Consapevoli del diffondersi delle tendenze populiste a tutti i livelli della società, non esclusa la Chiesa stessa, i vescovi cattolici tedeschi hanno elaborato un Sussidio per reagire a livello ecclesiale alle tendenze populiste di destra, dal titolo Resistere al populismo. Vi proponiamo – in una nostra traduzione dal tedesco – ampi stralci dell’Introduzione, firmata dai presidenti rispettivamente della Commissione per le migrazioni, della Commissione pastorale e della Commissione Giustizia e pace, che hanno steso il sussidio (red.).
La frase preferita da Yves Congar – uno dei più eminenti teologi del concilio Vaticano II – diceva che di tanto in tanto «la Chiesa intera» deve guardarsi «nello specchio del Vangelo». Di questo lavoro d’analisi il Concilio, naturalmente, ne ha compiuto molto, ma si tratta di un processo che non finisce mai. Più di 50 anni dopo, sotto il pontificato di Francesco, che proclama costantemente la necessità della misericordia, potrebbe essere il tempo opportuno per far sì che questo santo esercizio sia ripetuto per il sacramento della misericordia, la penitenza.
È capitato molti anni fa che io fossi invitato a un colloquio; c’era un vescovo in visita proveniente dal Sudamerica. «Parlerà del suo lavoro» – mi era stato detto –. E così fece. Tra i diversi argomenti, narrò come lui e la sua gente celebravano il sacramento della penitenza: con gioia evangelica e con un rinfresco. La chiacchierata è stata registrata; ciò che segue è la mia trascrizione alla quale ho fatto solo piccoli cambiamenti stilistici (pubblicata in Theological Studies 45[1984], 687s).
Il 1o luglio la Penitenzieria apostolica ha pubblicato una nota Sull’importanza del foro interno e l’inviolabilità del sigillo sacramentale che ribadisce la «segretezza della confessione» in quanto proveniente «direttamente dal diritto divino» e che pertanto non ammette «eccezione alcuna». Non è un’affermazione scontata, perché è noto che più di uno stato, sulla scia degli scandali delle violenze sui minori nella Chiesa, sta tentando di minare il segreto della confessione a fini giudiziari.
Una birra dalla ricetta segreta, circa 40 biker cristiani in viaggio dalla Germania a Roma e una Harley-Davidson da donare a papa Francesco. Sembra l’incipit della trama di un film o di un romanzo e invece è la storia di un pellegrinaggio on the road. I protagonisti sono i Jesus Biker, dell’associazione Jesus Biker International, che hanno organizzato un vero e proprio «viaggio della pace» per portare una Harley-Davidson personalizzata (costruita appositamente dall’omonimo Village di Würzburg) al pontefice.
A colloquio con p. Paulo Suess, consulente del Consiglio indigenista missionario (CIMI), organismo della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (CNBB) che difende i diritti delle popolazioni autoctone, del quale è stato per molti anni segretario generale. Già presidente dell’Associazione internazionale per gli studi sulla missione, è stato uno degli esperti che hanno affiancato il Consiglio presinodale creato in vista dell’Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per la regione panamazzonica, che si terrà a Roma dal 6 al 27 ottobre, e ha contribuito alla stesura dell’Instrumentum laboris pubblicato il 17 giugno scorso.
Leggendo l’Instrumentum laboris in vista dell’Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per la regione panamazzonica (6-27 ottobre), sul versante teologico s’impone all’attenzione un’idea di fondo: il mondo e la Chiesa vanno visti con due occhi da aprire insieme, in modo che si abbia uno sguardo integrale. Va corretto un pericoloso strabismo, condizione nella quale gli occhi sono mal allineati e non sono orientati nella stessa direzione.
