Il fermo immagine che le elezioni siciliane del 5 novembre – vinte dalla coalizione di centro-destra, perse dal Partito democratico (PD), e con il Movimento 5 stelle (M5S) primo partito, rafforzato dalla non competitività del centro-sinistra a motivo delle sue divisioni interne – ci restituiscono dell’Italia equivale a una conferma di quel che era già accaduto e che accadrà: siamo entrati in una fase di crisi strutturale della vita politica nazionale, contrassegnata da un sistema tripolare, conseguenza di un processo di destrutturazione del sistema partitico.
Guai a dimenticare che Cosa nostra (al di là di questo o quel capo, foss’anche un capo dei capi come Riina) rimane prima di tutto un collaudato sistema di potere, un’organizzazione con una grande capacità di corruzione e condizionamenti in ogni dove.
Il testo La libertà del cristiano appartiene ai grandi scritti riformatori di Martin Lutero, insieme alle opere La cattività babilonese della Chiesa e Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca, e risale all’anno 1520. Allora ebbe immediatamente ampia diffusione e colpisce ancora oggi il mondo cristiano.
Quella che si è tenuta dal 2 al 6 ottobre a Canterbury, su invito e sotto la presidenza dell’arcivescovo Justin Welby, potrebbe essere l’ultima assemblea dei primati della Comunione anglicana prima della Conferenza di Lambeth 2020, e non sembra avere disperso i nuvoloni all’orizzonte nei rapporti tra le 39 province: la Comunione continua ad avere un grave problema di comunione.
Alla fine di un anno ricco di anniversari come il 2017, ce n’è uno che non è riferito a un evento ecclesiale, ma a un fatto che ha avuto enormi conseguenze per tutte le Chiese e le comunità religiose: esattamente 100 anni fa, nel novembre 1917, è avvenuta la Rivoluzione russa, chiamata «Rivoluzione d’ottobre» a motivo del calendario giuliano in uso allora.
La questione delle aspirazioni secessioniste è un tema che sta riportando alla ribalta uno degli aspetti storicamente e giuridicamente più intricato ma decisivo per l’Europa: che cosa si intende con il termine popolo e chi è che lo dovrebbe riconoscere come tale? Per rispondere a questo quesito è interessante riflettere anche da un punto di vista biblico - la Bibbia è, infatti, il racconto di un popolo. Intraprendiamo questa piccola esplorazione con l’aiuto di Renato De Zan, sacerdote della diocesi di Concordia – Pordenone, docente ordinario di Critica ed ermeneutica al Pontificio Ateneo S. Anselmo e invitato alla Pontificia università gregoriana
Alle sorprese questo papa ci ha ormai abituati. Perciò non può stupire che Francesco abbia tratto occasione da un evento all’apparenza meramente celebrativo, a ricordo del 25o anniversario della prima e provvisoria pubblicazione di un nuovo Catechismo della Chiesa cattolica,1 per pronunciarsi su una questione specifica e tanto spinosa, nel contesto mondiale e per la stessa dottrina cattolica, come quella della pena di morte.
Sono quattro i principi di responsabilità per i presbiteri che hanno avuto figli mentre erano nel pieno esercizio del loro ministero: la migliore protezione del bambino, il dialogo con la madre e il rispetto nei suoi confronti, il dialogo con i superiori ecclesiastici e la considerazione della legge civile e canonica.
Ancora una volta ci ritroviamo a riflettere sulla vicenda di una persona con disabilità che sceglie il suicidio assistito in Svizzera. E ancora una volta dobbiamo evidenziare l’univoca rappresentazione con cui i mezzi di comunicazione hanno narrato la vicenda. Loris Bertocco aveva 59 anni. È morto l’11 ottobre. Il giorno dopo con grande evidenza veniva riportata la notizia insieme con un lungo memoriale di Bertocco nel quale raccontava la sua vita e i motivi della decisione estrema.
Ritornare nel vivo di uno dei problemi fondamentali per gli uomini e, in particolare, per i giovani di oggi: quello del lavoro. Un lavoro, come ha indicato papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, che deve essere «libero, creativo, partecipativo e solidale». Sono queste le premesse e le conclusioni della 48a edizione delle Settimane sociali dei cattolici italiani tenutasi a Cagliari, dove sono arrivati, dal 26 al 29 ottobre, oltre 1.000 delegati (circa 300 giovani, 190 sacerdoti, 80 vescovi) a conclusione di un percorso preparatorio avviato nelle rispettive diocesi di appartenenza.
Un viaggio in tutte le regioni d’Italia, fatto per mettere insieme frammenti di un discorso sul lavoro. Nel documentario Il lavoro che vogliamo, realizzato in occasione delle Settimane sociali di Cagliari, le otto storie presentate nel docufilm provano a declinare l’articolo 1 della Costituzione italiana, la «Repubblica democratica fondata sul lavoro», mettendo al centro la necessità di un lavoro degno.
