La LXXIV Assemblea generale della CEI (Roma, 24-27 maggio) non poteva rinviare oltre. Oramai le mezze risposte al papa date nel tempo suonavano sempre più come un prendere tempo, un aspettare, una manifestazione d’incertezza, di nessuna convinzione.
Sinodi, concili, cammini e percorsi sinodali… A complicare il quadro è arrivato un annuncio da parte della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi. Che pone particolare enfasi sulla consultazione delle Chiese locali sul tema della sinodalità stessa. Partirà infatti dalle diocesi domenica 17 ottobre 2021, passerà attraverso una fase continentale fino al 2023 per poi concludersi nell’ottobre dello stesso anno a Roma come Chiesa universale.
Come un fulmine a ciel sereno, venerdì 4 giugno il card. Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco – Frisinga, ha presentato le dimissioni dal suo incarico episcopale. Presidente della Conferenza episcopale tedesca dal 2012 al 2020, il porporato è dal 2013 membro del Consiglio dei cardinali e dal 2014 coordinatore del Consiglio per l’economia.
A fianco del testo delle dimissioni, pubblicato anche in italiano sul sito della diocesi (https://bit.ly/3cpf4De) e presentate al papa il 21 maggio scorso, presentiamo la nostra traduzione dell’intervista che il presidente della Conferenza episcopale tedesca, Georg Bätzing, ha rilasciato al canale TV Ardmediathek il 4 giugno (Re-blog.it; https://bit.ly/3v5fDbQ) e il testo della lettera con la quale il papa il 10 giugno ha rifiutato le dimissioni del porporato. (red.).
Oggi la formula «principi/valori non negoziabili» è pressoché scomparsa dal vocabolario ecclesiale e politico italiano, ma nel primo decennio di questo secolo, a cavallo tra i pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI e tra la presidenza della CEI dei cardinali Camillo Ruini e Angelo Bagnasco, essa ha rappresentato il riferimento a partire dal quale la CEI stessa ha orientato i cattolici italiani all’interno della vita politica, passiva e attiva.
Si leva da più parti, in differenti contesti geografici, soprattutto nel contesto di esperienze di tipo sinodale come quelle che coinvolgono Amazzonia, Germania, Australia, l’appello a un rinnovamento ecclesiale profondo. Ogni interrogativo sulla forma Ecclesiae, sul modo d’essere comunità e di compiere la missione messianica, porta con sé una radicale e imprescindibile domanda su chi sia soggetto attivo del «fare Chiesa», su quali siano le dinamiche di riconoscimento e valorizzazione dei doni dello Spirito per l’edificazione della comunità.
Lo scorso 5 maggio, presso il Pontificio istituto teologico Giovanni Paolo II, si è tenuto un concerto teologico a tre voci, note come i famosi «tre tenori» di qualche decennio fa. L’occasione era il 40o anniversario di fondazione dell’Istituto. L’evento, a cura della cattedra Gaudium et spes, aveva per titolo «Oggi e domani: immaginare la teologia. Per una rifondazione epistemologica».
Il tema della fraternità chiama direttamente in causa la responsabilità delle religioni, ampiamente sospette di fomentare l’intolleranza, eppure propositive di risorse simboliche e istituzionali che possono alimentare la comunione e contenere la violenza.
Una parte dell’opinione pubblica estera ha acquisito familiarità con il progetto antidemocratico in corso in Ungheria solo quando la Brexit e l’elezione di Donald Trump hanno sfondato la barriera narrativa: fino a quel momento lo spostamento della politica conservatrice verso l’estrema destra non era stato davvero preso sul serio. Tuttavia, l’incursione di Fidesz, il partito presieduto da Viktor Orbán, era cominciata già nel 2010, quando ha conquistato per la prima volta la maggioranza, sulle rovine della crisi finanziaria del 2008 e sulle ceneri dell’ex Partito socialista al governo, crollato negli anni precedenti.
Uscito da ben 4 elezioni andate a vuoto, Israele s’appresta a varare il più strano dei suoi governi: una coalizione di 8 partiti con posizioni tra loro diversissime, uniti praticamente dalla sola convinzione che sia giunto il momento di far voltare pagina al paese.
Padre Stephen Chow Sau-yan, provinciale della Cina della Compagnia di Gesù, è il nuovo vescovo di Hong Kong. Il popolo cattolico attendeva con ansia questo annuncio da ben 2 anni e 4 mesi. La reazione dei fedeli è stata positiva, di gioia e di fiducia. Hong Kong aveva bisogno urgente di un leader giovane, in possesso della piena autorità del vescovo ordinario, in grado di assumere una guida di prospettiva per una comunità che sta attraversando il momento forse più difficile della sua storia.
Andariega, vagabonda, è la parola con cui fu appellata Teresa. In realtà, il nunzio apostolico Filippo Sega, opponendosi in modo assai fermo all’opera di fondazione dei Carmeli degli Scalzi, la definì in modo ben più completo: «Donna inquieta e vagabonda, disobbediente e contumace». Questo accade nel 1577, dunque molti anni dopo che Teresa aveva scritto il libro della sua Vita, o come è piaciuto chiamarlo a lei Il libro delle misericordie di Dio.
Per la redazione delle Schede di questo numero hanno collaborato: Giancarlo Azzano, Maria Elisabetta Gandolfi, Flavia Giacoboni, Valeria Roncarati, Domenico Segna, Paolo Tomassone.
Dopo l’importante volume Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale. Dialettica e mistica (Jaca Book, 2017; cf. Regno-att. 6,2018,159), che rimane a oggi la più completa biografia intellettuale di papa Francesco, il nuovo libro di Massimo Borghesi contribuisce a comprendere il ruolo del pontificato attuale tra le diverse anime del cattolicesimo in Occidente.