L’affermazione del card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, intervenuto il 14 maggio scorso alla conferenza internazionale presso l’Università cattolica di Milano, aveva evidenziato come «la sempre più feconda integrazione dei cattolici cinesi nella Chiesa universale e il cammino di riconciliazione tra fratelli avviato negli ultimi anni costituiscono certamente una novità di portata storica». Sulla linea espressa dal card. Parolin, e tenendo presente le difficoltà oggettive che l’Accordo provvisorio dello scorso anno propone, soprattutto sul piano applicativo, papa Francesco ha inviato, il 28 giugno scorso, ai vescovi e al clero degli Orientamenti pastorali circa la registrazione del clero in Cina.
Datato 2 febbraio 2019, ma reso noto il 10 giugno scorso, la Congregazione per l’educazione cattolica ha preparato un documento intitolato «Maschio e femmina li creò». Per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione. Riportiamo il commento del Coordinamento delle teologhe italiane che è apparso il 19.6.2019 sul blog Il regno delle donne, http://bit.ly/2XoCRxT e quello del gesuita americano James Martin, apparso sulla rivista America l’11.6 (http://bit.ly/2Yx3TiR), in una nostra traduzione dall’inglese.
Negli ultimi anni il Vaticano (papi, congregazioni e dicasteri) ha espresso preoccupazione per la «teoria» e l’«ideologia gender». L’ultimo documento della Congregazione per l’educazione cattolica, è la trattazione più completa sul tema apparsa finora. Secondo il vaticanista di America, Gerard O’Connell, il testo è frutto del lavoro della Congregazione e non è firmato da papa Francesco, perciò non va considerato la «risposta definitiva» sul tema.
Desidero «camminare e camminare al vostro fianco». Francesco è sceso in strada accanto al popolo di Dio che è in Germania, che poche settimane fa si è avviato lungo un «cammino sinodale» di rinnovamento (cf. Regno-att. 10,2019, 273), per reagire tra l’altro alla massiccia perdita di fiducia nella Chiesa, non solo ma anche per lo scandalo delle violenze sessuali su minori.
Dopo lo «Studio del mese» «Il tempo del noi» della teologa Serena Noceti sul diaconato alle donne pubblicato in Regno-att. 10, 2019,305, è utile riprendere il punto di vista giuridico sulla questione, e ribadire la necessità che si diano delle risposte ad alcuni quesiti irrisolti. Personalmente ritengo che esista la possibilità (almeno teorica) del diaconato alle donne.1 La legge ecclesiastica riflette sempre il contesto della vita pastorale ed è elaborata facendo appello alla dottrina teologica, interpretata in senso tuziorista. Percorriamo quindi alcuni passaggi della Scrittura, della Tradizione e della legislazione che sono significativi a comprendere la posta in gioco.
È il sistema che ha ucciso il diaconato. Vi siete mai domandati che cos’è successo ai diaconi, che un tempo erano gli amministratori del denaro della Chiesa? Per molto tempo, i diaconi e gli arcidiaconi gestivano i fondi della Chiesa, provvedendo ai bisogni del popolo di Dio (…) Nel corso dei secoli, i diaconi divennero molto potenti. Alla classe dei sacerdoti questo non piaceva affatto, soprattutto perché i vescovi erano spesso scelti tra i diaconi.
Con una lettera datata 11 giugno 2019 e recante la triplice firma di p. Eduardo Robles-Gil (direttore generale della Congregazione dei Legionari di Cristo), Gloria Rodríguez Díaz (direttrice generale della Società di vita apostolica Consacrate del Regnum Christi) e Jorge López González (direttore generale della Società di vita apostolica Laici consacrati del Regnum Christi) i quasi 25.000 «membri del Regnum Christi» e la più vasta opinione pubblica ecclesiale hanno appreso dell’erezione della Federazione Regnum Christi e dell’approvazione dei suoi statuti, che entreranno in vigore il 15 settembre 2019 ad experimentum, per cinque anni.
