Post hoc, propter hoc. Un’inversione logica del rapporto causa-effetto, giustificandone il risultato a posteriori. Poi, l’affermazione che si è trattato della cosa migliore possibile. Infine, la gara a intestarsi il merito. Un intero ceto politico inadeguato, appiattito sul proprio interesse descritto come l’ideale del paese, ha dato l’ennesima prova di non sapere riprendere in mano la storia del paese.
Ancora una volta un’Assemblea del Cammino sinodale in Germania ha scaldato gli animi. Si sono entusiasmati e appassionati tutti coloro che hanno visto a Francoforte, dal 3 al 5 febbraio scorsi, compiersi i primi passi verso un rinnovamento profondo della prassi ecclesiale – e di alcune parti del Catechismo – perché la Chiesa (e quella in Germania nella fattispecie) torni a essere testimone credibile del Vangelo.
In principio è la comunicazione. Per quanto possa apparire sorprendente, l’affermazione è ormai condivisa tra coloro che si occupano da più tempo della questione delle violenze sessuali e più in generale degli abusi nei confronti di minori e persone vulnerabili all’interno della Chiesa. Detto in altre parole, l’azione delle Chiese, delle comunità religiose, e più in generale delle istituzioni che vengono coinvolte negli scandali, segue sempre le rivelazioni fatte, con maggiore o minore clamore, da giornali, TV, pagine web ecc. Con qualche lodevole eccezione.
Lo «abbiamo sempre detto (…) senza i media la Chiesa non si sarebbe mossa». Lapidaria la risposta di p. Hans Zollner, il gesuita tedesco presidente del Centro per la protezione dei minori della Pontificia università gregoriana, intervistato il 5 febbraio da El País, in merito alla rilevanza delle denunce della stampa nella lotta contro la pedofilia nella Chiesa.
Lo scorso 21 gennaio, Francesco ha dichiarato «dottore della Chiesa», con il titolo di «doctor unitatis», sant’Ireneo, nato a Smirne nel 130 e morto martire nel 202. Originario dunque dell’Oriente greco, cresciuto in una famiglia cristiana, svolse gli anni più significativi del suo ministero in Occidente, come vescovo di Lione, città in cui conobbe il martirio.
Con una sentenza la Corte di giustizia dell’Unione Europea si è difatti pronunciata sulla non conformità ai principi del diritto dell’Unione dell’utilizzo di successivi contratti a tempo determinato oltre i 36 mesi per ricoprire l’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica italiana.
A colloquio con dom Vicente Ferreira, redentorista cinquantunenne e vescovo ausiliare di Belo Horizonte, nello stato del Minas Gerais, una delle figure emergenti dell’episcopato brasiliano. Romero Venancio, docente di Filosofia all’Università federale di Sergipe, lo considera «un uomo rinnovato nella teologia della liberazione a partire da orientamenti moderni», attento a questioni come l’ambiente, il genere e l’inculturazione, una «persona discreta, molto fine e coerente», che per questo si è «attirato l’odio dei gruppi di estrema destra».
Durante la pandemia, la crescente influenza della tecnologia sulla vita quotidiana ha dato a Mark Zuckerberg un nuovo slancio: davanti a una platea bardata con caschetti, il fondatore di Facebook ha annunciato in pompa magna il lancio del «Metaverso». Derivato dal mondo del cyberpunk, il Metaverso intende spingere al massimo l’immersione e l’esperienza interattiva. In questo spazio virtuale potremo incontrarci, lavorare, giocare, consumare...
Il Cantico dei cantici denuncia una società senza Dio: una società dopo la cacciata dal paradiso, che nelle sue strutture patriarcali di dominio si vede come un’antitesi alla creazione di Dio. «Mentre in molti libri della sacra Scrittura la relazione tra i sessi s’incontra prevalentemente o addirittura esclusivamente in termini di procreazione, sotto l’aspetto della fragilità morale, della normazione giuridica e dell’istituzionalizzazione, nel Cantico dei cantici l’amore erotico-sessuale tra l’uomo e la donna è vissuto e lodato come fonte di piacere e gioia».
