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Documenti, 11/2022

Un nuovo presidente

76a Assemblea generale, Roma 23-27 maggio 2022

Conferenza episcopale italiana (CEI)

La nomina del card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, come nuovo presidente dell’episcopato italiano è l’evento di maggior rilievo della 76a Assemblea generale della CEI (Fiumicino-RM, 23-27 maggio). Ma al centro della discussione dei vescovi ci sono stati molti temi importanti da svolgere nel prossimo futuro. Innanzitutto il secondo anno del Cammino sinodale italiano, con l’individuazione di alcuni snodi pastorali prioritari su cui condurre un altro anno di ascolto (cf. l’«Introduzione ai gruppi sinodali» di mons. Erio Castellucci, arcivescovo di Modena). E poi le cinque linee di azione individuate per la prevenzione del fenomeno degli abusi sui minori e sulle persone vulnerabili: costituire in tutte le diocesi i Servizi per la tutela dei minori e i Centri di ascolto a cui le vittime si possano rivolgere; un report delle attività di prevenzione e dei casi di abuso segnalati negli ultimi due anni; un’analisi quantitativa e qualitativa sui dati custoditi dalla Congregazione per la dottrina della fede nel ventennio 2000-2021; la collaborazione con l’Osservatorio statale per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile.

Infine è stato impostato il lavoro per la riforma dei seminari, con l’approvazione di uno schema orientativo per la stesura della nuova Ratio nationalis, avendo come obiettivo di presentare il testo completo all’Assemblea generale del 2023.

voci dalle cattedrali

TORINO Repole arcivescovo di Torino «Abitiamo un mondo ricco, pieno delle stupefacenti possibilità che ci sono offerte da una tecnica sempre più avanzata. Abitiamo un mondo in cui sembra possibile soddisfare ogni bisogno. E può crescere, anche tra i cristiani, la tentazione nefasta di chiedere ormai tutto a questo mondo, che rimane tuttavia finito, fragile, e in alcuni...

Finché c’è tempo

Alla consegna del Premio per la pace «Giuseppe Dossetti»

Mons. Corrado Lorefice

«Continuiamo… a interrogarci su come si faccia a tenere assieme la resistenza all’invasore, la differenza tra aggressore e aggredito (che non può essere sottaciuta o mistificata), e la ricerca necessaria dei passi di chi annuncia la pace, dell’orizzonte di pace in cui ogni azione autenticamente umana deve collocarsi, affinché giustizia e pace possano giungere a “baciarsi” (cf. Sal 84,11) dentro la contraddizione cocente dei nostri giorni». Ha riflettuto su questo il 13 maggio mons. Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo, ricevendo il Premio per la pace «Giuseppe Dossetti» a Reggio Emilia.

Il suo intervento ha cercato di interpretare l’attuale guerra tra Russia e Ucraina alla luce del pensiero del card. Giacomo Lercaro e di Giuseppe Dossetti, ma anche al concetto bonhoefferiano di responsabilità: «Non è possibile sfuggire alla dimensione costitutiva della responsabilità personale dentro la temperie della storia, all’assunzione del peso delle cose, anche della colpa propria e dell’altro, del coinvolgimento pieno e senza sconti nelle vicende tragiche della storia collettiva».

 

Chiedo perdono agli indigeni

Alle delegazioni dei popoli indigeni del Canada

Francesco

«Provo vergogna, dolore e vergogna per il ruolo che diversi cattolici, in particolare con responsabilità educative, hanno avuto in tutto quello che vi ha ferito, negli abusi e nella mancanza di rispetto verso la vostra identità, la vostra cultura e persino i vostri valori spirituali. Tutto ciò è contrario al Vangelo di Gesù. Per la deplorevole condotta di quei membri della Chiesa cattolica chiedo perdono a Dio e vorrei dirvi, di tutto cuore: sono molto addolorato. E mi unisco ai fratelli vescovi canadesi nel chiedervi scusa». Il 1° aprile papa Francesco ha incontrato una delegazione dei popoli indigeni del Canada, e in tale occasione ha espresso dolore e vergogna per le «sofferenze, privazioni, trattamenti discriminatori e varie forme di abuso subiti da diversi di voi, in particolare nelle scuole residenziali». In questo contesto il papa ha aggiunto: «Quante colonizzazioni politiche, ideologiche ed economiche ci sono ancora nel mondo, sospinte dall’avidità, dalla sete di profitto, incuranti delle popolazioni, delle loro storie e delle loro tradizioni, e della casa comune del creato. È purtroppo ancora molto diffusa questa mentalità coloniale». Nel frattempo, poi, è stata fissata la data per il viaggio di Francesco in Canada: sarà dal 24 al 30 luglio.

