniziative importanti come la collana internazionale La Bibbia e le donne, e a Moira Scimmi, attenta studiosa del diaconato femminile.
Questa fiducia non è ingenua, e conosce bene le resistenze a questa fioritura fragile e sempre attesa. Occorre allora il coraggio di uno sconfinamento in diverse direzioni, oltre quei timori che costringono a trattenere il respiro e a sentirsi in debito con realtà chiuse a questa ostinata speranza delle donne attive nelle nostre comunità e di coloro che le amano, le ascoltano e le sostengono.
In fondo, questa speranza è il de-lirio (nel senso etimologico) della vita stessa che osa uscire dal solco già tracciato, per chiedere espressamente di essere condivisa. È quello che faremo insieme, con le consigliere confermate – Federica Cacciavillani e Rita Torti –, con le neoelette Simona Segoloni (vicepresidente), Donata Horak (segretaria), Alice Bianchi e Anna Carfora, e con tutte/i coloro che, al di là dei ruoli istituzionali, si lasciano coinvolgere in questa scommessa.
[1] Luisa Muraro, L’ordine simbolico della madre, Roma, Editori Riuniti, 2006, p. 60.
[2] Hannah Arendt, Tra passato e futuro, Garzanti, Milano 2017, p. 255.
[3] Maria Zambrano, Persona e democrazia. La storia sacrificale, Bruno Mondadori, Milano 2000, p. 149.