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Il Regno delle Donne

Riforma, un centenario a due voci

A differenza di tutti i centenari della Riforma protestante che hanno preceduto questo 2017, oggi noi possiamo dare un nome anche alle donne che la Riforma l’hanno fatta.

Katharina Zell, che diede a Strasburgo la capacità di essere una città protestante accogliente e tollerante; Katharina von Bora, moglie e compagna di Lutero; Marie Dentière, insieme a Claudine Levet: due decise predicatrici a Ginevra, che aprirono la strada a Calvino.

Vi sono anche diversi nomi di donne italiane, donne nobili e donne del popolo, che scoprivano come l’Evangelo le liberava da pesi imposti dalla Chiesa o dalle devozioni ma anche dalle famiglie patriarcali. Tra di esse ricordiamo Caterina Cibo, Giulia Gonzaga, Vittoria Colonna, Renata di Ferrara e Olimpia Morata: quest’ultima morì esule in Germania e ha lasciato diversi scritti.

La cosa straordinaria che è venuta in luce da pochi anni è infatti che queste donne scrivevano e pubblicavano. A volte, come la Zell con le sue raccolte di inni, producendo libretti che potevano essere venduti per pochi soldi, in modo da diffondersi nel modo più ampio possibile.

Spesso questi scritti riguardavano questioni tipicamente femminili – in primo luogo se alle donne fosse permesso predicare in pubblico. A questa domanda rispondevano con passione in modo affermativo, richiamando la forza dello Spirito di Dio che non fa distinzioni fra uomini e donne, e rivendicando di essere parte della Chiesa di Gesù Cristo.

Le donne della Riforma del XVI secolo non tolleravano di essere cancellate a causa del loro genere. La predicatrice tedesca Argula von Grumbach, che protestò in difesa di uno studente luterano processato in un’università cattolica, a proposito delle violenze domestiche subite in seguito dal marito, scrisse che questo marito «perseguita Cristo in me»: una espressione che ci aiuterebbe anche oggi a comprendere la dignità di una donna picchiata fra le mura di casa.

Certamente la Riforma cambiò la Chiesa e cambiò anche il mondo delle donne. I conventi, che offrivano alle giovani la possibilità di studiare, vennero chiusi. In compenso vennero aperte delle scuole popolari in tutti i conventi ormai vuoti, e venne fissato l’obbligo di mandare i figli a scuola, maschi e femmine. Il principio del sacerdozio universale significava per Lutero che ora tutti, anche le donne, sulla base del battesimo, erano chiamati a farsi testimoni dell’Evangelo. E la valorizzazione della professione civile di ognuno e ognuna, così come la valorizzazione del matrimonio, offrirono alle donne nuovi spazi di espressione e libertà.

Una cultura biblica femminile

Le donne beneficiarono dello smantellamento delle forme d’autorità patriarcali nelle Chiese e iniziarono il loro percorso come soggetti moderni, non più vincolati o subordinati ad altri.

Leggendo i commenti dei riformatori potrebbe sembrare che nulla fosse cambiato nello sguardo che loro, come uomini, portavano sulle donne. Ma le donne avevano acquisito il senso della loro libertà, rivendicavano il fatto che Gesù non aveva mai disprezzato o respinto le donne, e si rifacevano alle profetesse e alle altre figure bibliche, discepole comprese.

Le donne del XVI secolo che hanno lasciato memoria delle loro pratiche e del loro pensiero erano colte, profonde conoscitrici della Scrittura, capaci di predicare in pubblico e di prendere la parola nei luoghi di governo. Non si sono limitate a difendere i riformatori e i circoli di studio della Parola e del nuovo pensiero luterano, ma hanno loro stesse composto dei testi o degli inni poi tradotti in tutto il mondo, e hanno commentato l’evangelo con grande libertà.

Il coraggio e la cultura biblica e spirituale di queste donne colpisce e ce le fa scoprire come tessitrici instancabili di reti di relazioni tra loro e con i riformatori o gli esuli, attraverso testi di lettere, piccoli trattati dati alle stampe, operazioni di diplomazia per metter fine a processi destinati a portare alla morte.

Se taceranno gli uomini di fronte al dispotismo e all’oppressione, saranno le donne a parlare, per l’opera dello Spirito Santo. Questa consapevolezza dava forza alle loro parole, come quando Argula scrive: «Leggete in questa mia [lettera] non le invettive di una donna ma la Parola di Dio».

La voce e l’insegnamento delle donne si radica nella Scrittura e inquieta, scuote, interroga, proprio come fa lo Spirito Santo. Per questo l’accesso delle donne al ministero della Parola nelle Chiese protestanti è stato uno snodo importante.

La forza dello Spirito rende infatti necessaria la voce di chi sta ai margini, delle donne, perché ci sia Riforma e ritorno all’Evangelo.

Anche oggi si tratta di recuperare l’urgenza e la necessità di queste voci, e di tessere quelle reti collettive e trasversali, ecumeniche, che possono spingere a realizzare il sogno di una Chiesa inclusiva in un mondo attento a denunciare ogni forma di violenza e di disuguaglianza.

 

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