Il quadro tratteggiato nei capitoli del Rapporto 2017 sulle politiche contro la povertà in Italia curato da Caritas italiana dà la portata di quanto sia cruciale il 2018 per una svolta effettiva nel percorso delle politiche sociali nel nostro paese. La novità del «reddito di inclusione» (REI), già di per sé estremamente rilevante, va valutata insieme alle altre, più modeste, policy settoriali in avvio. C’è un effetto aggregato che deve essere considerato sotto diversi profili, anche per la natura di mobilitazione sociale e territoriale che tutto questo genera.
Sono numerosi i provvedimenti che le istituzioni hanno recentemente preso come forma di lotta alla povertà in Italia, specialmente a partire dalla crisi economica del 2007-2008; occorre pertanto familiarizzare con una serie di sigle. Ecco il significato delle principali.
Ogni forma di radicalismo è un tentativo di negare la complessità che struttura il mondo attraverso risposte nette ed estreme. Da questa esigenza ha preso le mosse il convegno organizzato dal Centro per le Scienze religiose della Fondazione Kessler in collaborazione con Reset Dialogue e il Berkley Center dal titolo «Exiting Violence: the Role of Religion. From Texts to Theories» (10-12.10.2017).
Lo storico Edward H. Carr, sui cui testi studiai per la prima volta la rivoluzione russa e i suoi esiti fin dentro lo stalinismo, nelle sue famose Sei lezioni sulla storia (…) polemizza per alcune pagine con «quell’atteggiamento, più emotivo che razionale, che potremmo definire “fare la storia con i se”», sostenendo che non era il «baloccarsi» con la storia «controfattuale», come viene chiamata adesso, a costituire una risposta al determinismo e allo storicismo, e cioè alla convinzione che nulla poteva nella storia accadere di diverso da quello che era realmente accaduto.
Per la redazione delle Schede di questo numero hanno collaborato: Giancarlo Azzano, Giacomo Coccolini, Maria Elisabetta Gandolfi, Flavia Giacoboni, Niccolò Pesci, Valeria Roncarati, Domenico Segna, Paolo Tomassone.
Marco Ivaldo, uno dei più profondi conoscitori di Fichte, al quale ha dedicato alcuni importanti lavori apprezzati anche a livello internazionale, docente ordinario di Filosofia morale e Filosofia pratica presso l’Università Federico II di Napoli, rivisita la visione filosofico-teologica di Fichte con notevole capacità di sintesi, mostrando, al contempo, gli sviluppi e, in taluni casi, le questioni solamente abbozzate ma non pienamente risolte, attinenti all’ambito teologico.
In questo libro l’arcivescovo di Chieti-Vasto affronta tema teologico-ecclesiale decisivo del rapporto fra la Chiesa e Israele, la «santa radice».
Un romanzo sulla «sopravvivenza» che ha – è la stessa Sarchi ad evidenziarlo – come suo riferimento principale Se questo è un uomo di Primo Levi, pur con le dovute differenze. Siamo, infatti, dinanzi all’obbligo di rieducarsi mentalmente e, al contempo, di rieducare il proprio corpo su una condizione umana che metaforicamente ci accomuna. Ne parliamo con l’autrice.
Lo studio mette in ordine le analisi sui flussi elettorali, scruta attraverso 230.422 interviste (effettuate da IPSOS tra gennaio 2012 e dicembre 2016, per una media di oltre 46.000 interviste l’anno) il profilo politico degli elettori e l’evoluzione nel tempo di un movimento che si definisce oltre all’ideologia, di un partito «pigliatutti»: i delusi della sinistra e della destra, gli uomini e le donne (molti giovani e pochissimi anziani), gli ambientalisti e chi ha sfiducia nelle istituzioni.
Un viaggio straordinario nell’anno liturgico. Lino Prenna, docente di Filosofia dell’educazione nelle università statali e pontificie, studioso di Rosmini, attento ai problemi della famiglia, della società e della Chiesa, impegnato nel giornalismo e nell’animazione politica, scrive queste pagine con lo sguardo rivolto alle persone che aspirano alla carità, in tensione continua verso la verità, assetate di sapere e di comunione.
Dario Consoli, pubblicando la sua appassionata introduzione a Peter Sloterdijk, non offre soltanto un valido strumento critico per conoscere il pensiero del filosofo tedesco, ma contribuisce in maniera acuta ed efficace alla riscoperta contemporanea della spazialità.
Non c’è solo la Catalogna che tiene tutta l’Europa col fiato sospeso: nelle stesse settimane, in Africa, si è consumata un’altra crisi dalle conseguenze tuttora imprevedibili, ed è quella che mette in discussione l’unità del Camerun. Ancora una volta tutto ha origine dalle spartizioni coloniali di fine Ottocento e inizi Novecento.
Anche dopo le esequie, le sue spoglie mortali non possono riposare tranquille. Mons. Jean-Marie Benoît Bala, vescovo di Bafia, provincia del Centro, era scomparso il 31 maggio ed era stato trovato morto in un fiume il 2 giugno. Le sue esequie avevano potuto aver luogo solo due mesi più tardi, il 2 agosto, nella cattedrale Saint Sebastién di Bafia dove, la notte fra il 28 e il 29 agosto, la sua tomba è stata profanata.
