A proposito di Legge Merlin: Elisa Salerno e le donne tradite
C’è chi, approfittando del clima pre-elettorale, in queste settimane torna a promettere l’abolizione della legge che chiuse le “case di tolleranza”. E c’è chi, invece, torna a dire che la prostituzione oggi più che mai ha a che fare con la violenza. È questo che pensava, più di sessant'anni fa, Elisa Salerno: una femminista cristiana che sostenne la battaglia della senatrice socialista Luisa Merlin e che pagò a caro prezzo le sue battaglie per la dignità delle donne.
In tempi di sfibrata campagna elettorale, nei discorsi di diversi politici riemerge la proposta di riaprire le “case di tolleranza”, riscuotendo ampi consensi da parte di chi pensa di “risolvere” il problema della prostituzione nascondendolo nelle case. Viene alla mente ciò che su questo argomento scriveva Elisa Salerno, femminista cristiana vicentina vissuta tra Ottocento e Novecento, il cui pensiero conserva (purtroppo) molti tratti di attualità nonostante il grande cammino fatto dalle donne in questi ultimi decenni.
Nel 2015 il Coordinamento teologhe italiane ha ripubblicato, con il titolo Le Tradite. Prostituzione, morale, diritti delle donne, il testo che Elisa Salerno, dopo una prima stampa avvenuta nel 1937, custodì per molti anni prima che uscisse nel 1950 con lo pseudonimo di Maria Pasini. Le donne del libro della Salerno sono “tradite” più volte: dall’uomo che diceva di amarle e che poi era sparito dalla loro vita lasciandole spesso con un figlio da crescere; dalle famiglie che non avevano offerto loro una possibilità di riscatto e nuova vita; da una società che le usava e, nello stesso tempo, fingeva di non vederle; e soprattutto da una Chiesa incapace di dare difesa e cura, ma anzi colpevole di una doppia morale nei confronti degli uomini e delle donne.
Molto spesso queste donne finivano nell’abisso della prostituzione, in quelle “case chiuse” che, nel libro, l’autrice condanna in modo totale e dettagliato, facendo ampio riferimento anche alla proposta di legge presentata in Parlamento nel 1948 dalla senatrice Merlin, poi approvata nel 1958, un anno dopo la morte della Salerno.
Sicuramente il tema rimane complesso e il pensiero non è univoco nemmeno tra le donne; l’approfondimento deve essere serio e onesto, senza cadere in facili moralismi ma anche senza dimenticare che la fisionomia della prostituzione in pochi decenni è profondamente cambiata se, come denunciato recentemente dalla Caritas, sulla strada ci sono oggi dalle 50 alle 70 mila ragazze giovanissime, quasi tutte minorenni e quasi tutte schiavizzate. Da Elisa Salerno possiamo imparare che è responsabilità di ognuno e ognuna prendere la parola per denunciare questa e ogni altra forma di violenza, sostenendo chi ne è vittima.
Una lavoratrice del pensiero...
Vale la pena, da questo punto di vista, soffermarsi sul percorso esistenziale di questa femminista cristiana (alla quale è stata recentemente dedicata una voce nel Dizionario biografico degli italiani della Treccani). «Sento di appartenere ai lavoratori del pensiero…», confidava in una lettera al padre, ben consapevole che ciò non corrispondeva alle aspettative comuni rispetto al ruolo di una donna del suo tempo, ma segnando così il percorso che avrebbe seguito per tutta la sua vita.
Nata a Vicenza il 16 giugno 1873 da una famiglia abbastanza agiata, sesta di nove figli dei quali sopravvissero solo lei e una sorella, manifestò fin da giovane un’intelligenza brillante e uno spirito assetato di conoscenza. Avrebbe desiderato studiare, «diventare maestra o professoressa», ma una salute cagionevole la costrinse a interrompere gli studi in terza elementare per poi riprenderli a 15 anni, completando la quinta elementare.
Studiò però tantissimo da sola imparando il latino, il francese e il tedesco; approfondì anche la filosofia e la teologia, a quei tempi precluse alle donne. Divorò libri su libri e arrivò a capire quale sarebbe stata la missione della sua vita: l’impegno per la liberazione della donna.
Individuò non solo negli uomini, ma spesso nelle stesse donne e, soprattutto, nella Chiesa, i colpevoli di un modo di pensare, scegliere e agire che privava la donna dei suoi diritti fondamentali. Per lei, ridare dignità alla donna era una questione di giustizia non solo per le donne, ma soprattutto per l’intera società. Le sue armi erano il pensiero, la parola, la penna e una tenacia incrollabile nel lottare per una causa per lei imprescindibile, anche se le procurava «una sofferenza fino allo spasimo».
Nel 1910 riuscì a realizzare, con l’aiuto e il sostegno del padre, il sogno di dare alle stampe un giornale tutto suo, La donna e il lavoro, chiuso però nel 1917 perché privato della qualifica di “foglio cattolico” a causa dei temi che trattava. Anche il secondo giornale, Problemi femminili, pubblicato dal 1918, dovette chiudere nel 1927 per le censure prima ecclesiastiche e poi fasciste.
...«nata troppo presto»
Elisa Salerno rimase fino agli ultimi giorni della sua vita una “lavoratrice del pensiero” continuando a studiare, a pubblicare romanzi, opuscoli, saggi, tenendo conferenze e scrivendo centinaia di lettere ad autorità civili, vescovi, cardinali, pontefici, che rimasero, quasi sempre, senza risposta.
Ogni suo scritto è legato al filo conduttore della sua vita: denunciare le assurdità delle condizioni e delle ingiustizie subite dalle donne. Addolorata, in modo particolare, «dall’antifemminismo della Chiesa» di cui, pur non mettendo in discussione la santità, denunciava l’infedeltà alla verità del Vangelo, che è fondamento della dignità della donna, proprio dalla Chiesa ricevette le sofferenze più forti: non ascoltata, anzi spesso svilita e umiliata, dovette rimanere lontana dai sacramenti per alcuni periodi pur mantenendo intatta la propria fedeltà. «Nei momenti di sconforto, il pensiero di Dio basta a sostenermi... Gesù Cristo è la mistica fune che mi tiene legata all’albero della Chiesa». In estrema povertà e solitudine morì a Vicenza il 15 febbraio 1957.
Di sé, Elisa Salerno diceva di essere «nata troppo presto»: certo questa affermazione conteneva l’amarezza di non essere stata accolta e capita nel suo tempo, ma può anche essere letta come un segno di speranza perché, pur presupponendo di non vedere dei risultati, apre alla fiducia in un futuro diverso, rimanda alla necessità di un continuo impegno per la realizzazione di nuove e pacificate relazioni tra donne e uomini.
- Il Fondo Archivistico Elisa Salerno è conservato presso il Centro documentazione e studi presenza donna, attualmente diretto da Donatella Mottin, che promuove e ripubblica le opere della pensatrice vicentina.
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