Le questioni bioetiche nella "Laudato si'"
In un testo di così ampio respiro dedicato ai tema ecologico non poteva mancare una particolare attenzione ai problemi della bioetica. Se questa, infatti, è etica della vita e della salute, non può non essere interessata a interagire con la tutela di quell’ambiente in cui si manifesta l'esistenza e ogni criticità a essa correlata.
Proprio per questo, al di là delle singole
questioni affrontate, il rispetto per la vita, la sua tutela, l’attenzione alle
sue fragilità e marginalità esistenziali attraversano tutto il tessuto
dell’enciclica. Al tempo stesso essi si fondono con quella che, nelle classiche
ma forse fuorvianti distinzioni scolastiche, siamo soliti chiamare “etica
sociale”.
In tal senso mi sembra che l’enciclica abbia compiuto un passo avanti significativo, che andrebbe colto in tutta la sua portata e che ha caratterizzato molti dei precedenti interventi di papa Francesco. Mi riferisco al superamento di un certo “moralismo” o radicalizzazione assolutista sui temi della vita, quasi avulsi dal contesto in cui essa si colloca e sfocianti a volte in quella che potremmo definire bio-latria. Non si vive da soli, si vive con gli altri in una “casa comune”, come recita il sottotitolo dell’enciclica: ogni problema relativo alla vita umana non può che essere contestualizzato nella relazionalità umana ed ambientale in cui si colloca.
Un ulteriore motivo di interesse è poi il superamento di un certo antropocentrismo, che ha condizionato gran parte della riflessione moral-teologica dei secoli passati. Parlare della natura come valore in sé, del rispetto nei suoi confronti – non solo in funzione dell’umano ma soprattutto del divino –, vedervi l’opera del creatore e non solo uno strumento di fruizione per l’uomo, apprezzarne il valore estetico: un significativo balzo in avanti per la riflessione etico-teologica.
Nodi specifici
Più specificamente, poi, la Laudato si' tratta tematicamente alcune questioni bioetiche. Innanzitutto il valore della corporeità intesa come luogo della manifestazione del divino in noi, da riconoscere, apprezzare e curare fin dalla dimensione originaria della propria mascolinità o femminilità, rispondente a una diversificata vocazione divina più che a un’accidentalità biologica.
In secondo luogo, il problema degli OGM: si da un giudizio prudenziale intelligente ed equilibrato, senza sottovalutarne i positivi benefici per l’umanità ma evidenziandone al tempo stesso i rischi non solo e non tanto in termini di salute fisica quanto per le implicanze economico-sociali, specie per i Paesi più poveri.
Infine gli interventi sugli animali, anche questi visti alla luce di una loro effettiva e insostituibile necessità laddove non vi siano altri strumenti conoscitivi e applicativi per il bene dell’uomo, ma evitando ogni inutile sofferenza e nel rispetto delle condizioni attuative legittimanti tale intervento. Forse in quest’ambito si poteva estendere il discorso anche ai problemi correlati al vegetarianesimo nelle sue varie espressioni, alla caccia, agli zoo-bioparchi ma probabilmente il discorso, per quanto l’enciclica sia di ampio respiro, sarebbe andato oltre gli intenti.
Un grande affresco
Credo, comunque, che al di là dei singoli giudizi morali o delle soluzioni operative per i tanti problemi della bioetica contemporanea, l’enciclica vada letta con occhi e cuore diverso. È come una sorta di grande affresco in cui il bioeticista può trovare un nuovo slancio di studio e di ricerca, cui non sono estranee quelle componenti spirituali che possono portare – come dice il papa – a una “conversione ecologica”, aldilà del rigore etico-normativo di certe visioni morali del passato.