Di fronte alla perversione del potere
In dialogo con una riflessione di Marcello Neri a proposito degli abusi sessuali che, come ha scritto papa Francesco, sono sempre anche abusi di potere e di coscienza: forse la Chiesa può uscire dall’ "incapacità paralizzante nel far fronte al proprio fallimento" ascoltando le voci e l’esperienza delle donne.
In un illuminante breve scritto su Settimana News dal titolo La Chiesa e gli abusi, Marcello Neri propone una delle riflessioni secondo me più significative e interessanti sulla “tempesta perfetta” che si è abbattuta sulla Chiesa in particolare in questa estate.
Riassumendo qualche punto del suo ragionamento: la fine del potere temporale della Chiesa fa trasmigrare la sua forza nello spirituale, nutrendo una logica istituzionale in cui «tutto è giustificabile per proteggere tale assolutismo dell’immunità. E questa macchina, non meno di quella bellica, inizia inesorabilmente a produrre le sue vittime». Fino a «trovarsi davanti all’abisso dell’auto-annichilimento per mancanza di strutture che sappiano governare la violenza distruttiva del potere […]. Si apre così un vortice che risucchia ogni cosa: dal corpo violato della vittima alla patologia del perpetratore, dal mondo fittizio e parallelo che l’immunità permette di costruire alle logiche di sottomissione assoluta al potere come rituale di iniziazione a esso. Una matassa inestricabile che la Chiesa si trova oggi tra le mani, senza sapere bene da dove iniziare per riemergere da questa perversione del potere».
Clericalismo, ovvero la costruzione dell’immunità
Di fronte a questa matassa inestricabile, ecco il gesto di Francesco che scrive una Lettera al popolo di Dio: una chiamata di corresponsabilità, nel problema e nella ricerca di una soluzione. Gli abusi (sempre definiti nella Lettera «sessuali, di potere e di coscienza») sono la gravissima punta dell’iceberg di una malattia ancor più diffusa e che richiede una cura di tutti, che Francesco chiama clericalismo e che nella logica della riflessione di Neri è la pervasività dell’autocomprensione di una struttura incapace di verificare la propria gestione di potere e che riguarda tutti, a diversi livelli.
Ancora Neri: «Il travaso della violenza giustificata, insita nella forma temporale del potere, all’interno dello spirituale, compiutosi per necessità a fine Ottocento senza sorveglianza alcuna, rimane il grande impensato di tutta la gestione attuale degli abusi nella Chiesa cattolica. Ha prodotto mentalità diffusa e legittimazione indebita di strategie di accaparramento del potere camuffate da vite ministeriali. Ma ha anche prodotto una sorta di incapacità paralizzante nel far fronte al proprio fallimento, immaginandosi una garanzia di immunità che avrebbe preservato, in ogni caso, qualcosa come un’essenza della Chiesa».
Da dove partire per pensare l’impensato?
Occorre dunque cominciare a pensare (e a agire) l’impensato: e da dove cominciare?
Se la regola è imparare dalle periferie, forse incominciare proprio da coloro che in questa struttura hanno avuto meno voce, meno potere, e sono state più spesso nell’esperienza delle vittime: nella Chiesa, certamente le donne.
Emblematico il caso della Chiesa americana, dove l’unico frammento di credibilità ancora abitabile è rappresentato dalle religiose: donne che si sono confrontate, anche con estrema fatica, tra di loro (le religiose americane non sono tutte uguali, non hanno tutte lo stesso orientamento…), ma soprattutto hanno avuto confronti duri con l’istituzione ecclesiastica. Donne che si sono confrontate da molto tempo, più che nella vecchia Europa, con una società che ha fatto dei diritti individuali una sorta di fondamento della vita e dell’identità della nazione, in un paese dove le prassi legate alle questioni del genere sono oramai una abitudine. Forse hanno già “vissuto” qualcosa di impensato…
Ricominciare dalle donne (dall’ascoltarle, innanzi tutto) può essere in un tempo così complesso una risorsa fondamentale per le Chiese: non solo per evitare gli abusi e il silenzio/immunità su di essi, ma anche per cominciare a fare qualche conto con il potere e con la sua governabilità.
Le donne, e le religiose in particolare, conoscono il potere che non si mette in discussione perché si auto-considera intoccabile e inamovibile, sacro. Magari alle volte lo invidiano, spesso ne sono soggiogate. Ma conoscono anche una fedeltà che da secoli getta il cuore oltre l’ostacolo con l’unico onore di aver servito. Forse senza merito alcuno, perché, per loro, spazio non c’era.
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