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Documenti, 7/2011

Dal Risorgimento al Concilio. La Chiesa cattolica e l'unità d'Italia

Benedetto XVI, T. card. Bertone
«L’unità d’Italia … ha potuto aver luogo non come artificiosa costruzione politica di identità diverse, ma come naturale sbocco politico di un’identità nazionale forte e radicata, … al cui modellamento il cristianesimo e la Chiesa hanno dato un contributo fondamentale». È la tesi di fondo del messaggio che Benedetto XVI, nel solco dei suoi predecessori (cf. riquadro a p. 195), ha inviato il 16 marzo scorso al presidente della Repubblica Italiana, G. Napolitano (cf. riquadro a p. 197), per la ricorrenza del 150° anniversario dell’unitàd’Italia. Il papa prosegue indicando la «conciliazione» del 1929 (avvenuta «tra le istituzioni, non nel corpo sociale, dove fede e cittadinanza non erano in conflitto»; cf. anche, a p. 197, le parole del card. Bertone nel 140° di Roma capitale), l’apporto dei cattolici all’elaborazione della Costituzione repubblicana e l’Accordo di revisione del Concordato lateranense (1984), che recepisce l’insegnamento del concilio Vaticano II sui rapporti tra Chiesa e comunità politica, come le successive tappe di un processo in cui «la Chiesa e i cattolici» sono rimasti «impegnati in vario modo» a favore «della promozione dell’uomo e del bene del paese»(cf. ampiamente Regno-att. 6,2011,145).

Dal Risorgimento al Concilio. Per i 150 anni dell'unità d'Italia: messaggio di Benedetto XVI

Benedetto XVI
«L’unità d’Italia … ha potuto aver luogo non come artificiosa costruzione politica di identità diverse, ma come naturale sbocco politico di un’identità nazionale forte e radicata, … al cui modellamento il cristianesimo e la Chiesa hanno dato un contributo fondamentale». È la tesi di fondo del messaggio che Benedetto XVI, nel solco dei suoi predecessori (cf. riquadro a p. 195), ha inviato il 16 marzo scorso al presidente della Repubblica Italiana, G. Napolitano (cf. riquadro a p. 197), per la ricorrenza del 150° anniversario dell’unitàd’Italia. Il papa prosegue indicando la «conciliazione» del 1929 (avvenuta «tra le istituzioni, non nel corpo sociale, dove fede e cittadinanza non erano in conflitto»; cf. anche, a p. 197, le parole del card. Bertone nel 140° di Roma capitale), l’apporto dei cattolici all’elaborazione della Costituzione repubblicana e l’Accordo di revisione del Concordato lateranense (1984), che recepisce l’insegnamento del concilio Vaticano II sui rapporti tra Chiesa e comunità politica, come le successive tappe di un processo in cui «la Chiesa e i cattolici» sono rimasti «impegnati in vario modo» a favore «della promozione dell’uomo e del bene del paese»(cf. ampiamente Regno-att. 6,2011,145).

Nei disegni della Provvidenza…

Giovanni XXIII, Paolo VI
Tra i più significativi precedenti dei testi di Benedetto XVI e del card. Bertone pubblicati in queste pagine si annoverano il discorso rivolto da Giovanni XXIII all’allora presidente del Consiglio A. Fanfani, in visita ufficiale in Vaticano nel centenario dell’unità (1961), e la lettera inviata da Paolo VI all’allora presidente della Repubblica G. Saragat per il centenario di Roma capitale (1970). Ne riportiamo ampi stralci.

Napolitano: la Chiesa, oggi un punto di forza

G. Napolitano
Nel discorso pronunciato al Parlamento durante la cerimonia celebrativa del 150° anniversario dell’unità d’Italia, il 1 marzo 2011, il presidente della Repubblica Napolitano ha così rievocato i rapporti tra lo stato unitario e la Chiesa cattolica (http://centocinquanta.camera.it).