"Con questa lettera aperta vorremmo dare voce ai nostri fratelli migranti che scappano da guerre, persecuzioni e carestie, affrontano viaggi interminabili e disumani, subiscono umiliazioni e violenze d’ogni genere che ormai più nessuno può smentire. I racconti di sopravvissuti e soccorritori, infatti, così come le statistiche di istituzioni internazionali quali l’UNHCR o l’Organizzazione internazionale per le migrazioni e i reportage giornalistici che approfondiscono il fenomeno migratorio, ci mostrano una realtà sempre più drammatica".
La Federazione della stampa missionaria (FeSMi), la Conferenza degli istituti missionari in Italia (CIMI) e il Servizio unitario di animazione missionaria (SUAM) hanno reso noto il 1o luglio una dichiarazione congiunta di cui riportiamo ampi tralci (ndr).
A 7 anni dall’approvazione delle prime Linee guida per i casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici (cf. Regno-doc. 11,2012,362), poi riviste nel 2014, a partire dalle osservazioni della Congregazione per la dottrina della fede (cf. Regno-doc. 7,2014,233), il 24 giugno scorso la Conferenza episcopale italiana, assieme alla Conferenza italiana dei superiori maggiori, ha pubblicato le nuove Linee guida per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili.
Le norme da sole non bastano. Sembra un’ovvietà eppure non lo è. Tre giorni prima che fossero rese note le nuove linee guida della CEI (cf. qui sotto): La verità di Maurizio Belpietro ha aperto l’edizione del 21 giugno con il titolo «Sul giornale del papa scrive un prete condannato per molestie su una bimba». In effetti erano apparsi su L’Osservatore romano alcuni articoli sull’uso dei social a firma di don Giacomo Ruggieri. Presentato come «sacerdote della diocesi di Concordia-Pordenone (Friuli Venezia Giulia), che studia le mutazioni antropologiche della comunicazione» di lui si dice che «in questi anni, ha approfondito la connessione profonda tra cura personalis, Internet e i profili social».
Una città «a misura d’uomo»: ecco la parola d’ordine, che ricorre sempre più spesso sulle labbra di urbanisti, filosofi, politici, ma pure delle persone comuni. Con questa espressione, s’intende richiamare un certo ideale di convivenza: giusta, sostenibile, collaborativa, ospitale. Senza dubbio, stando alla nostra esperienza concreta, di fatto una città così non esiste: ciò che sperimentiamo è piuttosto una realtà urbana segnata da luci e ombre; una realtà al contempo promettente e minacciosa, protettiva e insicura, capace d’inclusione e di scarto.
Per la redazione delle Schede di questo numero hanno collaborato: Giancarlo Azzano, Maria Elisabetta Gandolfi, Flavia Giacoboni, Niccolò Pesci, Francesco Pistoia, Valeria Roncarati, Domenico Segna, Paolo Tomassone.
Con Libretto di transito Franca Mancinelli esplora, tramite un’invidiabile tensione ritmica, la prima radice della nostra identità attraversata dal viaggio. Esso, a sua volta, determina una riflessione mai interamente razionale, mai interamente emotiva sulla «disappartenenza» intesa come condizione umana.
Il 35° volume della «Biblioteca del XVIII secolo», promossa dalla Società italiana per gli studi sul secolo XVIII, raccoglie gli Atti del convegno svoltosi a Marina di Massa nel maggio 2016 sul tema omonimo. Impresa impegnativa, volta a restituire il secolo alla sua autenticità: non è solo il tempo dei Lumi, è anche altro. Letto in questa prospettiva, il volume curato da Patrizia Delpiano, Marina Formica, Anna Maria Rao è una lezione di pedagogia della storia. E non solo perché fornisce tanti spunti di storia dell’educazione, ma per lo spirito che anima l’intero lavoro.
