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Il Regno delle Donne

Religioni e violenza di genere - 25 Novembre / 1

Cos'ha a che fare il 25 novembre con le religioni? Molto, perché la sopraffazione sessista delle religioni, sia sul piano dottrinale che pastorale, ha ricadute innegabili sul piano dei costumi e dei comportamenti nella società.

La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è un’occasione importante per ragionare sui tanti volti e sulle molteplici cause di un fenomeno trasversale nel tempo e nello spazio, e poter quindi individuare e sostenere percorsi di cambiamento. Le religioni rappresentano un nodo cruciale: se spesso hanno alimentato – e continuano ad alimentare – il terreno di coltura della violenza, possono però anche essere un luogo importante per riformulare i rapporti tra i sessi, svincolandoli da modelli patriarcali.

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Dove sono i tuoi accusatori? Gesù e la pietra del patriarcato
Elizabeth Green

Sebbene siano le donne, attraverso i centri anti-violenza, ad occuparsi della violenza maschile nei nostri confronti, il problema di fondo non è nostro bensì degli uomini. Lo evidenzia l’episodio de “gli uomini colti in peccato” meglio noto come l’episodio della “donna adultera” (cf. Gv 8,1-11).

Vi ricordate la polemica intorno al burkini? Al mare il corpo delle donne deve essere nascosto o esposto? Ancora una volta il corpo femminile media la relazione tra uomini, ovvero tra due visioni maschili del mondo. Accade qualcosa di simile nell’episodio dell’adultera. Gli uomini sono pronti a lapidare una donna perché ha infranto la legge che garantisce loro il controllo di tutte le donne. Lei viene messa in mezzo, ma come persona non ha nessuna importanza. È oggetto di un dibattito che non riguarda lei bensì Gesù, un regolamento di conti tutto al maschile.

Gli scribi e farisei vogliono mettere Gesù alla prova per poterlo accusare.  Se dicesse che non bisogna lapidare la donna si metterebbe contro la legge di Mosè; se dicesse invece di lapidarla cadrebbe in contraddizione con se stesso: non era forse venuto a salvare e non a giudicare?

In questo dialogo tra uomini, poi, Gesù scrive per terra. Strano gesto che lascia soli in uno spazio tutto loro scribi e farisei. Al loro insistere, però, Gesù risponde «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra su di lei» e si china di nuovo. Gli scribi e farisei, però, non reggono il confronto con la propria coscienza. Hanno accusato la donna per accusare Gesù. Ora si trovano loro stessi accusati! Non è la donna ad essere colta in adulterio, ma sono loro ad essere colti in peccato. Escono uno ad uno a partire da chi per primo avrebbe scagliato la pietra contro di lei. 

Gli scribi e i farisei sono compunti nel cuore. Sanno che la legge di Mosè incastra innanzitutto loro. È come se già conoscessero le parole di Paolo: «Perciò o uomo, chiunque ti sia che giudichi, sei inescusabile, perché nel giudicare gli altri condanni te stesso; infatti tu che giudichi fai le stesse cose... Ora, se tu ti chiami Giudeo, ti riposi sulla legge, ti vanti di Dio, come mai dunque insegni agli altri e non insegni a te stesso? Tu che predichi “Non rubare, rubi, Tu che dici non commettere adulterio, commetti adulterio?”» (Rm 2,17-22).

Gesù ha innescato un processo di autocritica e loro sono usciti di scena. Non essendoci più relazioni tra maschi da mediare, la donna perde la sua funzione, il potere del patriarcato è dissolto. Le parole di Gesù hanno fatto breccia nel cuore degli uomini. I farisei e gli scribi hanno preso coscienza del proprio peccato e sono usciti di scena lasciando in pace la donna. Gesù crea uno spazio in cui gli uomini, riflettendo su di sé, rinunciano a una cultura basata sul controllo del corpo femminile e quindi sulla violenza contro le donne. I suoi seguaci sono chiamati a fare altrettanto.

Riconoscendosi non senza peccato gli uomini si trovano allo stesso identico livello della donna accusata di adulterio. La donna è liberata dalla sua funzione nella società patriarcale e, a scapito di ciò che dicono le Scritture, il suo “adulterio” non è più atto a dire il peccato. E solo ora, libera dalla minaccia di femminicidio, la donna è finalmente se stessa. Infatti, solo ora Gesù si rivolge a lei perché solo ora è possibile una relazione autentica tra donne e uomini, all’insegna della soggettualità. «Donna, dove sono quei tuoi accusatori? Nessuno ti ha condannato?». Libera dal ruolo che il patriarcato le aveva assegnato, non più oggetto della violenza maschile, la donna prende la parola.