Dal Risorgimento al Concilio. Per i 140 anni di Roma capitale: omaggio e preghiera del card. Bertone

T. card. Bertone
«L’unità d’Italia … ha potuto aver luogo non come artificiosa costruzione politica di identità diverse, ma come naturale sbocco politico di un’identità nazionale forte e radicata, … al cui modellamento il cristianesimo e la Chiesa hanno dato un contributo fondamentale». È la tesi di fondo del messaggio che Benedetto XVI, nel solco dei suoi predecessori (cf. riquadro a p. 195), ha inviato il 16 marzo scorso al presidente della Repubblica Italiana, G. Napolitano (cf. riquadro a p. 197), per la ricorrenza del 150° anniversario dell’unitàd’Italia. Il papa prosegue indicando la «conciliazione» del 1929 (avvenuta «tra le istituzioni, non nel corpo sociale, dove fede e cittadinanza non erano in conflitto»; cf. anche, a p. 197, le parole del card. Bertone nel 140° di Roma capitale), l’apporto dei cattolici all’elaborazione della Costituzione repubblicana e l’Accordo di revisione del Concordato lateranense (1984), che recepisce l’insegnamento del concilio Vaticano II sui rapporti tra Chiesa e comunità politica, come le successive tappe di un processo in cui «la Chiesa e i cattolici» sono rimasti «impegnati in vario modo» a favore «della promozione dell’uomo e del bene del paese»(cf. ampiamente Regno-att. 6,2011,145).

Identità e lievito. Omelia del card. Bagnasco per il 150° anniversario dell'unità d'Italia

A. card. Bagnasco
«L’Eucaristia che stiamo celebrando… ci invita a oltrepassare le contingenze del momento presente e ad allargare lo sguardo a quella singolare “Provvidenza” che ha condotto gli italiani a diventare sempre più consapevoli dell’Italia». C’è piena consonanza tra la visione affermata da papa Benedetto XVI nel messaggio inviato il 16 marzo al capo dello stato, G. Napolitano, per il 150° dell’unitàd’Italia (cf. in questo numero a p. 193) e le parole pronunciate dal presidente della Conferenza episcopale italiana, card. A. Bagnasco, nel corso della santa messa celebrata a Roma, nella basilica di S. Maria degli Angeli, il 17 marzo, alla presenza delle massime autorità della Repubblica. «I centomila campanili della nostra Italia ispirano un sentire comune diffuso che identifica senza escludere, che fa riconoscere, avvicina, sollecita il senso di cordiale appartenenza e di generosa partecipazione alla comunità cristiana, alla vita del borgo e del paese, delle città e delle regioni, dello Stato». Il card. Bagnasco è poi tornato sull’argomento pochi giorni dopo, in apertura del Consiglio permanente della CEI: cf. in questo numero a p. 202.

Parole umili e ferme. CEI - Consiglio permanente (28-30.3.2011). Comunicato finale

Episcopato italiano
«Si fermino le armi» e si avvii la ricerca di «una “via africana” verso il futuro ». L’appello del card. Ba gnasco (cf. nel riquadro alle pp. 202-203 alcuni stralci della sua prolusione) viene ribadito nel Comunicato finale del Consiglio permanente della CEI, presentato a Roma il 1° aprile, insieme a una duplice richiesta: al l’Europa, affinché «sia presente in modo concreto, immediato e congruo» nella gestione della crisi e dei flussi migratori conseguenti; e all’Italia, perché adotti politiche di accoglienza «al di là della prima risposta». Nel Comunicato si rileva anche il «dilagare di un paradigma antropologico» individualista che minaccia una visione «alta» della dignità e della socialità umana e si invoca una politica capace di «legiferare in maniera davvero efficace a tutela e promozione della famiglia» e della vita delle «persone fatalmente indifese». Il Consiglio ha inoltre approvato l’ordine del giorno della prossima Assemblea generale di Roma (23-27.5.2011), che avrà al centro la riflessione «sui soggetti e sui metodi dell’educazione alla fede», priorità pastorale del decennio, e l’approvazione della seconda parte dei materiali per la nuova traduzione italiana del Messale romano.

Dalla prolusione del card. Bagnasco

A. card. Bagnasco
La sessione del Consiglio permanente della CEI si è aperta, il 28 marzo, con la consueta prolusione del card. Presidente che ha orientato i lavori delle giornate successive. Ne pubblichiamo i passaggi che hanno toccato tre temi particolarmente rilevanti e attuali per la vita della Chiesa e del paese: la celebrazione del 150° anniversario dell’unità nazionale (cf. Regno-att. 6,2011,145s e in questo numero alle pp. 193 e 198); le rivolte in Nord Africa (cf. Regno-att. 6,2011,149ss e in questo numero a p. 249) e la relativa emergenza dei profughi e dei rifugiati; la recente sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo favorevole all’esposizione del crocifisso nelle scuole pubbliche (cf. Regno-att. 6,2011,191ss e in questo numero a p. 233).