L’espressione «il libro di tutti i libri» è impiegata da Calasso in modo evocativo e non già totalizzante. La Bibbia è solo un capitolo di un itinerario contraddistinto da un’enorme serie di riferimenti culturali, antichi e moderni, estesi per migliaia di pagine; ci si occupa di miti greci, di Veda, di Buddha, di Talleyrand e di teoria del sacrificio, di Kafka, di Tiepolo e Baudelaire, dell’umanità primitiva diventata cacciatrice dopo essere stata raccoglitrice. La Bibbia è perciò un libro fra una miriade di altri. In ambito culturale non può essere che così.
Oggi Dorothy Day è «serva di Dio», così proclamata da Giovanni Paolo II. I missionari clarettiani hanno abbracciato l’avventura del cammino di canonizzazione e l’8 dicembre scorso nella cattedrale di St. Patrick a New York si è celebrata la cerimonia di chiusura della fase diocesana di beatificazione, a cui anche papa Francesco ha dato impulso nel 2015, quando ne parlò al Congresso degli Stati Uniti e disse di lei che «il suo impegno sociale, la sua passione per la giustizia e per la causa degli oppressi, erano ispirati dal Vangelo, dalla sua fede e dall’esempio dei santi».
Seppur abbondino sia le pubblicazioni d’antropologia teologica sia quelle di teologia pastorale, è difficile trovare una riflessione sull’antropologia dal punto di vista teologico-pastorale. L’autore del presente saggio, docente all’Istituto pastorale Redemptor hominis dell’Università lateranense, tenta di colmare tale vuoto partendo dalla convinzione che proprio questa angolatura consenta di mettere meglio in luce il contenuto di quello che la fede cristiana nomina col termine «uomo».
«Poeta, profeta, disturbatore delle coscienze, uomo di fede, uomo di Dio, amico di tutti gli uomini»: così il cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano, caratterizzò la vita e l’opera di David Maria Turoldo durante la celebrazione delle esequie, da lui presiedute l’8 febbraio 1992, nella chiesa di San Carlo al Corso a Milano. Poche pennellate che riassumono i diversi lati della personalità e dell’opera di padre David.
Il merito del lavoro è di storicizzare la figura di Giulio Andreotti, riuscendo a renderne la complessità a tutto tondo, culturale e politica, al di là di molte tare che sul politico romano si sono sedimentate.
Una leggenda corre lungo Tevere, quella di Ernesto Nathan, il sindaco che mutò radicalmente Roma, facendola diventare, in soli 6 anni, una capitale a livello europeo. Niente di ciò era avvenuto prima di lui, nulla di analogo sarebbe avvenuto dopo la sua uscita di scena. Perché questo modello di città non fece scuola? È questa la domanda di fondo che guida il saggio di Fabio Martini.
Con il parlare chiaro che l’ha sempre contraddistinto, il giornalista e saggista Svidercoschi scrive un libro «all’insegna della parzialità», ripercorrendo «la storia della religiosità [cattolica], facendone emergere – volutamente, intenzionalmente – i momenti più critici, gli aspetti e gli eventi più negativi» (5).
Dal 15 al 21 gennaio del 1921 si svolse al teatro Goldoni di Livorno il XVII Congresso del Partito socialista, con tre mozioni in campo: «Concentrazione socialista», la corrente riformista di Filippo Turati e di Claudio Treves; «Comunisti unitari», quella massimalista guidata da Giacinto Menotti Serrati che aveva assunto tale denominazione a seguito della rivoluzione bolscevica del 1917 e, infine, la frazione dei «Comunisti puri» il cui leader era Amedeo Bordiga.
Prendere in mano questo libro oggi, a distanza di poco più di due mesi dalla chiusura dell’anno dedicato a Giuseppe di Nazaret, può indubbiamente costituire il coronamento di un percorso, ma può anche costringerci a ricominciarlo altrimenti. Curato dai teologi Antonio Autiero e Marinella Perroni, il libro si compone di numerosi «sguardi» sulla figura del cosiddetto padre putativo di Gesù, rimessa al centro da papa Francesco con l’iniziativa di un anno speciale che ha stupito molti.
