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"Io non mi vergogno del Vangelo"

"Io non mi vergogno del Vangelo"

Quattro trappiste dalla Toscana alla Siria e le altre erano già in Angola. Un invito ad aiutarle

L. Accattoli
Adriana, Mariangela, Marita, Marta Luisa: quattro piccole donne all’avventura in Siria. Quattro trappiste che sono partite cinque anni addietro dal monastero di Valserena (PI) con destinazione Aleppo «per custodire l’eredità dei nostri sette fratelli trappisti uccisi in Algeria nel 1996 e sostenere le comunità cristiane che si trovano sempre più isolate nel mondo musulmano». Non le ho mai incontrate e forse mai le vedrò, ma da quando le ho scoperte ne vado parlando a tutti e trovo che nessuno le conosce e dico che dovremmo aiutarle. Hanno bisogno di tutto, queste sorelle trappiste fatte audaci dal sangue dei fratelli: i sette monaci del monastero cistercense trappista di Nostra Signora dell’Atlas uccisi il 21 maggio 1996.

«Credo perché mi sento amata». Divagazione sulla fede da un libretto di Armando Drago

L. Accattoli
Nulla oggi è così arduo come dire «io credo in Dio» e darne ragione in parole comprensibili a chi ascolta. Io mi esercito a farlo a modo del giornalista che non porta pena, ma non trovo le parole giuste e sto attento a ogni altro tentativo. Per questo motivo ho letto fino in fondo un libretto senza pretese e senza referenze intitolato Credo in Dio perché è il più bravo (scritto da Armando Drago e appena pubblicato dalle EDB, Bologna 2010, pp. 168, € 12) e me ne è venuto un qualche guadagno ai fini di quella ricerca. Sono 765 risposte alla domanda: «Perché credi in Dio e nell’altra vita? » che l’autore ha rivolto – con la distribuzione di migliaia di foglietti – a chiunque gli capitasse a tiro, piccoli e grandi, noti e sconosciuti. Alcuni atei tranquilli, altri musulmani e buddhisti. Chi della Campania e chi del Veneto, ma per lo più toscani incontrati negli anni. Ne sono venute un migliaio di risposte, «la maggior parte di esse» è finita in questo libretto, precedute dalla narrazione godibilissima delle rispostacce che il nostro si becca da chi a tutto pensa meno che a Dio.

«Afflitti, ma sempre lieti». Un segno cristiano oggi più saldo che mai

L. Accattoli
Si dà gioia nella tribolazione come vorrebbe l’Apostolo con l’ardua consegna «afflitti, ma sempre lieti» (2Cor 6,10)? A quanto ho capito in tanti anni di nascite e di morti, quel prodigio non si dà in natura, ma ho pure visto che quanto non è possibile agli uomini è possibile a Dio e mi sono capitati intorno uomini e donne che permanevano «lieti nella speranza» (Rm 12,12) anche quando venivano trascinati via dalla sofferenza. Mi è anche capitato di avvertire, incredulo, che qualcosa di simile avveniva in me, non saprei dire se da sveglio o nel sonno, se nel corpo o fuori del corpo. Le storie delle persone qui nominate sono narrate nella pagina «Cerco fatti di Vangelo» del mio blog, www.luigiaccattoli.it, che si trova elencata sotto la mia foto.

Claudio Contarin che va in discoteca e parla come Teresa di Lisieux

L. Accattoli
Ho letto il Diario di Claudio Contarin1 e devo parlarne subito tanto ne sono felice: esso già modifica la mia preghiera, facendola più corale e lieta. Questo volumetto senza pretese è un qualcosa di unico: sono annotazioni contenute nell’agenda di un ragazzo vicentino morto nel febbraio del 2008 a 19 anni in un incidente stradale, ma sono anche un dono dello Spirito alla nostra epoca. Parole semplici, mai rilette, anche sgrammaticate, ma piene di cielo, sorprendenti quanto i primi appunti della coetanea Teresa di Lisieux. Preziose oggi che le parole cristiane si sono fatte rare sulla bocca dei ragazzi.

«Ora sono in pensione, anzi, in albergo». Due o tre consigli a chi si ritira dal lavoro

L. Accattoli
È un anno che sono in pensione dal Corriere della sera e forse è il momento per una riflessione. Il cambiamento è stato frastornante ma infine mi pare di poter dire che sono contento della nuova condizione. Era a questo che miravo. «Cerco pensionati felici», scrivevo più di dieci anni fa a pagina 33 del libretto Io non mi vergogno del Vangelo (EDB, Bologna 1999), dal quale è nata questa rubrica che ne ripete il titolo. Mi interrogavo sulla mia capacità di restare fedele a questa idea «quando sarà il momento». Ora posso sciogliere la riserva: sto meglio di prima anche se non ho avuto – come chiedevo – un contratto di collaborazione con il Corriere della sera. All’attivo ci sono voci più importanti.