Un cammino che continua… dopo Reggio Calabria. Documento conclusivo XLVI Settimana sociale cattolici

Comitato scientifico e organizzatore Settimane sociali dei cattolici italiani
«Cosa può significare oggi, in Italia, per noi cattolici e per la Chiesa tutta servire il bene comune?». Questa e altre domande hanno guidato lo sforzo di definire «un’agenda di speranza per il futuro del paese» durante la XLVI Settimana sociale dei cattolici italiani (Reggio Calabria, 14-17.10. 2010; Regno-doc. 19,2010,595ss). La responsabilità per il bene comune è declinata dal Documento conclusivo, presentato a Roma dal Comitato scientifico e organizzatore lo scorso 11 marzo, in un orizzonte ampio e «non schiacciato sul pessimismo dilagante». Il testo offre suggestioni su temi sociali di particolare urgenza: la ripresa della crescita del paese; le nuove forme di «mobilità sociale» attente ai più giovani e ai più disagiati; la cittadinanza per «coloro che arrivano nel nostro paese in cerca di lavoro e di diritti»; la necessità di «portare a compimento una fin troppo lunga transizione delle istituzioni politiche». La significativa presenza dei giovani alle giornate di lavoro è segnalata come positiva risposta all’appello per «una nuova generazione di cattolici capaci di portare le proprie responsabilità in ogni ambito della vita pubblica».

Una collegialità più ricca. Lettera del card. Péter Erdö per i 40 anni del CCEE

P. card. Erdö
All’interno di un processo stimolato dal concilio Vaticano II, che ha visto nascere in tutti i continenti degli organismi atti a favorire l’esercizio della collegialità tra i vescovi e a introdurre i punti di vista continentali nella Chiesa universale, veniva fondato a Roma il 24-25 marzo 1971 il Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa, con 17 vescovi in rappresentanza di altrettante assemblee di paesi europei occidentali e orientali. Oggi i membri sono 37. Per celebrare la ricorrenza del 40° anniversario della fondazione il presidente in carica, l’arcivescovo di Budapest card. Péter Erdö, insieme ai vicepresidenti card. J. Bozanic di Zagabria e J.-P. Ricard di Bordeaux, il 25 marzo ha inviato una lettera ai presidenti delle Conferenze episcopali d’Europa e a tutti i vescovi europei. «I nostri sforzi per stabilire reti di amicizia e di solidarietà, in un tempo in cui la vita si sta sempre più intercollegando, diventano così una testimonianza della sollecitudine della Chiesa che, essendo per sua natura cattolica, si sente chiamata a essere presente e a portare la luce di Cristo in questo mondo globalizzato».

40 anni di CCEE: le risposte dei vescovi

A. card. Bagnasco, F. Komarica, A. Stres, R. Mirdita
Alla lettera inviata dal card. Péter Erdö, arcivescovo di Budapest e presidente del Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa (CCEE), alcuni vescovi europei hanno risposto, richiamando il ruolo attuale e futuro del CCEE nell’evangelizzazione del continente europeo (www.ccee.ch; nostra traduzione dall’inglese per la lettera di mons. Mirdita).

Cristo nelle vittime. Diocesi di Dublino (Irlanda)

Diocesi di Dublino, D. Martin
A un anno dalla lettera di Benedetto XVI Ai cattolici d’Irlanda (Regno-doc. 7,2010,193), si sta per concludere la visita apostolica in alcune delle diocesi dell’isola per rispondere al problema delle violenze sessuali su minori da parte di sacerdoti e religiosi. La visita a Dublino, condotta dall’arcivescovo di Boston (USA), card. S. O’Malley (Regno-att. 6,2011,159), si segnala perché è stata conclusa da una liturgia, detta «Lamento penitenziale», celebrata dal visitatore assieme al vescovo locale, mons. D. Martin, nella pro-cattedrale St. Mary di Dublino il 20 febbraio. La celebrazione, che qui presentiamo assieme alle due brevi omelie del cardinale (cf. riquadro a p. 228) e dell’arcivescovo, prevedeva un’introduzione aperta dalla prostrazione davanti alla croce; la liturgia della Parola con brani dai rapporti ufficiali sulle violenze; la lavanda dei piedi ad alcune vittime; la recita di «litanie del lamento penitenziale»; la consegna del «cero della protezione» e la benedizione finale. Molto insistita la richiesta di perdono per quanti nella Chiesa non hanno voluto né vedere le violenze né farsi carico della sofferenza delle vittime.

