25 novembre /1 – La violenza contro le donne non è un raptus, ma una trama
Uno dei modi per cogliere l’aspetto sistemico della violenza contro le donne è quello di rilevarne gli effetti sulla salute della popolazione femminile. Parte da qui l’edizione 2020 del fascicolo «Sedici giorni per vincere la violenza», curato come ogni anno dalla Federazione delle donne evangeliche italiane.
Sedici giorni per vincere la violenza è il titolo di un fascicolo prodotto dalla Federazione delle donne evangeliche in Italia (FDEI), fondata nel 1976 per «testimoniare la liberazione di Cristo per ogni creatura umana, con particolare riferimento alla condizione femminile nella Chiesa e nella società». I sedici giorni di cui parla il dossier vanno dal 25 novembre, Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne, al 10 dicembre, Giornata mondiale per i diritti umani – due temi che appaiono, sebbene con enfasi diverse, nella recente enciclica Fratelli tutti (sic).
Nel lontano 1998 il Decennio ecumenico delle Chiese in solidarietà con le donne si concluse con una richiesta molto specifica: che le Chiese riconoscessero che la violenza maschile contro le donne è peccato e che s’impegnassero per superarla. Sebbene il Decennio riguardasse maggiormente l’area anglicana, riformata e ortodossa, cinque anni fa – di nuovo grazie in parte all’impegno della FDEI– la Chiesa cattolica firmò, insieme alla Chiesa ortodossa e alle varie Chiese protestanti della Federazione, un appello contro la violenza sulle donne, impegnandosi a lavorare per eliminarla.
I Sedici giorni, prodotto a partire dal 2007, si presenta come strumento per attuare questo impegno, dando corpo alla parola data. Affronta ogni giorno un tema diverso abbinandovi un versetto biblico, un breve commento, una preghiera nonché un film intorno al quale imbastire una riflessione.
Quest’anno il fascicolo non si ferma a una discussione generica dei molti aspetti della violenza maschile sulle donne ma prende di petto – alla luce della pandemia in corso – la salute delle donne. Sappiamo che i casi di violenza domestica sono aumentati durante il lockdown quando le donne erano costrette a rimanere a casa accanto a uomini violenti. Sappiamo anche che durante la pandemia le donne pagano un prezzo maggiore degli uomini: da una parte vedono aumentare il lavoro di cura svolto gratuitamente in ambito domestico (chi segue i bambini e le bambine alle prese con la DAD?), dall’altra diminuire o venir meno il lavoro retribuito. Ma, si chiede la FDEI, che cosa accade alle donne in termini di salute? Non solo la violenza di genere provoca «numerosi problemi di salute fisica e mentale nella donna, sia immediati che a lungo termine, e il personale sanitario deve essere formato e preparato ad affrontarli», ma sembra che nel sistema sanitario nazionale (come in altre aziende) la carriera delle donne mediche sia decisamente in salita. Così tra i temi trattati dal fascicolo figura il nesso tra violenza di genere e depressione nonché tra violenza e disturbi alimentari.
Un nuovo sguardo su donne e uomini
Ciò che emerge è un quadro molto sfaccettato della violenza di genere e la consapevolezza marcata della natura sistemica della violenza maschile alla quale le donne sono soggette. La violenza agita su moglie e figli/e non nasce da raptus momentanei di uomini solitari ma è l’espressione di una trama che attraversa il tessuto sociale.
In altre parole, la violenza sulle donne che le Chiese si sono impegnate a superare «con un’azione educativa e pastorale profonda e rinnovata» ha molte facce: serve un approccio poliedrico che guardi criticamente il modo in cui pensiamo non solo le donne ma anche (e forse soprattutto) gli uomini.
Bisogna, cioè, superare gli stereotipi della “femminilità” di cui il simbolismo e le strutture delle Chiese sono spesso intrise. Sono importanti, quindi, le pagine che riflettono su “una sessualità consapevole”, sulla maternità “scelta, destino o obbligo?” o l’interruzione volontaria della gravidanza “sconfitta evitabile”. Non partono da una visione precostituita della femminilità, ovvero di ciò che secondo gli uomini la donna “deve essere”, ma da una visione aperta di essere umani in divenire: donne e uomini in grado, sotto lo sguardo amorevole di Dio e nella potenza dello Spirito di vita, di portare modifiche al proprio modo di essere. Solo così si possono spezzare le catene che tengono le donne legate ad un’oblatività distruttiva e che imprigionano gli uomini in una maschilità tossica.
Chiese: un impegno da mantenere
Sedici giorni è frutto di un’équipe di donne e di uomini attivi a diversi livelli nelle Chiese evangeliche dell’area federativa. Usando la salute come lente attraverso la quale guardare la violenza maschile sulle donne vengono evidenziate almeno tre cose.
In primo luogo, e detto molto semplicemente, che l’essere umano non è uno, bensì due. Spesso viene ignorato (oppure sottolineato a dismisura) che donne e uomini occupano luoghi diversi nella società e hanno uno sguardo diverso sul mondo, sulla Chiesa e sulla fede. Le Chiese devono smettere di guardare con occhi esclusivamente maschili e agire di conseguenza!
In secondo luogo, che la violenza maschile sulle donne è onnipervasiva. Se non tutte le donne hanno subito mutilazioni genitali (altro tema trattato dal fascicolo), ognuna, ovunque, porta “il segno del potere patriarcale” nel proprio corpo. Non solo, ma quel potere patriarcale investe, certamente in modo diverso, anche il corpo degli uomini.
In terzo luogo, che il Vangelo è una buona notizia per donne e uomini e nelle loro lotte per eliminare la violenza di genere. Il Vangelo, però, è stato affidato a Chiese che appartengono allo stesso tessuto sociale che ha generato la violenza sulle donne. Esso stesso va liberato dai residui di dominio maschile.
Da mesi la pandemia ci costringe a vivere in uno stato emergenziale. Secondo l’appello delle Chiese cristiane in Italia anche la violenza contro le donne è un’emergenza nazionale. Eppure sembra che essa non venga percepita come tale. Da decenni le donne si sono mobilitate per superarla, cercando di coinvolgere le Chiese nel loro impegno. Perciò è ora che le Chiese mantengano la parola data e «agiscano per sradicare la pianta cattiva di culture, leggi e tradizioni che ancora […] discriminano la donna». Per farlo abbiamo bisogno le une delle altre e un punto di partenza o di ripartenza come quello fornito da Sedici giorni, scaricabile qui.