La tesi del volume è che i gravi problemi odierni dell’economia mondiale sono di lunga data e che la comunità internazionale ha fatto di tutto pur di evitare soluzioni complessive e durevoli. Il libro non fornisce però ricette miracolose o «piani B» per gestire questi molteplici focolai di crisi. In astratto, basterebbe disfare molto del già fatto in negativo e fare il tanto di positivo che non si è voluto fare. Le strategie, gli strumenti, le istituzioni per fare il necessario ci sono, manca la volontà politica. Gli Stati Uniti e la Cina sono potenze impegnate in primo luogo nella riaffermazione della rispettiva supremazia, piuttosto che nella gestione della stabilità globale.
Per comprendere la portata del libro è opportuno iniziare dal sottotitolo. Vi è un nome: Armido Rizzi, teologo in là con gli anni (è nato nel 1933), provato nel fisico e che vede ormai compromessa, per ragioni di salute, la capacità d’elaborare lucidamente il proprio pensiero. Questo volume scritto da chi si presenta come suo discepolo segue un piano organico già elaborato, ma non completato, dal maestro.
L’autore del volume riesce ad accompagnare in maniera brillante e convincente dentro i punti chiave di un pensiero determinante anche l’oggi. La finitezza (cf. 161), lo strumento (cf. 236), la temporalità (cf. 310ss.) e ovviamente l’angoscia e la morte (240ss.) sono concetti attraverso cui Heidegger rovescia completamente l’approccio filosofico della modernità. Deve in un certo senso contrapporsi al pensiero precedente appunto segnato da un inesorabile «oblio dell’essere».
Il progetto s’iscrive nell’opzione teologica fondamentale di Karl Rahner che vide nel Concilio l’inizio di una nuova fase nella storia della Chiesa – il Concilio come «l’inizio di un inizio» verso una globalizzazione della Chiesa, la Weltkirche oltre il contesto europeo e occidentale.
Nel mese di giugno si sono susseguiti, a pochi giorni di distanza, due avvenimenti che sono emblematici per il futuro della libertà di religione in Occidente. Il governo del Quebec ha messo fuori legge l’uso di simboli religiosi in alcuni luoghi pubblici: in nome della laicità dello stato, gli insegnanti e altri impiegati pubblici non potranno indossare kippà ebraiche, veli islamici o croci cristiane (cf. «Quebec Bans Religious Symbols in Some Public Sector Jobs», in The New York Times, 17.6.2019, http://bit.ly/Quebec-religions).
Donne, musulmane e guide religiose: ecco chi sono le murshidat, il poco conosciuto volto femminile dell’islam. Qualcuno le chiama «predicatrici», ma il loro ruolo è ben più ampio e la loro influenza nelle comunità è molto più profonda di quanto si possa immaginare.
«StraPaC è un buon esempio di partnership interculturale ed ecumenica che prevede indagini sul campo, raccolta di buone pratiche, corsi e incontri»: così ci spiega Gelu Calina, docente del Centro per il dialogo tra scienze e teologia dell’Università di Craiova (Romania) che coordina il progetto in collaborazione con due agenzie di sviluppo locali e due atenei. Il progetto ha avuto due antecedenti, sempre finanziati dalla UE, su due temi differenti: il ruolo delle comunità cristiane nelle aree rurali come motore di sviluppo e il dialogo interculturale a servizio delle parrocchie e delle comunità rurali.
I giorni del Kirchentag 2019 (Dortmund, 19-23 giugno), la grande festa degli evangelici tedeschi che si svolge ogni due anni, sono stati scanditi dal tema della ricerca della fiducia che risuona nel passo «Che fiducia è quella nella quale confidi?», contenuto nel libro dei Re. Grandi numeri per l’evento di Dortmund: 80.000 i partecipanti ai 4 giorni, più altri 38.000 a singole giornate (tantissimi, ma così pochi era dal 1979 che non si vedevano più); 2.400 eventi d’ogni genere, 70 paesi rappresentati, oltre 2.600 gli ospiti, 20 milioni di euro il budget a disposizione. Impossibile come sempre fare una sintesi o un bilancio di un evento così ricco e composito, civile ed ecclesiale allo stesso tempo, ma se ne possono descrivere alcuni aspetti.
