Da femminile a femminista, grazie alle relazioni ecumeniche
Anche quest’anno il primo venerdì di marzo si è celebrata la Giornata mondiale di preghiera, un’iniziativa ecumenica internazionale di donne. Ed è proprio nell’esperienza ecumenica che può succedere di sperimentare che “femminismo” è una parola importante, perché sostiene nelle difficoltà, spinge al coraggio evangelico, apre al dialogo.
Nel mio cammino di donna laica mi ha sempre fatto problema la parola femminismo. Ad essa ho sempre preferito l’aggettivo femminile, dal sapore di moderazione che si adattava bene alla mia persona sempre composta. Il termine femminista, nell’attuale pensiero collettivo, è ancora troppo legato a un immaginario di rivendicazione, nonostante i numerosi sforzi, da parte delle donne, di risignificarlo nell’oggi. Nel mio percorso di donna, all’interno della tradizione cristiana in cui vivo, mi sono spesso domandata come camminare in serenità senza ritrovarmi l’etichetta “femminista”: «Non diventerai come lei, vero?» – mi dicevano i miei colleghi di studio, riferendosi a una bravissima docente di teologia.
Un ordinario svantaggio…
Il mio essere donna cattolica – soprattutto in quanto laica – ha portato con sé alcuni “svantaggi”, come la difficoltà di relazione con alcuni colleghi di studio – molto spesso uomini religiosi o sacerdoti – che vedendo una donna giovane si prendevano alcune libertà non rispettose della mia persona; difficoltà poi risolte grazie alla forza e al coraggio di zittire quegli atteggiamenti e grazie all’alleanza solidale con una collega luterana che condivideva il mio percorso di studi ecumenici.
Per questo e altro mi sento in sintonia con tutte le donne che vivono e respirano all’interno delle diverse Chiese e che toccano con mano quanto sia difficile a volte far cadere le barriere di chi preferisce vivere nel proprio “porto sicuro”, preferendo non avventurarsi nell’ignoto, preferendo non orientare le proprie vele, impedendo così allo Spirito che fa verità di agire.
… e una straordinaria bellezza
Poi, la scoperta dell’esistenza dei cammini ecumenici che le Chiese vivono e che ha cambiato radicalmente il mio modo di abitare gli spazi ecclesiali (a partire dal mio) e la modalità di respirare Dio.
Con il Segretariato attività ecumeniche (Sae) sono arrivate le frequentazioni delle celebrazioni ecumeniche – come la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani o la Giornata mondiale di preghiera delle donne, appena vissuta – dove si rendono evidenti la bellezza della diversità e una libertà non costretta da rubricismi: negli incontri si respira un clima sereno, in cui anche una donna laica come me può avere la gioia di salire all’ambone a proclamare il Vangelo o addirittura predicare la Parola. Un luogo in cui ospitalità e inclusione sono sempre presenti; un luogo in cui fare “esperienza del diverso” e in cui ogni piccola regola presente nella propria Chiesa cade perché ci si rende conto che si può “respirare Cristo” in ogni luogo o celebrazione che trascenda schemi definiti.
Sulla scorta di donne che mi hanno preceduto – si pensi a Maria Vingiani, fondatrice del Sae – ma anche delle attuali teologhe (che sono prima di tutto donne!) presenti nel panorama italiano (ma non solo), apprendo con pazienza – e non senza fatiche – un coraggio che ogni donna dovrebbe coltivare: un coraggio evangelico che spinge all’azione, al pensiero, alla parola, all’incontro e al confronto. Si vive all’interno di cammini di dialogo e di critica costruttiva con chi è altro rispetto a noi; si vive la bellezza di prendere parte a quel processo definito riconciliazione delle memorie, attivando processi di guarigione che trasformino il ricordo delle ferite del passato in stimolo per il cammino presente; si vive la bellezza di lavorare per un’unità nella diversità riconciliata che vive e persegue la visione ecumenica, mostrandosi risorsa preziosa anche per il cammino delle donne nelle Chiese.
E allora scommetto sul femminismo
Svariati ostacoli così come molte aperture hanno costellato e caratterizzano tutt’ora il viaggio della mia esistenza all’interno della Chiesa, ma oggi decido di scommettere anche io su questo termine – femminismo – così carico di storie; un termine che segnala la variegata complessità della ricerca teologica delle donne e che fa emergere i cosiddetti “femminismi”, al plurale. In questo percorso di riscoperta ci voglio stare, così come scommetto su un’esistenza cristiana dialogante, rimanendo nel solco della mia tradizione per comprenderla meglio in tutte le narrazioni – anche quelle più difficili – che la abitano, ma andando anche oltre per incontrare e camminare insieme a chi è portatore di una tradizione altra, per avere nuovi occhi e condividere nuovi orizzonti.