Firenze 2015: l'umanesimo di Francesco
"Possiamo parlare di umanesimo solamente a partire dalla
centralità di Gesù, scoprendo in Lui i tratti del volto autentico
dell’uomo". Così – nella splendida cattedrale di Santa Maria del Fiore,
sotto la cupola del Brunelleschi, evocando l'arte e la cultura di Firenze, ma
anche la ricca realtà civile di una città e di un paese – papa Francesco
disegna la prospettiva di lavoro per i delegati del Convegno ecclesiale, ma
soprattutto per la Chiesa italiana stessa.
Una prospettiva, un punto di vista, saldamente centrato al cuore delle fede cristiana e proprio per questo orientato eccentricamente, al dialogo, all'incontro, alla misericordia. L'invito è infatti a contemplare il misericordiae vultus dell'uomo della Croce, anzi, a lasciarsi guardare da quel volto così "simile a quello di tanti nostri fratelli umiliati, resi schiavi, svuotati" che, se non ci abbassiamo, non potremo vederlo.
L'invito è contemporaneamente a essere "Chiesa in uscita", nel dinamismo di chi sa affrontare il mare aperto, senza timore della difficoltà.
La qualità viva di un umanesimo
Ma la prima cosa da comprendere è che per Francesco l'umanesimo cristiano non è volgersi a un'esoterica dottrina di sapienza, ma lasciarsi semplicemente modellare dai «sentimenti di Cristo Gesù» (Fil 2,5), nel segno dell'umiltà, del disinteresse e della beatitudine (è "una scommessa laboriosa, fatta di rinunce, ascolto e apprendimento, i cui frutti si raccolgono nel tempo, regalandoci una pace incomparabile").
Quello che si disegna è così uno stile di umanità vissuta e accogliente, ma anche un modo di essere Chiesa: comunità che non demonizza il portato del tempo e della storia (quante volte si è ceduto e si cede a simili tentazioni!), ma che "sa riconoscere l’azione del Signore nel mondo, nella cultura, nella vita quotidiana della gente".
Uno stile costitutivamente decentrato, che proprio dalla contemplazione del volto di Cristo si vede rilanciato alla novità cui lo Spirito invita, sulle strade del mondo: "davanti ai mali o ai problemi della Chiesa è inutile cercare soluzioni in conservatorismi e fondamentalismi, nella restaurazione di condotte e forme superate che neppure culturalmente hanno capacità di essere significative. La dottrina cristiana non è un sistema chiuso incapace di generare domande, dubbi, interrogativi, ma è viva, sa inquietare, animare".
Semper reformanda, nel dialogo
Per questo si può e si deve parlare di riforma della Chiesa – anzi, "la Chiesa è semper reformanda" – non come mero ritocco di strutture, ma al contrario come espressione di un solido radicamento in Cristo che si lascia condurre dallo Spirito, "con genio e creatività". Non stupisce la gioia e la speranza con cui la pastora battista della comunità fiorentina Anna Maffei commenta sul sito www.riforma.it il discorso di Francesco: "musica per le mie orecchie" ella definisce tali parole di novità.
E davvero liberanti sono le indicazioni di Francesco: riforma dice certo riconoscimento e confessione dell'inadeguatezza, ma soprattutto coraggio, fiduciosa capacità di lasciarsi coinvolgere in processi di rinnovamento nel segno della sinodalità, dell'incontro, del dialogo. "Vi raccomando anche, in maniera speciale, la capacità di dialogo e di incontro"; un dialogare che non è negoziare, ma "cercare il bene comune per tutti"; che è "discutere insieme, pensare alle soluzioni migliori per tutti"; che è anche sopportare il conflitto , per "risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo»" (Evangelii gaudium, n. 227).
Rifiutare di fare dell'altro il nemico: è lo stile dell'enciclica Laudato si', che proprio nell'attivazione di processi di ricerca condivisa di un bene comune su scala planetaria vede la via maestra per costruire "ecologia integrale", per fare famiglia umana.
Esploratori, mai in difensiva
Una prospettiva che papa Francesco ci affida con immagini potenti, come invito a un coraggio che sappia affidarsi allo Spirito: "La Chiesa italiana si lasci portare dal suo soffio potente e per questo, a volte, inquietante. Assuma sempre lo spirito dei suoi grandi esploratori, che sulle navi sono stati appassionati della navigazione in mare aperto e non spaventati dalle frontiere e dalle tempeste. Sia una Chiesa libera e aperta alle sfide del presente, mai in difensiva per timore di perdere qualcosa".
Sapranno i delegati di Firenze 2015 lavorare in modo critico e costruttivo a partire da queste parole? Saprà la Chiesa italiana custodirle fedelmente in dinamiche di rinnovamento vitale? Saprà declinare l'umanesimo cristiano come attiva fedeltà misericordiosa all'uomo della Croce?