A colloquio con mons. Giorgio Bertin ofm: è stato missionario in Somalia sin dal 1978, oggi è vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio. A lui abbiamo rivolto alcune domande sulla situazione del paese del Corno d’Africa.
Era il 1991 quando, caduto il regime di Mohammed Siad Barre, la Somalia sprofondava nel caos. Ventisei anni dopo, il paese vive ancora in una condizione di semianarchia. L’ex Somalia britannica (oggi Somaliland), da tempo, è indipendente, sebbene non riconosciuta a livello internazionale.
Sulla martoriata vicenda della Somalia, la rivista è intervenuta negli anni a più riprese.
Un unicum nella storia africana. Con conseguenze ancora in atto. Parliamo del voto in Kenya, dove per la prima volta in assoluto una Corte suprema ha invalidato un risultato elettorale, rinviando a nuove elezioni.
Conseguenza imprevedibile del claudicante processo elettorale: le regioni costiere della provincia di Mombasa hanno riesumato dai polverosi annali della storia la rivendicazione dell’indipendenza. Il 3 novembre, infatti, il governatore provinciale, Hassan Joho, ha tenuto una riunione incentrata proprio sulle modalità di secessione delle contee della costa del Kenya, insieme al governatore di Kilifi, Amason Kingi, e a una quindicina di altri politici d’opposizione.
In vista della prossima visita di Bergoglio alla terra dei mapuche, all’udienza generale di mercoledì 25 ottobre era presente una delegazione del Coordinamento mapuche in Europa, che ha consegnato al pontefice una lettera aperta, redatta il 19 luglio dalle comunità riunite a Temuco, dove Francesco farà tappa nel suo viaggio in Cile (15-18 gennaio).
Il 15 ottobre scorso, papa Francesco all’Angelus ha indetto un’inedita Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per la regione panamazzonica, che coinvolgerà almeno un centinaio di circoscrizioni ecclesiastiche (tra diocesi, vicariati e prelature apostoliche) in cui è suddivisa l’Amazzonia. Le parole pronunciate dal papa fanno intravedere anche i principali filoni tematici di quello che si configura come un primo esempio della «decentralizzazione» ecclesiale auspicata nell’Evangelii gaudium.
L'11 ottobre la Corte suprema dell’India ha ritenuto incostituzionale l’eccezione contenuta nel Codice penale che consente un rapporto sessuale tra un uomo e la sua sposa minorenne (tra i 15 – età minima per la convivenza – e i 18 anni – età minima per esprimere un consenso –), paragonandolo, a prescindere dal consenso o meno dato dal minore, a un atto di violenza sessuale.
L’islam è religione ufficiale di un paese che presenta una grande varietà etnica, religiosa e culturale, ma che ha leggi non su base religiosa anche se la sharia viene utilizzata, quando richiesto, per i musulmani. Questa situazione in precario equilibrio rischia ora di precipitare.
Il 2 novembre scorso si è spento nella sua Roma Manlio Simonetti, uno dei massimi conoscitori in senso assoluto del cristianesimo antico. Nato il 2 maggio 1926, fu allievo alla Sapienza di Ettore Paratore, di cui divenne presto assistente e da cui fu indirizzato allo studio della letteratura cristiana antica.
Oggi il rischio per l’Europa è d’essere «unita da una cultura della paura» dell’immigrazione, aggravata dall’incertezza del futuro economico. È un sentimento profondo, che taglia trasversalmente molte categorie sociali, come mostrano i dati che qui presenta Michael Zulehner, traendoli da ricerche effettuate nell’area linguistica tedesca e cecoslovacca. Anche se l’appartenenza religiosa forte è sicuramente un fattore di riduzione delle paure e del «razzismo difensivo» – di cui il Club di Roma già parlava nel 1991 –, si fa strada l’idea che sia necessario un nuovo «Piano Marshall» che non solo ricostituisca il tessuto sociale europeo, ma elimini e allenti le tensioni e prosciughi le fonti delle paure. Vistose sono le differenze tra Est e Ovest e riguardano anche le comunità ecclesiali, rispetto alle quali è necessario domandarsi che fare. Più che gli appelli morali, saranno efficaci l’azione politica (controllo delle armi, corridoi umanitari, formazione per i rifugiati), la formazione alla lettura corretta dei media e dei social network, il dialogo interreligioso; e soprattutto l’incontro con «i volti e le storie» concrete dei rifugiati.
La vicenda di Caino e Abele è leggibile in vari modi. Vista sul piano etico rimane segno perenne che ogni omicidio rappresenta, nella sua radice, l’uccisione di un fratello; letta in chiave antropologica indica l’antica, inestinta contesa tra i diversi, conflittuali modi di spartirsi beni e risorse; colta in chiave simbolica attesta la fragilità inscritta nella condizione umana.
Francesco parla in parabole tratte dalla vita vissuta e questo è un aspetto poco studiato della sua predicazione, benché segnalato ogni giorno dai media. Qui getto uno scandaglio e chiedo aiuto al lettore provveduto.