Cristo nelle vittime. Liturgia del lamento penitenziale

Diocesi di Dublino
A un anno dalla lettera di Benedetto XVI Ai cattolici d’Irlanda (Regno-doc. 7,2010,193), si sta per concludere la visita apostolica in alcune delle diocesi dell’isola per rispondere al problema delle violenze sessuali su minori da parte di sacerdoti e religiosi. La visita a Dublino, condotta dall’arcivescovo di Boston (USA), card. S. O’Malley (Regno-att. 6,2011,159), si segnala perché è stata conclusa da una liturgia, detta «Lamento penitenziale», celebrata dal visitatore assieme al vescovo locale, mons. D. Martin, nella pro-cattedrale St. Mary di Dublino il 20 febbraio. La celebrazione, che qui presentiamo assieme alle due brevi omelie del cardinale (cf. riquadro a p. 228) e dell’arcivescovo, prevedeva un’introduzione aperta dalla prostrazione davanti alla croce; la liturgia della Parola con brani dai rapporti ufficiali sulle violenze; la lavanda dei piedi ad alcune vittime; la recita di «litanie del lamento penitenziale»; la consegna del «cero della protezione» e la benedizione finale. Molto insistita la richiesta di perdono per quanti nella Chiesa non hanno voluto né vedere le violenze né farsi carico della sofferenza delle vittime.

Cristo nelle vittime. Solo l'altro può perdonare: omelia di mons. Diarmuid Martin

D. Martin
A un anno dalla lettera di Benedetto XVI Ai cattolici d’Irlanda (Regno-doc. 7,2010,193), si sta per concludere la visita apostolica in alcune delle diocesi dell’isola per rispondere al problema delle violenze sessuali su minori da parte di sacerdoti e religiosi. La visita a Dublino, condotta dall’arcivescovo di Boston (USA), card. S. O’Malley (Regno-att. 6,2011,159), si segnala perché è stata conclusa da una liturgia, detta «Lamento penitenziale», celebrata dal visitatore assieme al vescovo locale, mons. D. Martin, nella pro-cattedrale St. Mary di Dublino il 20 febbraio. La celebrazione, che qui presentiamo assieme alle due brevi omelie del cardinale (cf. riquadro a p. 228) e dell’arcivescovo, prevedeva un’introduzione aperta dalla prostrazione davanti alla croce; la liturgia della Parola con brani dai rapporti ufficiali sulle violenze; la lavanda dei piedi ad alcune vittime; la recita di «litanie del lamento penitenziale»; la consegna del «cero della protezione» e la benedizione finale. Molto insistita la richiesta di perdono per quanti nella Chiesa non hanno voluto né vedere le violenze né farsi carico della sofferenza delle vittime.

O'Malley: «A nome del santo padre»

S. card. O'Malley
Al termine della celebrazione liturgica del Lamento penitenziale, hanno preso la parola il card. O’Malley, arcivescovo di Boston (USA) e visitatore apostolico a Dublino, e mons. Martin, presule dell’arcidiocesi (cf. qui sotto). Il cardinale, che ha iniziato chiedendo perdono «a nome del santo padre», ha indicato come dalla crisi sia possibile intravvedere «una Chiesa più santa, che cerca di essere più umile e più forte al tempo stesso» (www.cardinalseansblog.org).

