A colloquio con Florian Bieber, politologo e storico, esperto di relazioni interetniche, conflitti etnici e nazionalismo e insegnante di Storia e politica dell’Europa sudorientale presso l’Università di Graz. Gli abbiamo posto alcune domande a partire dalle notizie che dall’agosto scorso sono circolate circa una ridefinizione dei confini tra Serbia e Kosovo e uno scambio di territori.
In un periodo in cui il mondo ortodosso è interessato dalla perturbazione ucraina, nelle ultime settimane in Grecia si registra una tensione nei rapporti tra governo e Chiesa. Il motivo di quest’agitazione è stato l’intenzione del premier Alexis Tsipras – alla guida del partito di sinistra radicale Syriza, socio di maggioranza dell’attuale governo ellenico – di dare il via all’iter per la riforma costituzionale e di includere tra gli ordinamenti da modificare quello riguardante i rapporti tra stato e Chiesa.
Pierre Vignon è un sacerdote della diocesi di Valence (Francia) e giudice presso il tribunale ecclesiastico di Lione. A seguito della Lettera al popolo di Dio di papa Francesco del 20 agosto, ha deciso di scrivere (21 agosto) una lettera aperta, chiedendo le dimissioni del card. Ph. Barbarin, cosa di cui aveva parlato anche di persona col cardinale.
Il Consiglio dei 9 cardinali che coadiuvano papa Francesco nella riforma della curia romana ha perso tre membri; ufficialmente perché hanno raggiunto l’età della pensione. Tra gli assenti già alla riunione di settembre, è uscito definitivamente dal C9 il card. George Pell (77), prefetto della Segreteria vaticana per l’economia, in congedo già dal 2017 perché lasciato tornare in Australia a difendersi in tribunale da accuse di pedofilia.
Il 9 dicembre i peruviani sono stati chiamati alle urne per un referendum su 4 riforme costituzionali, proposte dal presidente della Repubblica, Martin Vizcarra, per combattere la corruzione, che nei mesi scorsi ha coinvolto i vertici dello stato. In vista della consultazione, Il Regno ha incontrato il card. Pedro Barreto Jimeno, arcivescovo di Huancayo e vicepresidente della Conferenza episcopale peruviana (CEP).
Oltre 8,5 milioni di cubani saranno chiamati il 24 febbraio alle urne per il referendum sulla riforma costituzionale che, varata in luglio dall’Assemblea nazionale del potere popolare e poi discussa in 135.000 assemblee sui luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle caserme ecc. (con la possibilità data ai cubani all’estero di esprimersi anche via Internet), tornerà in Parlamento all’inizio del 2019 per la stesura finale.
Una recrudescenza inaspettata di violenze, in questa fine 2018, contro sacerdoti e religiosi nell’Africa subsahariana, ma non solo. Se non si trattasse di paesi e contesti profondamente diversi, verrebbe da chiedersi se non ci sia un accanimento contro la Chiesa cattolica. Così non è, probabilmente; tuttavia è utile porsi qualche domanda.
Gli italiani pensano sia una buona cosa sostenere i popoli più poveri del Sud del mondo, ma poi, quando si tratta di mettere mano al portafoglio o d’impegnarsi in prima persona, alle intenzioni non seguono i fatti. È quanto emerge dall’indagine CENSIS «Missione, solidarietà internazionale e stili di vita degli italiani». Dall’indagine, che ha coinvolto uomini e donne dai 18 anni agli over 64, è emerso che per il 77% degli italiani è giusto aiutare i paesi del Sud del mondo.
A leggere il bel documento della Commissione teologica internazionale su La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa (Regno-doc. 11,2018,329; Regno-att. 12, 2018,334), si ha la rassicurante impressione che tutto sia teologicamente ben documentato e argomentato, pronto per essere accolto e attuato nella prassi pastorale delle Chiese. Ma, a una osservazione più attenta, sembra che dopo un fuoco iniziale, tutto vada a spegnersi, a esaurirsi perché ogni volta è come se lo scritto non avesse risorse adeguate per incidere e durare.
A margine del convegno ecumenico di Milano (19 - 21 novembre) sulla custodia del creato organizzato dall’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo della Conferenza episcopale italiana (CEI) in collaborazione con la Federazione delle chiese evangeliche in Italia, la Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia, la Diocesi ortodossa romena, la Chiesa apostolica armena, la diocesi di Roma del Patriarcato copto ortodosso e la Chiesa d’Inghilterra, abbiamo intervistato Peter Pavlovi, pastore della Chiesa luterana slovacca, membro della Conferenza delle Chiese europee (KEK) e segretario dell’European Christian Environmental Network (ECEN).
