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Attualità
Attualità, 12/2021, 15/06/2021, pag. 341

Italia - LXXIV Assemblea generale della CEI: la decisione

L’avvio del Cammino sinodale italiano

Gianfranco Brunelli

La LXXIV Assemblea generale della CEI (Roma, 24-27 maggio) non poteva rinviare oltre. Oramai le mezze risposte al papa date nel tempo suonavano sempre più come un prendere tempo, un aspettare, una manifestazione d’incertezza, di nessuna convinzione.

 

Prima che la decisione prendesse la Conferenza episcopale, la Conferenza episcopale ha preso la decisione. A sei anni dall’invito che papa Francesco, intervenendo al Convegno ecclesiale di Firenze, aveva fatto alla Chiesa italiana di fare un sinodo nazionale, quel sinodo si farà. Ma dire che la maggioranza dei vescovi – e non solo la Presidenza della CEI – sia del tutto convinta, questo ancora no. Di fatto, sin qui, nessuno ha preso davvero in mano la situazione e indicato una linea.

La LXXIV Assemblea generale della CEI (Roma, 24-27 maggio) non poteva rinviare oltre. Oramai le mezze risposte al papa date nel tempo suonavano sempre più come un prendere tempo, un aspettare, una manifestazione d’incertezza, di nessuna convinzione.

«L’incontro della Presidenza della CEI con papa Francesco lo scorso 27 febbraio ha fatto maturare la scelta d’avviare il Cammino sinodale della Chiesa italiana», che prende avvio con questa Assemblea, come recita l’inizio della Carta d’intenti, pubblicata il 1° giugno. «Annunciare il Vangelo in un tempo di rinascita» è stato il titolo dell’Assemblea e figura essere il titolo del cammino sinodale.

L’Assemblea della CEI si è aperta con l’intervento del papa. Un intervento questa volta breve, a braccio, meno teso, su tre punti: seminari, tribunali ecclesiastici e Sinodo. Poi il faccia a faccia a porte chiuse con i vescovi, che ha preso più tempo. Dopo avere elogiato il lavoro dei Tribunali ecclesiastici, il papa si è soffermato con maggiore preoccupazione sui seminari, vista l’emersione dei numerosi e persistenti casi di pedofilia, e ha segnalato con decisione il pericolo di «sbagliare nella formazione» dei seminaristi. Centrale il tema dell’ammissione: «Abbiamo visto con frequenza seminaristi che sembravano buoni, ma rigidi. La rigidità non è del buono spirito. E poi ci siamo accorti che dietro quella rigidità c’erano dei grossi problemi. Seminaristi accolti senza chiedere informazioni, che sono stati mandati via da una congregazione religiosa o da una diocesi».

Su questo il papa ha dato anche notizia di una lettera che il presidente della CEI, card. G. Bassetti, ha ricevuto dal prefetto della Congregazione per il clero, card. B. Stella, e che dunque si configura come richiesta di elaborazione di linee guida della conferenza episcopale sul tema. Per quanto riguarda il Sinodo, papa Francesco ha ricordato che deve cominciare «dal basso in alto, nelle piccole comunità, nelle parrocchie. Un processo che richiederà pazienza e lavoro, far parlare la gente, e che esca la saggezza del popolo di Dio». In questo percorso, per il papa è centrale che la Chiesa italiana riprenda le linee tracciate al convegno di Firenze del 2015: «Un patrimonio che deve illuminare questo momento». Non bisogna perderne la memoria.

Del resto all’Azione cattolica italiana, nell’udienza del 30 aprile, il papa aveva sottolineato nuovamente, aggiungendolo a braccio nel suo discorso, che nell’Assemblea di maggio la CEI avrebbe ripreso il convegno di Firenze «togliendolo dall’archivio» e lo avrebbe fatto «alla luce del cammino sinodale che incomincerà la Chiesa italiana, che non sappiamo come finirà e non sappiamo le cose che verranno fuori. Il cammino sinodale che comincerà da ogni comunità cristiana, dal basso, dal basso, dal basso fino all’alto. E la luce dall’alto al basso sarà il convegno di Firenze».

