Senza Eucaristia, ma non senza Cristo
Un gruppo di donne riflette a partire da questi mesi di “digiuno eucaristico”: cosa hanno messo in luce, cosa hanno da dirci riguardo alla Chiesa del dopo-virus.
Nel giro delle nostre amicizie siamo conosciute come “Le Santelucie”, un nome che è nato quasi per scherzo e che poi abbiamo fatto nostro dato che abbiamo visto la luce qualche anno fa proprio la sera del 13 dicembre. Siamo un gruppo di donne cattoliche di Parma e amiamo confrontarci, inforcando “occhiali di genere” sul nostro modo di vivere la fede e di stare nella Chiesa. Lo abbiamo fatto anche in questi giorni, e in base alle nostre esperienze abbiamo elaborato le riflessioni che seguono, e che desideriamo condividere.
In questo tempo nel quale celebrare l’Eucaristia è stato impossibile per motivi sanitari, abbiamo osservato che nelle comunità cristiane si è reagito in diversi modi: chi ascoltando le Messe in televisione, chi seguendo celebrazioni solitarie trasmesse sul canale youtube della propria parrocchia, chi incoraggiando anche con appositi sussidi la celebrazione domestica della Parola, chi riprendendo in mano la liturgia delle ore magari recitandola insieme ad altri grazie a piattaforme online.
Alcuni hanno vissuto con disagio questi momenti, come fossero poveri palliativi dell’assemblea liturgica. Altri li hanno apprezzati e goduti come esperienze in cui essere protagonisti e uscire da riti ormai stanchi e senza bellezza. Alcuni non vedono l’ora di tornare a celebrare la Messa, accettando mascherine, distanziamento e turni. Altri ritengono che la liturgia eucaristica richieda gesti e prossimità in mancanza dei quali sarebbe più opportuno attendere. Difficile dire quale sia la scelta giusta. A ogni comunità è affidato il compito di individuare con prudenza e buonsenso il modo migliore di tornare a celebrare l’Eucarestia.
Certo è che questa situazione ha scoperchiato una realtà che in diversi luoghi si è rivelata molto povera: le persone non sono abituate a pregare al di fuori della Messa, nelle famiglie c’è poco l’abitudine alla preghiera comune anche se tutti sono credenti e praticanti, alcuni presbiteri si sono trovati soli e disorientati al di fuori del loro ruolo di presidenza dell’assemblea eucaristica.
A partire da queste povertà, come dalle cose belle che abbiamo vissuto in questo tempo, crediamo che il digiuno eucaristico a cui siamo state costrette possa essere l’occasione per ripensare i nostri stili comunitari e rinnovare il nostro modo di essere Chiesa.
Alcuni esempi:
- abbiamo pochi presbiteri e spesso anziani. Non possiamo accettare di condannarli alla solitudine che in alcuni casi è emersa con drammaticità in questo periodo. E allora mai più presbiteri soli a guidare una comunità parrocchiale! È necessario che in ogni parrocchia sia aperto e organizzato un “luogo” (nella diocesi di Parma viene chiamato Servizio ministeriale) in cui il presbitero possa condividere fatiche, gioie, proposte e idee con un gruppo di persone che stima e di cui coltiva l’amicizia;
- è necessario ricordarsi che la liturgia della Parola è importante tanto quanto la liturgia eucaristica. Nella Chiesa cattolica l’abitudine a celebrare l’Eucarestia non solo la domenica ma in moltissime altre occasioni (funerali, matrimoni, battesimi, ma anche convegni, anniversari, ricorrenze civili…) rischia di renderla un rito abitudinario di cui sfuggono la bellezza e il mistero;
- riconoscere il valore della liturgia della Parola consente anche di valorizzare la Chiesa come popolo di Dio che si riunisce attorno a Cristo e non necessariamente attorno ai ministri ordinati. Sappiamo bene che se non c’è il ministro ordinato non ci può essere la Messa. ma questo non significa che non ci siano la Chiesa, la liturgia, o la preghiera! Riscopriamo il sacerdozio comune che ci è stato donato con il battesimo, che ci rende tempio dello Spirito Santo e capaci di celebrare la presenza del Signore in mezzo a noi.
- riscoprire la famiglia come piccola chiesa domestica. La preghiera in famiglia non è semplice. A volte le famiglie sono composte da una sola persona. A volte al suo interno non tutti sono credenti. E se lo sono possono avere una sorta di pudore a pregare insieme perché la preghiera è un gesto intimo. Ma è singolare che ci siano famiglie in cui tutti vanno a Messa senza sapere pregare in casa. Forse è anche perché mancano modelli di preghiera adatti alle famiglie? Forse perché abbiamo presente solo la liturgia delle ore che chiaramente è pensata per la vita monastica e non per le famiglie? Si potrebbe riscoprire la preghiera prima dei pasti o la lettura quotidiana del Vangelo della domenica per formulare proposte semplici e fattibili che permettano alle famiglie di punteggiare la settimana di momenti di preghiera;
- in queste domeniche non siamo andate a Messa. Ma forse abbiamo avuto più tempo per essere “Chiesa in uscita”. Magari facendo una telefonata in più alla vicina anziana e sola, magari offrendo messaggi positivi e di speranza alle colleghe o agli amici, o dedicando più tempo ad ascoltare i figli... Mai e poi mai l’attenzione all’importanza dei riti può farci dimenticare che ogni volta che serviamo una nostra sorella o un nostro fratello, ogni volta che amiamo il nostro prossimo, rendiamo culto a Dio.
Isaia (1,13-17) ce lo ricorda con parole dure ma efficaci:
«Smettete di presentare offerte inutili,
l'incenso è un abominio per me;
noviluni, sabati, assemblee sacre,
non posso sopportare delitto e solennità.
I vostri noviluni e le vostre feste
io detesto,
sono per me un peso;
sono stanco di sopportarli.
Quando stendete le mani,
io allontano gli occhi da voi.
Anche se moltiplicate le preghiere,
io non ascolto.
Le vostre mani grondano sangue.
Lavatevi, purificatevi,
togliete il male delle vostre azioni
dalla mia vista.
Cessate di fare il male,
imparate a fare il bene,
ricercate la giustizia,
soccorrete l'oppresso,
rendete giustizia all’orfano,
difendete la causa della vedova».