Diacone e diakonie? Idee poche e confuse
È stata pubblicata in data 4 dicembre una Sintesi del lavoro della seconda Commissione di studio sul diaconato femminile. Un commento a caldo
È stata pubblicata in data 4 dicembre una Sintesi del lavoro della seconda Commissione di studio sul diaconato femminile. È indirizzato a papa Leone come contributo per chiarire aspetti che invece non chiarisce affatto. Anche se si commenterebbe da solo, offriamo anche noi una prima veloce reazione collettiva, speriamo chiara, anche se scritta a più mani. Crediamo in questo modo collettivo di lavorare.
Mentre il Documento finale del Sinodo sulla sinodalità al n. 60 dichiara aperta la questione e mentre ormai i lavori delle due Commissioni che si sono succedute sembravano rimanere in un limbo bagnato dal Lete della dimenticanza, ecco che arriva una Sintesi dei lavori della seconda, già resa anche dai media Vaticani con un sonoro «NO al diaconato femminile».
Resta anche il giallo sulla prima Commissione: perché è stata chiusa e sostituita da un’altra? Il suo documento integrale si può leggere o farà la fine di altri documenti, già ampiamente commentati, fra gli altri da Moira Scimmi?
Nonostante stiano arrivando commenti puntuali, come quello di Andrea Grillo e di Linda Pocher, e reazioni sui social di colleghe e colleghi, scriviamo anche noi, perché il silenzio, magari semplicemente motivato dal fatto che stiamo lavorando ad altri progetti e su altre diakonie – il documento usa la lettera kappa… – non venga inteso come mancanza di idee, inadeguatezza di reazioni o paura. Né vorremmo essere tacciate di «prudenza», se è prudenza intesa nel modo in cui è utilizzato dalla Sintesi, che assomiglia di più a quella di don Abbondio che a quella evangelica di fra’ Cristoforo, per rimanere su esempi manzoniani e maschili.
Sì, perché anche a una prima e rapida lettura emergono diversi punti veramente eccepibili, fra i quali emerge una ossessione sulla maschilità, peggiorata dalla nuzialità nonché dalla somiglianza naturale, caduti già nell’Ordinatio sacerdotalis del 1994.
Argomentazioni anacronistiche e/o fallaci
La questione merita qualche parola in più. La Commissione dice d’aver ricevuto molto materiale dal Sinodo e d’averlo letto attentamente. Riporta per esempio la seguente sintesi:
«L’argomentazione che poggia sulla mascolinità di Gesù Cristo è vista come una visione sessista e ristretta, che porta alla discriminazione delle donne. Secondo tali visuali la repraesentatio Christi dovrebbe non più essere legata a categorie di genere, ma mettere al centro la mediazione ministeriale della salvezza attraverso uomini e donne».
La Commissione, invece, ha seguito un indirizzo teologico molto diverso:
«La mascolinità di Cristo, e quindi la mascolinità di coloro che ricevono l’ordine, non è accidentale, ma è parte integrante dell’identità sacramentale, preservando l’ordine divino della salvezza in Cristo. Alterare questa realtà non sarebbe un semplice aggiustamento del ministero ma una rottura del significato nuziale della salvezza».
Su questo punto la Commissione si è spaccata: 5 voti per conservare questo passaggio, 5 voti per cancellarlo. I 5 contrari si sono opposti a un testo che contraddice Ordinatio sacerdotalis laddove non riprende l’argomento della somiglianza naturale tra il maschio e la maschilità del Gesù storico a fondamento della riserva maschile.
Paolo VI in Inter insigniores (1976) aveva insistito molto sulla necessità del sesso maschile per agire in persona Christi, ma Giovanni Paolo II ha superato quell’argomento, affermando che non era fondamentale nemmeno per Paolo VI. «Come successivamente precisò il papa Paolo VI, “la ragione vera è che Cristo, dando alla Chiesa la sua fondamentale costituzione, la sua antropologia teologica, seguita poi sempre dalla Tradizione della Chiesa stessa, ha stabilito così”».
In altri termini, Giovanni Paolo II in Ordinatio sacerdotalis ci sta dicendo che lo stesso Paolo VI considerava la ragione vera della riserva maschile solo la Tradizione.
Quanto alla nuzialità, si deve aggiungere che l’interpretazione dell’eucaristia e del ministero in termini nuziali è, al massimo, metaforica, non certo reale. D’altra parte, se il ministro ordinato deve essere maschio perché sposo, c’è da chiedersi perché la Chiesa, cioè l’assemblea, può essere plurale e di maschi e femmine. L’argomento è quanto meno contraddittorio.
La storia, la teologia, la pastorale
Anche l’ottica con cui è letta la storia è molto ristretta: se è l’opinione, peraltro non unanime, dei componenti della Commissione, sarà ancora sottoposta a vaglio critico. In essa soprattutto un aspetto, oltre all’ottica anacronistica con cui vengono lette le posizioni di donne e uomini nei secoli passati, è inaccettabile: la differenza fra diverse Chiese sarebbe un limite? In questo modo verrebbero a cadere molti punti cari al cattolicesimo, compreso quello del primato della sede romana – legata a Pietro e Paolo, non al solo Pietro e in senso teologico, non di successione quasi ereditaria, come se il vescovo di Roma fosse banalmente un nuovo Cefa/Pietro...
Comunque, giustamente, si rimanda alla teologia, perché nessuna/o ha mai pensato di fare riesumazioni archeologiche. Ci starebbe anche la pastorale e le esigenze delle comunità: ma queste forse si è pensato di rimandarle alla famosa diakonia (con la kappa, appunto) battesimale, alla dimensione mariana e ai ministeri istituiti: peccato che non fosse questo il tema che la Commissione doveva affrontare.
Diaconi ed ecumenismo: di male in peggio
Almeno altri due aspetti vanno commentati: come può questa Commissione e chi la presiede parlare, come ha fatto, del diaconato in generale? Come si è permessa di trattare i diaconi da sacrestani? Non starà per caso commentando uno dei tanti aspetti del clericalismo? Sappiamo che sono colti e, infatti, dicono d’aver consultato molti studi: ci permettiamo di rimandare qui solo a quello di Serena Noceti, Servire l’umanità, servire la Chiesa. Una proposta teologica e pastorale sul diaconato (Queriniana, Brescia 2025), pienamente nel solco del Vaticano II (ma forse la Commissione non lo condivide?).
La prospettiva ecumenica, poi, non è assolutamente pervenuta: potrebbe essere interessante paragonare il «punto cattolico» qui presentato con la Comunione anglicana, e la sua primate Sarah Mullally (cf. l’articolo di Selene Zorzi) ma forse la Commissione non è interessata all’ecumenismo?
Comunque lo dice chiaramente: non si voleva dire una parola definitiva, ma solo dare una mano a papa Leone, un piccolo cadeau natalizio. Aggiungiamo anche il nostro, sperando in ampie diaconie di pace.