L’indagine per raggiungere la sacramentalità della Parola si snoda lungo un cammino tracciato su due piani, reciprocamente appartenenti, storico-sistematico e biblico, il quale conduce verso l’approdo del «compimento della Scrittura» e «il sacramento e la Parola», i titoli della ripresa finale. Le opzioni ermeneutiche che guidano la ricerca sono dichiarate fin dall’Introduzione e vengono declinate mano a mano in base all’argomento, mentre per la parte biblica si aggiunge l’esposizione metodologica riguardante sia la delimitazione dell’ambito di ricerca, sia l’analisi testuale.
Siamo di fronte a un libro che cerca di raccogliere molte erbe evitando di cadere, a un tempo, nel proverbiale unico fascio; impresa non facile. Colto in questa luce, ha senso che il testo si chiuda all’insegna di un punto interrogativo relativo all’argomento principe della trattazione: «Ma allora che cos’è la creazione?» (229).
La filosofa Luigina Mortari, da anni, si dedica al dis-occultamento di quella parola sapienziale, originaria, centrata proprio sulla pratica della cura. Un qualcosa di essenziale e coestensivo alla vita stessa se è vero che, come scrive Mortari, «avere cura è il modo necessario dell’esserci» (37), è «il fenomeno ontologico fondamentale», la risposta prima e inaggirabile «alla fragilità e alla vulnerabilità della vita umana» (35).
Il volume presenta un ritratto di Mario Agnes (1931-2018) che è un profilo di storia del Novecento. Allievo di Paolo Brezzi, laureato in Lettere, docente di Storia del cristianesimo: il titolo di professore lo accompagna per tutta la vita.
La pandemia ha stravolto anche le abitudini delle parrocchie: se dopo un anno e mezzo si è trovato il modo per celebrare le messe e le liturgie in tutta sicurezza, nella maggior parte delle comunità ancora si fatica a ridare un ritmo normale alla vita comunitaria, rinunciando talvolta a iniziative e progetti considerati finora fondamentali per la pastorale. La catechesi è uno dei settori più colpiti dalle misure di contrasto alla diffusione del virus.
Nel 2020 la congregazione, fondata da san Guido Maria Conforti nel 1895 e diffusa in 4 continenti, doveva celebrare il XVI Capitolo regionale, dal titolo «Profezia nella concretezza», che ha potuto svolgere solo lo scorso maggio. Abbiamo intervistato il nuovo superiore regionale, padre Alfredo Turco.
Mentre è ancora attivo il conflitto con l’Etiopia nella regione del Tigrai (cf. Regno-att. 22,2020,698), in Eritrea proseguono le nazionalizzazioni forzate delle strutture scolastiche sostenute e promosse dalla Chiesa cattolica e da altre confessioni religiose.
Un gioco politico sulla pelle dei migranti. È questo il significato dell’«invasione» di 8.000 marocchini, yemeniti e africani a Ceuta nel maggio scorso. I due contendenti ufficiali sono Rabat e Madrid, ma dietro di loro si muovono altri due «giocatori»: Algeria e Fronte Polisario. E il territorio conteso, in realtà, è il Sahara occidentale.
Non si è ripetuto l’exploit del plebiscito del 25 ottobre, che, in un paese in cui l’affluenza al voto è di norma piuttosto scarsa, aveva visto accorrere alle urne più del 50% degli elettori per esprimersi sull’opportunità di mettere mano a una nuova Costituzione. Ma il 15 e16 maggio (oltre un mese dopo la data stabilita, a motivo della pandemia) il 42,5% dei cileni ha comunque eletto i 155 delegati che dovranno redigere la nuova Carta costituzionale, superando completamente quella del 1980, varie volte emendata, ma pur sempre figlia dell’era Pinochet.
La Colombia sembra vivere un momento politico inedito e dagli esiti incerti: una rivolta popolare iniziata con uno sciopero generale contro la riforma fiscale presentata dal governo ultraconservatore del presidente della Repubblica, Ivan Duque, e poi tracimata, nonostante il suo ritiro, in una mobilitazione contro il modello sociale oligarchico e l’impianto economico neoliberista dominanti nel paese.
Superato il secondo picco pandemico il 30 aprile, quando si sono registrati 401.993 nuovi casi (con il record di 4.529 morti giornalieri il 18 maggio), nelle settimane successive, l’India ha visto scendere la curva del contagio ma questo non ha impedito l’allungarsi della scia di lutti e il rafforzarsi delle critiche e delle polemiche per come il governo ha mal gestito la pandemia.
I fondi del piano Next Generation EU (NGEU) «rappresentano certamente un fondamentale strumento per uscire dalla crisi pandemica, e sono forse ancora più importanti in una prospettiva di medio termine» come un’occasione davvero unica, per l’Italia, di «intraprendere quell’ammodernamento delle infrastrutture, materiali e immateriali, da molto tempo frenato da vincoli strutturali e da carenza di risorse». A queste conclusioni, alle quali l’opinione pubblica italiana pare spesso aderire in forma superficiale o comunque poco consapevole, si giunge qui al termine di un’analisi economica che parte dal bilancio dell’anno appena trascorso («gravissimo» ma che «sarebbe stato molto peggiore se le politiche economiche non fossero intervenute prontamente e massicciamente»), per poi passare a considerare gli aspetti salienti del NGEU e del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) che lo declina rispetto al nostro paese, con il suo corollario di riforme strutturali. Queste comprendono, esplicitamente o implicitamente: le lentezze e inadeguatezze della pubblica amministrazione e la riforma della giustizia civile e penale, la sanità, di cui la pandemia ha evidenziato carenze e squilibri territoriali, l’istruzione (data la necessità di potenziare le competenze della forza lavoro), il sistema fiscale.