Brno, dicembre 1970: una donna riceve l’ordinazione presbiterale per mano del vescovo Felix Davídek, nella Chiesa cattolica clandestina della Cecoslovacchia comunista. Ludmila Javorová (nata il 31 gennaio 1932) entra così, rispondendo a un bisogno impellente della comunità ecclesiale e della resistenza civile, in una doppia spirale di silenzio: quella di una Chiesa perseguitata e quella imposta in seguito da quella stessa Chiesa cattolica che, per non mettere in discussione la teologia e la disciplina del sacramento dell’ordine, non solo dichiarò invalida la sua ordinazione, ma tentò in tutti i modi di occultarne la memoria.
Il titolo è provocatorio e paradossale. Almeno per chi ha la sensibilità nutrita dall’Oriente. Ma «il tema del gustare rimanda al cibo», avverte l’autore. Non solo, anche a tutta la geografia delle percezioni umane, della nostra esistenza corporale, che si esprime in mille modi. Nel concetto più largo si possono gustare l’aria, il dolore, il piacere, la musica, l’amore, la gioia, la tristezza e anche i frutti della nostra immaginazione. Si può gustare tutto ciò che si trova nell’arco visibile dell’orizzonte umano. Ma Dio?
L’unica cosa certa in Libia è che non c’è nulla di certo. Dopo l’annullamento delle elezioni previste per il 24 dicembre, la situazione politica è avvolta nella più grande confusione. Non si sa quale futuro potrà avere il primo ministro Abdul Hamid Dbeibeh (il cui mandato è scaduto a dicembre). Non si sa quali posizioni avrà il Parlamento che ha sede nella parte orientale. Non si sa neppure quale sarà il futuro della missione delle Nazioni Unite (UNIFIL) nel paese.
Esiste una gran distanza, a volte, fra le sacrosante dichiarazioni di principio e la realtà dei fatti. Un esempio su tutti viene dal Burkina Faso, dove il 24 gennaio scorso un golpe ha rovesciato il governo del democraticamente eletto presidente Roch Marc Christian Kaboré.
Il 14 gennaio un tribunale di Kottayam, nel Kerala, ha assolto per mancanza di prove dall’accusa di violenza sessuale mons. Franco Mulakkal, vescovo di Jalandhar.
Il 2022 non è sembrato aprirsi con le migliori prospettive per i cristiani dell’Asia. In generale la Chiesa cattolica continuerà a essere caratterizzata nel continente e nella più vasta area dell’Asia e del Pacifico da forti difficoltà, frutto di tendenze presenti da tempo, aggravate dal peso di una pandemia. La vita quotidiana dei battezzati asiatici, che già spesso deve affrontare difficoltà sociali ed economiche, non migliorerà.
La parrocchia, «figura pratica con cui il cristianesimo ha assunto una forma domestica», è oggi provocata, a fronte di una «fede divenuta opzione» e della «crisi di credibilità del cristianesimo», dall’idea di missione ecclesiale nel senso declinato dalla Evangelii gaudium. Essa si traduce infatti in un vero e proprio «stress test» somministrato alla parrocchia nei suoi tratti finora portanti: l’essere «in ogni luogo», ovvero la «logica territoriale»; l’essere «per tutti», ovvero un «fulcro pastorale»; la «dinamica partecipativa» della logica del «con tutti»; l’offerta dell’«essenziale» per la «tessitura della vita spirituale». Intorno a questi «snodi pastorali» occorre assumersi il compito umile e impegnativo di discernere la possibilità di una «transizione missionaria» della parrocchia, ovvero la trasformazione di «uno strumento nato per il mantenimento della fede in qualcosa capace di favorirne l’insorgenza». Un lavoro dall’esito incerto, ma mosso dalla fiducia «che il processo stesso di discernimento e le eventuali scelte pastorali da esso scaturite potranno favorire il riconoscimento del volto nuovo di parrocchia e soprattutto di Chiesa che ci attende».