Esistono da tempo in Italia numerose realtà cattoliche che promuovono la pratica della preghiera silenziosa sotto forma di meditazione o preghiera interiore. Eppure, questa pratica silenziosa, che ha in realtà radici profonde nella tradizione monastica e mistica del cristianesimo orientale, è ancora spesso considerata in ambito ecclesiale una consuetudine spirituale elitaria o eccentrica, guardata magari con sospetto da chi la giudica frutto di pericolose derive sincretistiche, se non apertamente New age, o il risultato di un superficiale innamoramento per le filosofie orientali.
Con i suoi 15 milioni di morti, i milioni di invalidi, vedove e orfani, il 3 novembre del 1918 si concludeva uno dei più sanguinosi conflitti del XX secolo. A cent’anni di distanza, questa storia interpella ancora la coscienza cristiana: come è stato possibile? Una domanda che deve interpellare in prima persona i credenti perché, come ha ricordato il vescovo di Bolzano-Bressanone, mons. Ivo Muser, pastore di una terra che reca ancora oggi i segni di quegli eventi terribili, nella lettera Beati gli operatori di pace, durante quel conflitto «si fronteggiarono soprattutto cristiani e nazioni che con naturalezza si dicevano “cristiane”».
Nel settembre del 1938 Vittorio Emanuele III firmava il decreto che, allontanando gli ebrei dalle scuole pubbliche, avviava la serie dei provvedimenti razzisti del regime fascista. Numerose manifestazioni hanno ricordato l’80o anniversario di uno dei momenti più vergognosi della storia italiana. Alcune di queste iniziative hanno riguardato l’atteggiamento assunto in quel frangente dal mondo cattolico. In particolare nei giorni 19 e 20 novembre si è svolto a Roma il convegno «Chiesa, fascismo ed ebrei: la svolta del 1938», organizzato dalla Società Dante Alighieri in collaborazione con l’Università cattolica di Milano e l’Università per stranieri di Perugia.
Alla mole di studi e ricerche già disponibili messi in campo dalle donne, quest’anno, la collana «Teologhe e teologie», curata dal Coordinamento teologhe italiane su proposta della casa editrice Nerbini di Firenze per attraversare temi, momenti e figure della presenza femminile di ieri e di oggi nelle Chiese cristiane, della riflessione spirituale da cui questa presenza è scaturita e della teologia innestata di pratiche a cui dà origine. Una collana – spiega la presidente del CTI Cristina Simonelli – che vuole recuperare la genealogia in cui è radicato l’attuale lavoro delle teologhe, con «l’istanza etica del superamento dell’esclusione e l’anelito spirituale di un umanesimo degno di questo nome, che si dipani attraverso le differenze e si proietti oltre ogni confinamento».
Per la redazione delle Schede di questo numero hanno collaborato: Giancarlo Azzano, Giacomo Coccolini, Maria Elisabetta Gandolfi, Flavia Giacoboni, Niccolò Pesci, Valeria Roncarati, Domenico Segna, Paolo Tomassone.
Nella collana «Grandi opere» dell’editrice Queriniana era uscito nel 2011 a cura di R. Zimmermann il monumentale Compendio delle parabole di Gesù (pp. 1.608); ora, a distanza di 7 anni, sempre a cura dello stesso autore, esce un altrettanto esteso Compendio dei miracoli di Gesù (edizione originale Gütersloher Verlagshaus, Gütersloh 2013). Le due opere condividono molti criteri metodologici ed ermeneutici e formano come due grandi blocchi collegati tra loro. Si tratta con ogni evidenza di lavori collettivi, tuttavia non siamo di fronte a una raccolta di singoli contributi posti semplicemente gli uni accanto agli altri; il tutto risulta ben più intrecciato.
A riportarci nel Medioevo, quel lontano, meraviglioso pianeta, eppure ancora così presente tra noi con le sue architetture, con i suoi affreschi, con i suoi codici miniati, aiutano due volumi di Chiara Frugoni, storica medievale dalla consolidata fama internazionale, straordinari sia nell’introdurci, con il primo, nella camera da letto di due sposi e nel seguire la vita successiva del loro nascituro, sia nell’illustrare, con il secondo, la candida bellezza degli unicorni a cui fanno da contraltare i terribili draghi, oppure il grifone, la fantastica creatura con il corpo da leone e la testa d’aquila.
Sono vaticanista da più di quarant’anni: i primi sei a La Repubblica e il resto al Corriere della sera. Ho incontrato gente importante dentro i giornali, in Vaticano e per il mondo. In tanti anni di vaticanismo ho anche ottenuto vantaggi indiretti, che portano il risultato oltre il pareggio. Ho appreso l’arte di cercare e narrare storie di vita, che è un modo di amare l’uomo. Ho conosciuto un’etica severa del lavoro e della cittadinanza, che nel mondo dei media viene onorata anche quando non è seguita. Ho imparato l’umiltà. Ho avvicinato tanti uomini di Dio che mi hanno aiutato a credere e a restare umano.