 

Vescovi canadesi: verso la riconciliazione

Vescovi canadesi

Il 23 maggio, un anno dopo il ritrovamento di centinaia di sepolture senza identificazione nei pressi delle scuole residenziali (i «convitti indiani») per bambini indigeni nelle province canadesi della Columbia britannica e di Saskatchewan, i vescovi canadesi hanno pubblicato una Dichiarazione in occasione dell’anniversario dei ritrovamenti presso la scuola residenziale di Kamloops (www.cccb.ca; nostra traduzione dall’inglese).

 

Sui dubbi circa Traditionis custodes

Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti

La prima finalità del motu proprio Traditionis custodes, con cui nel 2021 papa Francesco ha revocato la facoltà di celebrare con il messale preconciliare, è quella di «proseguire “nella costante ricerca della comunione ecclesiale” …, che si esprime riconoscendo nei libri liturgici promulgati dai santi pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del concilio Vaticano II, l’unica espressione della lex orandi del Rito romano». Lo ha chiarito il prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, mons. Arthur Roche, pubblicando il 18 dicembre 2021 delle Risposte a dubbi su alcune disposizioni della lettera apostolica in forma di motu proprio Traditionis custodes, insieme a una Lettera ai presidenti delle conferenze dei vescovi che spiega i criteri guida delle risposte. «È questa la direzione nella quale vogliamo camminare ed è questo il senso delle risposte che qui pubblichiamo: ogni norma prescritta ha sempre l’unico scopo di custodire il dono della comunione ecclesiale».

 

Disponibile per tutti

Pastorale migratoria interculturale

Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale – Sezione migranti e rifugiati

Ogni incontro con un rifugiato o un migrante è un’occasione di scambio e arricchimento, nonché un’opportunità di incontrare Gesù stesso (cf. Mt 25,35). All’insegna di questa convinzione e alla luce del fenomeno migratorio crescente, la Sezione migranti e rifugiati del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale ha pubblicato il 24 marzo i nuovi Orientamenti sulla pastorale migratoria interculturale. Il documento, con una prefazione di papa Francesco, si articola in sette capitoli dedicati alle sfide proposte dallo scenario migratorio contemporaneo. Ogni sezione, a sua volta, si suddivide in «Sfida» e «Risposta», dando così vita a un vademecum di buone pratiche che, grazie all’accoglienza, aiutino la Chiesa a crescere e ad arricchirsi culturalmente. Purtroppo la pandemia e la guerra cui stiamo assistendo, osserva il papa, risvegliano nazionalismi chiusi e aggressivi, sia nel mondo sia all’interno della Chiesa, la quale invece dovrebbe accogliere, integrare, proteggere e promuovere ogni individuo, senza distinzioni fra autoctoni e stranieri, residenti e ospiti.

Il documento si apre con una citazione dell’Evangelii gaudium di Francesco in cui, davanti alla sfida posta dal fenomeno migratorio, il papa esorta tutti i paesi «a una generosa apertura, che invece di temere la distruzione dell’identità locale sia capace di creare nuove sintesi culturali». 

 

Preti, castità e paternità

Conferenza episcopale nazionale del Congo (CENCO)

«Considerando, da un lato, i diritti e gli obblighi dei genitori riguardo la loro progenie e dei figli riguardo i loro genitori e, dall’altro, l’incompatibilità del ruolo di “padre di famiglia” con il ministero e la vita sacerdotale in regime cattolico romano, chiediamo a ogni prete della Chiesa-famiglia di Dio che abbia un bambino di occuparsene completamente e, per fare questo, di sollecitare la dispensa dagli obblighi sacerdotali presso il santo padre». Con il documento Alla scuola di Gesù Cristo (cf. Ef 4,20). Per una vita sacerdotale autentica. Esortazione ai presbiteri sulla castità sacerdotale e sui diritti dei bambini e delle persone vulnerabili, pubblicato il 4 marzo al termine dell’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale nazionale del Congo (CENCO), l’episcopato congolese ha voluto affrontare un fenomeno diffuso, quello dei preti con famiglia. Una scelta di trasparenza anche nella prospettiva della visita di papa Francesco, che si recherà dal 2 al 5 luglio nella Repubblica democratica del Congo, in cui le 47 diocesi cattoliche rivendicano il 40% dei quasi 90 milioni di abitanti. Per chi non ascolterà l’appello dei vescovi alla coerenza di vita si prospetta la dimissione dallo stato clericale.