Non erano ancora nati nel tempo delle grandi battaglie degli anni Settanta. E non lasciandosi influenzare dal clima che ha fatto della battaglia per legalizzare l’interruzione di gravidanza una questione di diritti e un passo fondamentale dell’emancipazione femminile, molti giovani americani stanno scoprendo oggi il diritto alla vita e vi s’appassionano. Di fatto, stanno inaugurando un nuovo movimento antiabortista.
Un anno fa, alla notizia dell’elezione a presidente del Messico di Andrés Manuel López Obrador (AMLO), Donald Trump aveva dichiarato in un tweet di non vedere l’ora di lavorare con lui. Di rimando AMLO gli aveva offerto di ridurre i flussi migratori verso gli USA in cambio di aiuti allo sviluppo, per combattere la povertà e generare posti di lavoro.1 È del 7 giugno un accordo tra i due paesi, scaturito dopo che Trump aveva minacciato di applicare dazi del 5% sulle importazioni dal Messico a far data dal 10 giugno, se il governo di López Obrador non avesse contenuto la crescente immigrazione illegale.
La Somalia è da tempo fuori dai riflettori internazionali. Nemmeno attentati e autobombe riescono più a forare il muro di gomma dell’indifferenza mediatica. Eppure la situazione non è immobile. Così come non è scomparso il famigerato gruppo Al-Shabaab, che tante attenzioni aveva attirato tempo addietro. Allontanati dalla capitale Mogadiscio, conservano però la loro roccaforte nel sud della Somalia, da dove continuano a colpire, con l’obiettivo dichiarato di rovesciare il governo sostenuto dalla comunità internazionale per rimpiazzarlo con istituzioni che applichino la sharia.
Concentrato sulla situazione dello Stato occidentale di Rakhine (Arakan), scosso da violenze interetniche e spopolato della minoranza rohingya per la brutale repressione militare; sconcertato dall’apparente divergenza della leader Aung San Suu Kyi dalle posizioni che le avevano fatto meritare il premio Nobel per la Pace nel 1991, il mondo sembra avere dimenticato i drammi che lo sviluppo – per decenni limitato e gestito in favore delle forze armate – ha portato a un paese dalle grandi potenzialità ma ancora oggi diviso da troppi interessi in conflitto.
Basta «manganelli o canteremo Alleluia al Signore». Una battuta ironica che fa riferimento a un canto religioso è suonata come una minaccia rivolta alla polizia, scritta su un cartellone che svettava nella marea dei manifestanti che in giugno hanno riempito le strade di Hong Kong. Una conferma del ruolo che le religioni stanno giocando nel braccio di ferro in corso nell’ex colonia britannica, da 22 anni Regione autonoma speciale della Repubblica popolare cinese, alle prese con una nuova crisi.
L’Italia si trova oggi «all’uscita faticosa e incerta dalla peggiore recessione della sua storia moderna». Innescata nel 2008 da «una crisi finanziaria di gravità senza precedenti», il bilancio che, a distanza di dieci anni, possiamo trarne è «quasi di guerra»: sia in relazione alla media dei paesi dell’area euro che ai maggiori due, Francia e Germania, «le perdite sopportate dall’economia italiana risultano le più consistenti e persistenti», così che nel nostro paese il «trend di crescita risulta compromesso». La definizione di una strategia di rilancio della crescita può giovarsi di un’analisi ormai condivisa: vi è un divario di produttività all’interno delle nostre imprese e tra l’Italia e gli altri paesi europei, il quale tende a ricomporsi con troppa lentezza e in maniera disomogenea, così che «il sistema produttivo italiano appare sempre più polarizzato». «Problemi strutturali» che richiedono «interventi imprescindibili»: sul «capitale umano», migliorando soprattutto la «qualità del sistema d’istruzione», e sul «capitale fisico, investendo in infrastrutture».