Una peregrina, Graziella Olga Sidoli, che ha scelto di tornare a vivere nel nostro paese. Con Saggiminimi raccoglie articoli pubblicati già su Il Sussidiario, dove si manifesta quella «latinità anglosassone» che la contraddistingue. La voce della Sidoli è diversa, colta ma non boriosa, garbata nel suo naturale meticciato culturale: una voce che posa il suo sguardo sulle essenziali epifanie di tutti i giorni, ma anche sugli avvenimenti di portata internazionale.
Il volume risponde a un’esigenza indubitabile: studiare una delle personalità ecclesiali più originali della seconda metà del secolo scorso, la cui opera ha segnato in modo non episodico la vita della Chiesa del nostro tempo. Il volume dà conto di un convegno tenuto a Lugano nel dicembre 2017 e si sviluppa secondo le seguenti tappe. A un prologo, dedicato a ricostruire il contesto storico in cui il sacerdote lombardo si è formato e ha vissuto, seguono capitoli che indagano la sua antropologia teologica, le fonti, gli incontri, l’ecumenismo, la preoccupazione educativa, gli strumenti.
Con chiarezza e profondità argomentativa Villagrán restituisce la complessa diversificazione degli approcci e delle tendenze riguardanti la teologia pubblica. Egli riesce contestualmente a tracciare i confini pratici e applicativi di questo particolare ambito disciplinare, senza sacrificarne la portata critica e trasformatrice.
Nessuna sorpresa: il Pakistan, nell’ultimo rapporto delle Nazioni Unite sulla situazione socio-economica dell’Asia e del Pacifico, è agli ultimi posti per spesa per lo sviluppo e reddito pro-capite. Nel rapporto Shall I Feed My Daughter or Educate Her? (Dovrei nutrire mia figlia o istruirla?), diffuso in ottobre dall’organizzazione Human Rights Watch, si ricorda non solo un dilemma ricorrente nel paese, ma si profilano le coordinate di una situazione drammatica con 22 milioni di giovani esclusi dagli studi, per lo più di sesso femminile.
Il 16 novembre 2018, le Camere straordinarie presso i tribunali cambogiani (CETC) – il tribunale speciale istituito a Phnom Penh nel 2003 in base a un complesso accordo tra Nazioni Unite e governo della Cambogia –, hanno sentenziato una nuova condanna all’ergastolo per l’ex presidente del regime khmer rosso, Khieu Samphan. Con lui è stato avviato a una seconda carcerazione a vita Nuon Chea, noto come «fratello numero due», secondo solo a Pol Pot nella leadership del regime responsabile della morte di forse 2 milioni di cambogiani tra l’aprile 1975 e il gennaio 1979.
Diciannove martiri cristiani, uccisi in Algeria tra il 1994 e il 1996 dal Gruppo islamico armato, sono stati beatificati l’8 dicembre scorso a Orano, presso il santuario di
Notre-Dame di Santa Cruz. Papa Francesco ha inviato il card. Angelo Becciu, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, il quale, officiando il rito, ha dichiarato: «Di fronte alla violenza pur potendo andare via, questi fratelli scelsero di restare con la loro Chiesa». Siamo di fronte a una testimonianza che «offre la sua logica di misericordia a tutta l’Algeria».
Con questo dossier non ricordiamo solo il loro sacrificio e tra loro la speciale testimonianza di mons. Claverie, ma vogliamo andare alle radici del difficile dialogo tra islam e cristianesimo. Da questo dialogo, umano, culturale, teologico, dipende la comprensione dell’altro oltre che la coabitazione e la sopravvivenza delle comunità cristiane in tante aree a predominanza musulmana. «È probabile che il riconoscimento dell’altro sia alla radice della mia vocazione religiosa» aveva detto mons. Claverie un anno prima della sua uccisione.
Ripubblichiamo qui la nostra traduzione del 1996 (Nouveaux Cahiers du Sud, n. 1, gennaio 1996; Regno-doc. 17,1996,538) di un discorso che mons. P. Claverie pronunciò in Francia circa un anno prima della sua morte e che è ampiamente ripreso nel testo di J. Perènnes (cf. qui a p. 684).
La beatificazione di Pierre Claverie op (8.12.2018) e il suo ingresso nel Santorale dell’Ordine dei predicatori (secondo le ultime statistiche risulta così composto: 83 santi, 287 beati, 25 venerabili, 119 servi di Dio) ci riporta all’immagine della santità come venne pensata e promossa dalla gerarchia dell’Ordine, fin dalle origini (intendo dalla canonizzazione di san Domenico di Caleruega nel 1234).