Ester che capovolge il destino
Al centro della XXX Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei (17 gennaio 2019) c’è un piccolo libro della Bibbia in cui una ragazza che porta due nomi e appartiene a due mondi salva il suo popolo mettendo sottosopra la storia. E il Santo Benedetto la sta a guardare.
Ester, con il ritmo e l’andamento di una fiaba d’Oriente, racconta del destino e del suo capovolgimento, racconta del desiderare degli uomini, e di una ragazza che può scegliere, o sottrarsi alla scelta, di aprirsi e dare realtà a un pensiero di salvezza, che potrebbe anche non riguardarla in prima persona data la sua posizione, ma dal quale dipende la sopravvivenza del suo popolo minacciato di sterminio.
Quanto mai felice dunque la scelta del libro di Ester per la celebrazione della giornata ebraico-cristiana, vista anche la ricorrenza narrativa di un’immagine centrale, quasi archetipica, dell’incontro e dell’amicizia: essere alla stessa tavola.
Sono più d’una le tavole conviviali in Ester:
-
la prima, esibita, è quella a palazzo, per celebrare e ostentare la magnificenza del re (ed è molto probabilmente tutta al maschile, tranne che per quanto attiene al servizio di sala);
-
la seconda, appena accennata e tutta al femminile, è quella alla quale la regina Vasti ha invitato le donne, e che usa per negarsi al re che vorrebbe mostrarla ai suoi ospiti. La tavola delle donne dice la separatezza dei mondi, ma è anche l’occasione per la moglie Vasti di smarcarsi, e confermare d’essersi smarcata, dalla subalternità considerata naturale al marito re; ancora, Vasti antepone i doveri di ospitalità che le competono al dovere di obbedienza, che pure le compete ma che la farebbe mancare a quelli di ospitalità (!);
-
le altre due tavole, miste, sono di Ester. A Ester ne occorrono due, la storia che la riguarda è complessa, quello che è in gioco non può esaurirsi in una mossa soltanto, va costruito e seguito con cura. Alla prima tavola, nel primo banchetto, Ester fa in modo che vada in scena il fraintendimento; alla seconda, nel secondo banchetto, lo spezza e apre alla verità, dei fatti e del fare, delle intenzioni e dei comportamenti.
Le due tavole di Ester sono il luogo, il tempo, l’occasione per svelare l’equivoco e uscirne, in modo che la verità emerga e le cose vengano ribaltate, cambiando corso.
In effetti la storia cambia e diventa un’altra storia.
Come una stella, come i Volti nascosti di Dio
Ma chi è questa ragazza che si chiama Ester? Ester è in realtà l’ebrea Hadassa, che significa ‘mirto’ (pianta legata al femminile in quanto simbolo della vita, nella sua dinamica non oppositiva ma circolare di nascita e morte, luce e buio); sarà chiamata Ester quando verrà introdotta alla corte persiana per diventare regina.
Hadassa-Ester: dal suo doppio nome la ragazza è bene-detta e il suo nome bene-dice (nel senso che lei lo dice bene, ne fa esistenza, e ne farà anche benedizione per altri).
Doppio nome, doppia esistenza, doppia appartenenza, a mondi disomogenei e contrapposti: l’impero persiano e il popolo ebraico, all’interno dei quali lei è chiamata a essere la regina di un re che si attribuisce caratteristiche divine e figlia di un popolo che non riconosce altro re che il Vivente invisibile e innominabile che ha fatto il cielo e la terra.
Ester segue il percorso della sua stella e lo compie: nel suo nome infatti risuona “stella”, risuona anche Ishtar, l’antica dea assiro-babilonese tanto della fertilità e dell’amore quanto della guerra; e le tre radicali s-t-r sono le stesse del verbo ebraico “nascondere”. Ritornano, in circolo, visibilità, splendore e ombra, luce, potenza e sparizione.
‘Io mi nasconderò’ vuol dire Ester; e il nascondimento sarà una delle cifre, forse la più importante, del suo esistere, secondo il movimento dei corpi celesti, che ora si mostrano e ora si celano, muovendo, in un caso e nell’altro, significati profondi e comportamenti diversi.
‘Hester Panim’ è il Volto, anzi, visto che trattasi di termine solo plurale, i Volti nascosti di Dio. Così Ester è uno, o alcuni, dei volti nascosti di Dio.
Ester fa i passi che si sente di fare e che sente di dover fare, e così facendo salva la vita – ma anche questo termine è solo plurale in ebraico – e quindi vite, le vite.
Non è scritto della fecondità di Ester, non è scritto abbia messo al mondo vite nuove; le vite, Ester, le salva, trattiene nel mondo vite minacciate di finire anzitempo e in modo violento. E cambia così la storia, fino a capovolgerla.
Ester, nome di ragazza, è il titolo di un piccolo libro biblico in cui il paradigma del capovolgimento si gioca appieno: chi minaccia morte la subirà, che vuole emergere sprofonderà, chi vuole essere riverito sarà sbeffeggiato, chi non aveva destino lo troverà, chi doveva essere ammazzato non solo non morirà ma ammazzerà a sua volta (verrebbe da dire che l’ambiguità della legittima difesa ha radici lontane…)
È un sottosopra radicale, che resterà nella storia e nei riti, non solo degli ebrei, a inaugurare e reclamare il tempo dei capovolgimenti, Purim, La Sorte (qualcosa di molto affine a quello che dalle nostre parti è stato chiamato “carnevale”) per sfidare il mondo, anche solo in via temporanea, a darsi una forma e una misura che facciano esplodere lo squilibrio, gli squilibri interni.
Ester è anche un libro senza Dio, nel senso che non vi compare il tetragramma, il santo nome, il nome del Santo Benedetto. Probabilmente perché ha preferito stare a guardare: d’altra parte, pare sia stata una delle motivazioni decisive per farsi creatore, quello di avere l’occasione di vedere le storie che avrebbero messo al mondo, le creature alla quali avrebbe dato vita, vite.
Credo che Ester non l’abbia deluso.
A proposito di questo blog