Riformare la Chiesa si può?
Un titolo con il punto interrogativo può essere un vezzo: non è questo il caso del seminario annuale delle teologhe italiane (5 settembre 2020), che si domandano realmente se, in che misura e a quali condizioni la Chiesa possa porsi in stato di riforma per seguire il Vangelo.
Le teologhe sono state felicemente definite «una minoranza tenace», si potrebbe addirittura dire al limite della caparbietà, e il seminario 2020 del Coordinamento teologhe italiane (CTI) – RIFORMARE si può? Teologhe a confronto – ne è conferma. Previsto inizialmente per i primi di maggio a Roma, ha seguito le vicende Covid fino a trasformarsi nel webinar del 5 settembre prossimo.
La tenacia non sta però tanto in questa trasformazione, quanto nella sua stessa ideazione, che si inserisce nel lavoro comune del Coordinamento delle associazioni teologiche italiane (CATI) – dedicato nel biennio 2019-2020 appunto alla riforma della Chiesa – e in un momento storico in cui le donne, specie nella Chiesa cattolica, sono in grande fermento, pronunciando parole diverse, mettendo in atto strategie di diverso tipo, giustamente senza chiedere permesso, facendo scorrere tanti rivoli che diventano un fiume grande, inarrestabile. In questo quadro il CTI apre un confronto e un dibattito secondo la sua peculiarità di associazione teologica ecumenica e interdisciplinare di teologhe (soprattutto) e di alcuni teologi: sul piano della riflessione, quindi, e articolando gli interrogativi da più punti di vista.
Riflessioni e interrogativi che saranno posti da Simona Segoloni, Donata Horak, Stella Morra e Lucia Vantini: tutte donne, evidentemente, così come saranno due teologhe di diversa appartenenza confessionale – Serena Noceti cattolica e Letizia Tomassone valdese – a rileggere e commentare le proposte. Questa è una scelta, non una casualità, perché accanto alle tipologie apertamente aggressive o untuosamente pacificanti (il che non è molto diverso) si trovano anche dei bene intenzionati che come prodi cavalieri parlano delle donne, sulle donne, per le donne, a voce, per scritto, in convegni d’ogni genere. Effettivamente questa cavalleria di protezione ha fatto il suo tempo: gli amici che possono accompagnare questo lavoro sono piuttosto quelli che affrontano una buona volta il loro proprio problema, quello appunto degli uomini nella Chiesa. Per fortuna esistono anche amici e colleghi capaci di questa rivoluzione critica.
Nel titolo, oltre al punto interrogativo reale e non retorico, si trova non un sostantivo, ma un verbo – riformare –, per sottolineare il carattere processuale di quanto si vuole esaminare. Il confronto promesso avviene su più piani come richiede un processo complesso: non ogni modello ecclesiologico, ad esempio, può dare luogo a relazioni giuste e soprattutto non ogni modello è riformabile: alcuni si spostano avanti e indietro di pochi millimetri (prospettiva ecclesiologica e fondamentale). Inoltre, ogni riforma che voglia essere tale e non puro esercizio retorico deve integrare aspetti istituzionali, per la Chiesa cattolica anche canonici (prospettiva canonistica). Modelli e istituzioni, inoltre, fanno i conti con difese e resistenze, con immaginari collettivi: anche questo aspetto non può essere tralasciato.
Questo dunque, comprensivo nel pomeriggio di aule di dibattito riservate a chi ha inviato la propria iscrizione (mentre al mattino sarà attiva anche la diretta Facebook sulla pagina del Coordinamento teologhe italiane) il contributo che intendiamo offrire. Non di più, ponendoci sul piano della riflessione, coordinandoci senza sovrapporci con tante altre iniziative in corso. Non di meno: una parola franca, appassionata, dialogica. Nel confronto.