Il ministero sacerdotale e la croce. Joseph Ratzinger, 28 maggio 1970

J. Ratzinger
«La croce è e rimane il fondamento e il continuo centro del sacerdozio cristiano che può trovare il suo compimento soltanto nella disponibilità del proprio io per il Signore e per gli uomini». Così, in un articolo pubblicato su L’Osservatore romano del 28.5.1970, delineava il nucleo fondamentale del ministero sacerdotale J. Ratzinger, allora do cente di Teologia dogmatica all’Uni versità di Regensburg, membro della Commissione teologica internazionale e consultore della Com missione dottrinale della Con fe renza episcopale tedesca. Il testo è ritornato attuale in seguito alle riprese sugli organi di stampa di un Memorandum in vista di una discussione circa il celibato, del 1970, dove figurava la firma – tra altre – di Ratzinger, ed è stato rievocato sull’onda del dibattito, sorto in Germania, sul dialogo e le riforme che sarebbero necessarie nella Chiesa (cf. Regno-doc. 5,2011,181). Quello che qui proponiamo è stato ripubblicato su L’Osservatore romano il 19 marzo, insieme a un breve articolo redazionale che opera alcuni distinguo e chiarimenti sull’effettiva presenza della firma di J. Ratzinger in calce al Memorandum del 1970.

Sul crocifisso nelle aule scolastiche. Lautsi contro Italia. Sentenza definitiva della Corte europea

E. Fribergh, J.-P. Costa, Corte europea dei diritti dell'uomo
«Decidendo di mantenere appeso il crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche… le autorità italiane hanno agito nei limiti del margine di apprezzamento di cui dispone lo stato convenuto nell’ambito del suo obbligo di rispettare… il diritto dei genitori di educare e istruire i figli in conformità alle proprie convinzioni religiose e filosofiche». Così la Gran de camera del la Corte europea dei diritti dell’uomo, chiamata a esaminare il ricorso del governo italiano avverso alla sentenza Lautsi contro Italia pronunciata dalla Corte il 3.11.2009 (cf. Regno-doc. 13,2010,442). Questa seconda sentenza, definitiva, porta la data del 18.3.2011. Assolve l’Italia dall’accusa di violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali affermando, tra le altre motivazioni, che l’esposizione a scuola del crocifisso, «simbolo essenzialmente passivo», non influenza gli alunni, an zi avviene in un contesto in cui lo stato «apre ugualmente lo spazio scolastico ad altre religioni».

Speranza per il Medio Oriente. Drew Christiansen sulla «primavera araba» in Tunisia e in Egitto

D. Christiansen
La «primavera araba» che repentinamente ha modificato gli equilibri del Medio Oriente negli ultimi tre mesi «ha accelerato in tutto il mondo arabo-musulmano sviluppi positivi che potrebbero essere alimentati e giungere a maturità». Drew Christiansen – gesuita, direttore della rivista America e consulente dei vescovi USA –, nel rileggere gli avvenimenti nordafricani nel discorso di apertura al Simposio annuale per la pace della diocesi di Arlington (Virginia, USA, 12.2) ha rivolto l’attenzione in particolare su tre prismi: la politica mediorientale degli Stati Uniti, che «è stata decisamente deleteria per i cristiani della regione»; il posto dei cristiani arabi nel mondo islamico, minacciati «dall’emergenza dell’islam militante e dal sacrificio dei loro interessi ad altri interessi geopolitici»; e la situazione dei cristiani in Terra santa, che fatica a essere compresa dai cristiani occidentali e in particolare statunitensi, e che purtroppo non mostra «germogli verdi, ma unicamente la vegetazione perenne del deserto che continua a offrire speranza in un paesaggio arido».

Una pace onorevole

V. Landel
Rispetto al conflitto in Libia, la posizione della Santa Sede e dei vescovi locali si è venuta precisando per gradi. Inizialmente si sono udite le dichiarazioni del vicario apostolico di Tripoli, mons. Giovanni Martinelli, sul fatto che, quanto ai massacri compiuti dal regime di Gheddafi contro i civili, erano «state diffuse delle notizie totalmente false e dannose» (27 febbraio) e che un intervento militare avrebbe alimentato un altro inutile «spargimento di sangue» (8 marzo; cf. Regno-att. 6,2011,252ss). Poi con l’Angelus del 27 marzo, a più di una settimana dall’inizio dei bombardamenti da parte delle forze anglo-francesi, il papa chiede un’«azione diplomatica», richiesta subito sottoscritta dai presuli della Conferenza episcopale della regione dell’Africa del Nord (CERNA) (www.vatican.va; www.ada.asso.dz).

Il Regno Documenti 7 2011. La rivista completa

Redazione
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