 

La Repubblica democratica del Congo - Infografica

Lorenzo Tamberi

Israele e la terra promessa

Gavin D’Costa, David Rosen

Affrontare la questione della terra promessa «in un Medio Oriente pieno di tensioni è difficile: musulmani, cristiani cattolici medio-orientali e altre Chiese cristiane, e naturalmente il popolo ebraico, sono tutti coinvolti nella questione... Alla luce della politica, la questione teologica potrebbe meritarsi un altolà. Ma la teologia non dovrebbe essere ostaggio della politica, bensì della rivelazione di Dio». Il dialogo ebraico-cristiano dopo il concilio Vaticano II e la dichiarazione Nostra aetate ha fatto molti progressi, tuttavia vi sono alcuni temi che, pur imprescindibili, sono particolarmente difficili da affrontare a causa delle loro implicazioni politiche, oltre che teologiche. Uno di questi è la questione della «terra promessa». Lo ha voluto comunque affrontare il Centro «Cardinal Bea» per gli studi giudaici della Pontificia università gregoriana, insieme all’Istituto tomista della Pontificia università San Tommaso d’Aquino, il 5 aprile in una conferenza su «Prospettive cattoliche ed ebraiche sulla promessa della terra e il suo significato contemporaneo».

In essa sono intervenuti il prof. Gavin D’Costa (Università di Bristol), con una riflessione su «Per un’affermazione teologica cattolica di Israele», e il rabbino David Rosen (Comitato ebraico americano) con un discorso su «Una prospettiva ebraica sulla promessa della terra e il suo significato contemporaneo».

Originale in nostro possesso. Nostra traduzione dall’inglese.

 

«Fratelli tutti» e il dialogo interreligioso

Massimo Naro

Per papa Francesco «il dialogo interreligioso non è un espediente proselitistico, sostenuto magari dalla pur buona intenzione di proporre agli interlocutori l’opzione della conversione. Il dialogo interreligioso non è questione di conversione, ma di convergenza». È la conclusione a cui giunge Massimo Naro, docente di Teologia sistematica nella Facoltà teologica di Sicilia, in questo suo testo intitolato «L’enciclica Fratelli tutti pietra miliare del dialogo interreligioso», pronunciato in un convegno su Fratelli tutti tenutosi presso la stessa Facoltà il 13 maggio, per iniziativa dell’Ufficio regionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale siciliana. L’autore percorre il magistero di Francesco risalendo dall’enciclica Fratelli tutti ai suoi antecedenti più prossimi, come il Documento sulla fratellanza umana firmato ad Abu Dhabi nel 2019, e più remoti. Sebbene non siano mai citate, è inevitabile andare col pensiero alle parole che Francesco ha pronunciato negli ultimi tre mesi sulla guerra in Ucraina laddove il prof. Naro rammenta l’insistenza del papa su quello che potremmo chiamare «il disarmo di Caino», o sull’esigenza di «smilitarizzare il cuore dell’uomo».

 

Spiritualità nel pluralismo religioso

Andreas Nehring

Il termine «spiritualità» è diventato illeggibile a causa dell’uso non riflesso che se ne fa oggi e necessita di un chiarimento da parte delle Chiese. Lo ha spiegato Andreas Nehring, docente di Studi religiosi e teologia interculturale all’Università di Erfurt (Germania), in una conferenza su «Spiritualità tra religione e secolarizzazione» tenuta il 6 aprile presso la Facoltà di teologia cattolica dell’Università di Salisburgo. Oggi «la maggior parte delle persone non lo intende più nel suo significato di modo quotidiano di vivere lo Spirito di Dio, ma lo associa piuttosto a convinzioni esoteriche», al di là della religione istituzionalizzata.

«Occorre… chiedersi se la connotazione attualmente diffusa e ampiamente positiva della spiritualità nei discorsi pubblici e l’apertura interreligiosa che sembra essere implicita in questo termine debbano essere valutate come un fenomeno moderno, nonostante il ripetuto ricorso a tradizioni antiche. La tesi di questo contributo è che “spiritualità”, come i termini “religione” e “secolarizzazione”, sia un concetto moderno nel suo uso contemporaneo».