Angelina Jolie: il buon esempio (bioetico) di un’icona sexy
Il fatto è noto: nel marzo scorso la trentanovenne attrice
statunitense si è sottoposta all’asportazione
chirurgica di tube e ovaie, dopo che nel 2013 aveva scelto di far rimuovere
entrambi i seni. Il motivo è un’alta predisposizione a sviluppare tumori al
seno e alle ovaie, in base alla propria storia familiare (la madre, la nonna e
la zia sono morte di cancro) e a una mutazione genetica che amplifica il
rischio di ammalarsi.
Anche se la scelta di una strategia preventiva così radicale suscita dubbi e perplessità, in linea generale la bioetica cattolica considera lecito un simile intervento. Infatti è possibile sacrificare anche una parte sana in favore del bene di tutta la persona, quando essa rappresenta una seria minaccia per la salute. «Può darsi che l’asportazione di un organo sano o l’arresto della sua normale funzionalità tolgano al male il suo terreno di accrescimento. Se non si dispone di altro mezzo, l’intervento chirurgico sull’organo sano è permesso» (Pio XII). Ovviamente vi dev’essere un riscontro oggettivo del pericolo, e va considerata la proporzione tra l’impatto dell’intervento sulla persona e i benefici sperati.
Le indicazioni scientifiche sembrano solide: gli screening genetici avevano confermato ad Angelina Jolie un rischio del 50% per il carcinoma ovarico (molto difficile da diagnosticare precocemente) e dell’87% per il cancro al seno. E attualmente le alternative farmacologiche non sembrano essere altrettanto efficaci quanto la chirurgia. Nel suo caso, inoltre, ha potuto fare riferimento ai migliori centri medici disponibili, senza limitazioni economiche.
Da quanto lei stessa racconta, avvalendosi della consulenza di medici esperti, ha potuto acquisire informazioni accurate per compiere una scelta consapevole e libera. Inoltre, la sua particolare condizione di donna apprezzata per bellezza, professionalità, vita familiare (madre di 6 bambini, di cui 3 adottivi) e attività sociali (ambasciatrice UNHCR) può farci supporre conseguenze psicologiche minori rispetto ad altre persone per ciò che riguarda l’impatto negativo sull’autostima e la difficoltà ad accettare la propria immagine corporea in seguito all’asportazione del seno, e la menopausa precoce per l’asportazione delle ovaie.
A seguito della notizia si è registrato un sensibile aumento nelle richieste dei test genetici e degli interventi preventivi antitumorali. Indurre una maggiore attenzione alla sorveglianza attiva e alla ricerca dei fattori di rischio, all’informazione e alla prevenzione è certamente positivo, un buon esempio, ma occorre evitare di generare eccessi di ansia e scelte dettate unicamente dall’emotività. Avere una predisposizione non significa avere già un tumore; occorre pertanto impegnarsi a gestire il rischio.
Per questo è indispensabile diffondere una cultura del counseling:
- confrontarsi con gli esperti per verificare l’opportunità di sottoporsi ai test;
- seguire rigorosamente le linee guida validate scientificamente;
- affidarsi a un qualificato accompagnamento medico, psicologico e relazionale per un’accurata valutazione delle conseguenze e delle alternative disponibili.
Solo così le donne potranno essere consapevoli e responsabili nelle scelte decisive per il futuro proprio e delle persone a cui vogliono bene.Giovanni Del Missier, Accademia Alfonsiana – Roma