L’ennesima spinta da parte del papa. Il card. Bassetti, quasi a difendere la ritardata decisione della CEI e sua, ha citato in un passaggio del suo saluto la pagina manzoniana dei Promessi sposi, quando don Abbondio dice al cospetto del cardinale Federigo Borromeo che «uno, il coraggio, non se lo può dare», riprendendo poi che se uno non ha coraggio, tuttavia, «può essere che gli venga se è mosso da un desiderio più grande delle proprie paure. L’importante è avere sogni e desideri più grandi delle paure».

La gran parte dei lavori dell’Assemblea sono stati dedicati al tema sinodale. È stata presentata, accompagnata dall’unica relazione di presentazione del vescovo di Novara e vicepresidente uscente, mons. F.G. Brambilla, la Carta d’intenti per il cammino sinodale. Su questa si sono svolti i gruppi di lavoro; una sintesi delle riflessioni è stata stesa dallo stesso Brambilla e da  G. Traini. L’Assemblea ha proceduto anche all’elezione dei due nuovi vicepresidenti della CEI, per l’area Nord e per l’area Centro, nelle figure di mons. Erio Castellucci, arcivescovo di Modena e Nonantola e vescovo di Carpi, e di mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari. Sono stati inoltre nominati i membri del Consiglio per gli affari economici e i presidenti delle Commissioni episcopali (cf. qui a fianco e Regno-doc. 11,2021,344).

Ascolto, ricerca, proposta

Più che «Sinodo nazionale» lo si definisce «Cammino sinodale della Chiesa italiana». Sottolineando un metodo: «L’itinerario del “Cammino sinodale” comporta la necessità di passare dal modello pastorale in cui le Chiese in Italia erano chiamate a recepire gli orientamenti CEI a un modello pastorale che introduce un percorso sinodale, con cui la Chiesa italiana si mette in ascolto e in ricerca per individuare proposte e azioni pastorali comuni. Ci è chiesto di passare da un modo di procedere deduttivo e applicativo a un metodo di ricerca e di sperimentazione che costruisce l’agire pastorale a partire dal basso e in ascolto dei territori. Finora gli orientamenti CEI (per il decennio) erano approvati dall’Assemblea generale e proposti alle diocesi che li recepivano attraverso iniziative, percorsi e azioni pastorali (…)

La prospettiva del “Cammino sinodale”, che emerge per il prossimo quinquennio, dovrebbe sviluppare insieme riflessione e pratica pastorale: ascolto, ricerca e proposte dal basso (e dalla periferia) convergeranno in un momento unitario per poi tornare ad arricchire la vita delle diocesi e delle comunità ecclesiali. “Ascolto”, “ricerca” e “proposta”: questi sono i tre momenti perché la lettura della situazione attuale e l’immaginazione del futuro possa smuovere il corpo ecclesiale e la sua presenza nella società».

La consapevolezza che il riferimento a Firenze consista sostanzialmente nel ritornare al testo del papa sembra evidente nel testo. Del resto, degli ultimi convegni ecclesiali (non solo Firenze 2015, ma anche Verona 2006) poco è stata ripreso nel vissuto delle Chiese locali. «È il vivo desiderio che ci ha trasmesso papa Francesco, per ripensare il presente e il futuro della fede e della Chiesa in Italia: la prospettiva teologica e spirituale di Evangelii gaudium e del discorso di Firenze predispone la trama dei “contenuti” essenziali del percorso. Si intravede la promessa di un percorso circolare: il processo sinodale propone una conversione pastorale già per il modo con cui viene elaborato e vissuto nelle parrocchie, nelle diocesi e nelle realtà ecclesiali e sociali. Le Chiese che sono in Italia ne potranno uscire arricchite nella misura in cui i variegati soggetti ecclesiali del paese si lasceranno coinvolgere. Forse emergeranno anche istanze di rinnovamento o di riforma delle strutture che dovranno essere tenute in debito conto, per snellire la macchina degli uffici e dei servizi pastorali, sia al centro sia alla periferia».