Ogni bambino nasce a Betlemme. Lectio feriale sui figli e sul Natale

L. Accattoli
Preparo il Natale cercando Gesù in ogni bambino che incontro e intanto rileggo i primi due capitoli di Matteo e di Luca e vedo di rintracciare i miei figli piccoli nelle parole che raccontano di lui. Cerco nei racconti dell’infanzia i miei figli quand’erano piccoli e tutti i piccoli che riesco a guardare con occhio di padre. «Così fu generato Gesù Cristo» (Mt 1,18). Mi esercito a cogliere il suono familiare di queste parole. Quale cioè doveva risultare ai primi cristiani, tra i quali erano quelli che l’avevano udito parlare; che l’avevano visto con i loro occhi e che l’avevano toccato con le loro mani: «Così è nato Gesù». Quella familiarità che è nelle parole dei genitori quando raccontano ai figli qualcosa del loro arrivo: «Tu Beniamino sei nato all’Isola Tiberina in un giorno di pioggia».

Incontrare Dio nella rete. L'esperianza di chi modera un blog

L. Accattoli
Nella rete incontro gli uomini e dunque in essa posso incontrare Dio. Navigando ci si imbatte in vantaggi e svantaggi per incontri veri esattamente come nella realtà: vi è più rapida la conoscenza e l’interazione con ognuno, ma più facili sono anche il fraintendimento e l’insulto. L’abbondanza delle occasioni moltiplica la tentazione dell’oblio. Del continente digitale prendo in esame la sola «blogosfera»: cioè lo spazio dell’interazione scritta più immediata tra i visitatori di un sito web. Il marzo scorso ho raccontato qualcosa della violenza che ribolle nella blogosfera: Confessioni di un povero blogger: nella rete c’è più odio che nella realtà era il titolo (Regno-att. 6,2009,215ss). Ora tratto l’altra faccia, perché nella rete ci va sia chi spregia sia chi cerca l’uomo. E chi cerca l’uomo – che lo sappia o no – cerca Dio e non è lontano dal trovarlo.

Cerco i miei figli nella Bibbia. Ed esulto quando li trovo

L. Accattoli
C'è una piccola donna in Atti 12 che va alla porta, riconosce la voce di Pietro – che tutti sapevano in carcere – e «per la gioia» invece di aprirgli corre a darne l’annuncio mentre Cefa là fuori continua a bussare. Chi non ha negli occhi una ragazzina che per la gioia corre dalla parte sbagliata? E la prontezza della «servetta ebrea» della moglie di Naamàn il siro, malato di lebbra, nel Secondo libro dei Re? E la concentrazione della sorella di Mosè che in Esodo 2 osserva «da lontano» che cosa accadrà al cestello di papiro in cui la mamma ha sistemato il fratellino? Io vedo i suoi occhi che guizzano di qua e di là sull’acqua del Nilo. Cerco le somiglianze tra la nostra umanità più genuina, che traspare dai ragazzi, e quella che anima i libri della Scrittura. Esse mi aiutano a intuire il gesto di Gesù che si «mette vicino» un bambino per spiegare chi sia «il più grande», o il suo cuore che non si trattiene quando gli portano un ragazzo che ha cinque pani e due pesci. Ci interesseremo anche a un giovanissimo nipote dell’apostolo Paolo che ha una parte breve ma brillante in Atti 23: è sveglio come i nostri ragazzi che partono con le borse per l’«Erasmus».

Rienzo Colla che si cibava di locuste. L'avventura di un editore coraggioso

L. Accattoli
Rienzo Colla, fondatore nel 1954 della casa editrice vicentina La Locusta, è morto sabato 18 luglio all’ospedale San Bortolo di Vicenza: aveva 88 anni ed era solo come solo era vissuto, orso e gentile, bambino ogni giorno della vita. Lo incrociai per sua iniziativa: mi scrisse dopo aver letto un mio libro e sei anni più tardi mi chiese di fargliene un altro «come pare a te» per La Locusta. Lo feci conoscere a miei amici vicentini che non l’avevano mai incontrato. Venne a sentirmi in occasione di una mia conferenza in Vicenza, presso il Movimento ecclesiale di impegno culturale (MEIC), e ci vedemmo a casa di conoscenti suoi e miei.

Giovanni Ferro. Come un «giusto» inerme riuscì a salvare un ebreo e tre Mussolini

L. Accattoli
Tra i «giusti delle nazioni » potrebbe entrare presto il padre somasco Giovanni Ferro, che fu arcivescovo di Reggio Calabria dal 1950 al 1977 e per il quale è avviata da un anno la causa di canonizzazione: egli accolse al collegio Gallio di Como, di cui era rettore, un ragazzo ebreo per tutto il tempo della persecuzione nazista. Ho conosciuto l’arcivescovo Ferro – uomo mite e inerme se mai ve ne furono – e sono amico del Gallio dove fui chiamato tre anni addietro per una conferenza. È dunque con esultanza che racconto questa storia, lasciando la parola all’ebreo che fu messo in salvo. «Mi chiamo Roberto Furcht, ho ottant’anni e sono qui per rendere omaggio alla memoria del padre somasco e vescovo Giovanni Ferro, che mi accolse al collegio Gallio, qui a Como, durante l’occupazione nazista e al quale debbo la salvezza della vita».