Liberando gli uomini dal bisogno di proiettare sulla donna il loro peccato, Gesù ha aperto lo spazio necessario perché la donna trovi la propria voce. «Nessuno ti ha condannata? Nessuno, Signore». Vogliamo che la condanni Gesù? Vogliamo che restauri l’ordine patriarcale? È una tentazione alla quale le Chiese non resistono. Gesù invece dice:

 «Neppure io ti condanno; va’ e non peccare più». Come dice Paolo: «Non c’è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù, perché la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù li ha liberati della legge del peccato e della morte» (Rm 8,1-2)

Confrontandosi con le autorità religiose Gesù ha innescato un processo di autocritica negli uomini tale da liberare la donna dalla funzione tanto sociale quanto simbolica da cui è stata investita per secoli. Crea le condizioni per relazioni alla pari tra uomini e donne, per la fine di ogni violenza maschile nei nostri confronti.

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Un Osservatorio interreligioso sulla violenza di genere
Paola Cavallari

Cosa ha a che fare il 25 novembre con le religioni? Molto, perché la sopraffazione sessista delle religioni – sul piano sia dottrinale sia pastorale – ha ricadute innegabili sul piano dei costumi e dei comportamenti nella società. Nel suo libro «Cristianesimo e violenza contro le donne» (che nella prima edizione portava il suggestivo titolo «Lacrime amare»), la teologa e pastora battista Elizabeth Green ha analizzato con passione ed efficacia i nuclei costituitivi della misoginia presente nella tradizione ebraico-cristiana e le strutture di dominio maschile e occultamento del femminile all’interno delle Chiese.

Nell’introduzione alla seconda edizione l’autrice dà anche ampio spazio e rilevanza alle iniziative antisessiste promosse dalle donne all’interno del Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC), come il Decennio ecumenico delle chiese in solidarietà con le donne (1988-1998).

Attualmente il CEC è fra i promotori delle “16 giornate di mobilitazione contro la violenza sessista”, che prendono avvio il 25 novembre (Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne) e terminano il 10 dicembre, Giornata mondiale dei diritti umani. In Italia è impegnata su questo fronte la Federazione donne evangeliche italiane (FDEI), che ogni anno cura un Quaderno di approfondimento (per il 2017, “Io non sono come quelli…!)”.

Un’iniziativa di fondamentale importanza è poi rappresentata dal documentoContro la violenza sulle donne. Un Appello alle Chiese cristiane in Italia”, sottoscritto a Roma il 9 marzo 2015 da dieci Chiese cristiane: in esso la violenza contro le donne è definita un’«emergenza […] che interroga anche le Chiese e pone un problema alla coscienza  cristiana», e si prende atto che alla tragedia in atto le chiese non possono più sottrarsi. Non mancano però, in questo testo, alcune ombre; se infatti la sua ideazione nasce fra le donne del mondo evangelico, le anime dell’ispirazione originaria sono state cancellate: le firme sono tutte di uomini, e manca qualsiasi presa d’atto della corresponsabilità storica delle istituzioni religiose nell’elaborazione di una cultura sessista.

Per rilanciare l'Appello e porre rimedio alle sue lacune, il Segretariato attività ecumeniche di Bologna – in collaborazione con la Fondazione per le Scienze religiose Giovanni XXIII (Fscire) – ha organizzato nel 2016 e nel 2017 due Tavole rotonde interreligiose, dedicate alla relazione tra religioni e violenza contro le donne, a cui hanno partecipato studiose ed esperte appartenenti a diverse confessioni, comunità e aggregazioni.

Da questo lavoro è nata, dal maggio 2017, l'iniziativa di avviare un Osservatorio interreligioso contro la violenza sulle donne, che fin dall’inizio ha raccolto il parere positivo delle pastore Letizia Tomassone e Gabriela Lio, del pastore Massimo Aprile e della presidente della FDEI Dora Bognandi. Il percorso è appena all'inizio, ma l'obiettivo è chiaro: quello di contribuire, come donne e uomini, all'impegno di tanti nel contrasto alla violenza di genere, partendo dalla conversione rispetto a ciò che nelle teologie e nelle diverse prassi religiose e/o spirituali offende la dignità delle donne.

Va sottolineato il fatto che l’Osservatorio è interreligioso e non solo ecumenico, caratterizzato quindi dalla prospettiva inclusiva a cui la teologia femminista è sempre molto attenta, e dalla consapevolezza che la questione tocca in modo trasversale tutte le religioni.

 

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