 

Indicare i punti cruciali

«La Chiesa è chiamata nel tempo della rinascita – continua la Carta – a coltivare un ascolto, un’immaginazione e una pratica in vista di un’agenda di “temi di ricerca” che si lascia fecondare dall’annuncio evangelico e da quanto stiamo imparando dalla pandemia. Piuttosto che cercare affannosamente soluzioni immediate, sarà importante indicare i “punti cruciali” dell’azione pastorale per il prossimo futuro, facendo tesoro di quanto abbiamo imparato nel travaglio del tempo presente: l’abbondante semina della Parola anche attraverso canali di ascolto rinnovati; la proposta della lectio e della meditazione personale quale nutrimento per la vita spirituale; la formazione della coscienza; il recupero dell’aspetto escatologico della fede cristiana nell’aldilà e nella speranza oltre la morte; la complementarità di celebrazioni sacramentali nelle comunità e di forme rituali vissute nello spazio familiare; la catechesi proposta con modalità e luoghi che superino il modello scolastico; l’azione educativa verso ragazzi, adolescenti e giovani adatta ad accompagnare nei passaggi della vita; la necessità di un’alleanza familiare per correggere il regime di appartamento e aprirlo alla scuola e alla comunità; l’urgenza di una nuova stagione di solidarietà e carità, per venire incontro all’aumento prevedibile e drammatico delle povertà materiali e della solitudine spirituale; la forza dell’impegno civile attraverso i corpi intermedi della società che è stato il collante nel momento della crisi; e, non da ultimo, la pratica di una cittadinanza e di un servizio politico all’altezza della ripresa auspicata».

Queste le parti salienti della Carta d’intenti. Il cammino sinodale durerà, dopo la preparazione e l’avvio nella seconda parte dell’anno, per il triennio 2022, 2023, 2024. E confluirà nel Giubileo del 2025.

Il rischio d’essere scavalcati dalla storia

L’introduzione di mons. Brambilla è stata accuratamente strutturata come ricapitolazione dell’insegnamento di papa Francesco, a partire da Firenze e dalla Evangelii gaudium sul tema sinodale, facendone emergere le radici teologiche e la metodologia, con qualche tratto difensivo (espresso soprattutto nella conferenza stampa), quasi a voler giustificare un processo storico che, complice la pandemia, ha scavalcato la pur raffinata riflessione della CEI.

Questo aspetto – il rapporto tra il kerygma cristiano e la tragedia della pandemia – è emerso in diversi interventi nei gruppi di lavoro. E mi pare decisivo per comprendere dove siamo come Chiesa e come cultura.

Alla fine non è così certo che la consapevolezza della sfida posta alla fede sia così chiara; che sia chiara ai più la situazione attuale di fine della cristianità e della modalità di fragilizzazione della fede con la quale si è consumata e manifestata la fine; che si stia consumando una separazione forte tra l’istituzione ecclesiastica e il popolo di Dio (tutti i battezzati), e mentre l’istituzione è tentata di chiudersi (e dividersi) in sé stessa per timore delle difficoltà, il popolo di Dio da un lato si stia avviando lungo un cammino di soggettività indifferente, e dall’altro si consolidi in una ridotta porzione settaria; che la crisi culturale profonda renda la stessa comunicazione della fede più frivola che vera, incapace d’argomentare e sostenere domande in pubblico. Forse il tema della missione va spostato dall’ecclesiologia alla teologia.

 

Gianfranco Brunelli

Tipo Articolo
Tema Francesco Pastorale - Liturgia - Catechesi
Area EUROPA
Nazioni

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