Il pianeta è nudo: la COP 23 sul clima
Si sa, spesso la verità esce dalla bocca dei bambini. Come nella celebre fiaba I vestiti nuovi dell’imperatore di Andersen, dove un ragazzino spezza l’incantesimo cortigiano quando riconosce la nudità del re facendo emergere la cruda realtà, così è accaduto nella recente COP23 di Bonn (6-17 novembre), ossia nella conferenza internazionale sul clima.
Il ragazzino si chiama Timoci Naulusala. Proviene da un villaggio delle isole Fiji, colpito lo scorso anno da un devastante ciclone. In assemblea ha candidamente raccontato ciò che ha dovuto subire a causa dei cambiamenti climatici:
«La mia casa, la mia scuola, la fonte del mio cibo, l’acqua, i soldi sono stati totalmente distrutti. La mia vita è nel caos. Il cambiamento climatico è qui per restare a meno che non facciate qualcosa».
Come sempre, la realtà è superiore all’idea.
I leader mondiali a confronto
Papale papale, è proprio il caso di dirlo, è giunto anche il messaggio di Francesco a ricordare che gli atteggiamenti della negazione, dell’indifferenza, della rassegnazione e della fiducia in soluzioni inadeguate non stanno in piedi. Il pianeta terra è nudo: basta negazionismi inutili, dunque! I dati 2017 non sono confortanti e non solo per la testimonianza del bambino delle Fiji: le emissioni di CO2 da fonti fossili sono cresciute del 2% e si conta un 28% di gas serra dovuti ancora all’utilizzo del carbone. È a rischio l’impegno che gli stati si sono presi due anni fa a Parigi (COP21): come mantenere la crescita della temperatura sotto i due gradi, se la scelta non è condivisa da tutti?
Sia chiaro: il problema è rilevante. I leader arrivati a Bonn hanno usato parole altisonanti. Il cambiamento climatico è stato definito «la minaccia che definisce il nostro tempo» (Antonio Guterres, numero uno dell’ONU), «la più significativa lotta del nostro tempo» (Emmanuel Macron, presidente francese), «una sfida centrale per il mondo» (Angela Merkel, padrona di casa in Germania). Eppure davanti a così elevati riconoscimenti, sembra sempre che la montagna partorisca il topolino: impegni vaghi, condivisione insufficiente, rassegnazione in attesa di tempi migliori.
Basta negazionismi: assumersi le resposabilità!
Energica, invece, è stata la parola del papa, proprio sull’esigenza di collaborare tra le istituzioni, sulla condivisione delle proposte e sul dialogo. Dopo la pubblicazione dell’enciclica Laudato si’ la riflessione ecclesiale si qualifica per la capacità di offrire ampio respiro a discorsi che spesso sanno di stantio. Francesco invoca un nuovo paradigma di sviluppo che sappia guardare al breve, al medio e al lungo periodo. L’ecologia integrale cerca non solo soluzioni tecniche, ma anche una diversa responsabilità morale: il problema centrale nella lotta al cambiamento climatico non sta tanto nel salvaguardare la terra così com’è, quanto nel prevenire una fabbrica colossale di esclusi. Chi infatti paga le conseguenze delle trasformazioni in atto è prima di tutto colui che sta sotto la soglia della povertà: anche in questo le parole del ragazzino alla COP 23 esprimono la nuda verità!
Se il negazionismo serve a mettere la testa sotto la sabbia o a nascondere la polvere sotto il tappeto, l’educazione a nuovi stili di vita può aiutare ad assumere il problema come concreto e a spingere chi ha responsabilità nel mondo a darsi una mossa perché qualcosa cambi. La conferenza di Bonn, tra le altre cose, si è presa l’impegno di raggiungere zero emissioni a partire dal 2050. Sembra davvero un obiettivo troppo generico e di là da venire... Con l’aria che tira, non è il caso di prendere sul serio i bambini di molti villaggi sperduti del mondo che si ritrovano senza casa, senza scuola e con accesso limitato ai beni comuni? Quanti di loro dovranno ancora ricordarci che, oltre il pianeta, anche la nostra ipocrisia è a nudo?