Dopo la Brexit, Trump. La vittoria di Donald Trump nelle presidenziali americane e la sconfitta di Hillary Clinton vanno in primo luogo lette con occhiali americani (cf. qui a p. 514). Ma c’è qualcosa di più generale e pervasivo in quel che è accaduto negli Stati Uniti e che riguarda anche noi. Qualcosa che si dovrebbe chiamare crisi della democrazia.
Dopo otto anni di governo democratico i repubblicani rimettono piede alla Casa Bianca grazie
al candidato «anomalo» Donald Trump, che alle elezioni dell’8 novembre ha ottenuto i voti di 279 grandi elettori sui 270 necessari per vincere. Il miliardario newyorkese, che dopo una delle peggiori campagne elettorali della storia ha battuto la sua rivale democratica Hillary Clinton, ferma a 218 grandi elettori, è il 45° presidente degli Stati Uniti d’America. I repubblicani hanno anche riconfermato il controllo della Camera dei rappresentanti e del Senato. Con Erik Jones, docente di European Studies and International Political Economy e direttore degli European and Eurasian Studies presso la sede di Bologna della Johns Hopkins University (School of Advanced International Studies), delineiamo l’anatomia di un voto che ha spiazzato il mondo intero.
Toribio, nel dipartimento del Cauca, è un municipio di popolazione indios nasa che ha pagato un prezzo altissimo nei 52 anni di guerra tra esercito e guerriglia. Il 7 ottobre i leader comunitari, il sindaco, la giunta comunale e le autorità indigene a nome di tutta la comunità hanno indirizzato una lettera al presidente Juan Manuel Santos, ribadendo «il proprio deciso impegno a proseguire e a rafforzare questo processo di pace», la volontà di sostenere l’équipe dei negoziatori sia del governo sia delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia – Esercito del popolo (FARC-EP).
Il 31 ottobre a Lund, in Svezia, papa Francesco, il presidente della Federazione luterana mondiale (FLM) Munib A. Younan e il segretario della Federazione Martin Junge hanno commemorato insieme, per la prima volta nella storia, i 500 anni della Riforma avviata da Martin Lutero nel 1517. La celebrazione si è svolta in due momenti: una preghiera comune nella cattedrale di Lund, con 500 partecipanti, e un evento pubblico nel vicino stadio di Malmö, davanti a 10.000 persone e in diretta TV e streaming, con il titolo «Insieme nella speranza».
Frank Otfried July è dal 2005 vescovo della Chiesa evangelica del Württemberg, ed è vicepresidente della FLM per l’Europa centro-occidentale. Incontrandolo a Lund gli abbiamo chiesto di raccontarci come si sta commemorando in Germania il Giubileo della Riforma.
Martin Junge, cileno, 54 anni, è dal 2010 il segretario della Federazione luterana mondiale (FLM), e il primo latinoamericano a ricoprire questa carica. Nello stesso anno la X Assemblea generale della FLM eleggeva come presidente Munib Younan, della Chiesa evangelica luterana di Giordania e Terra santa, evidenziando così come il baricentro della Federazione si sia spostato dall’Europa al Sud del mondo. In giugno la FLM ha scelto il pastore cileno per un secondo mandato, che scadrà nel 2024. Abbiamo incontrato il rev. Junge a Lund, prima della commemorazione comune del 500° anniversario della Riforma nella cattedrale della cittadina svedese, dove la FLM è stata fondata nel 1947.
Nel contesto della commemorazione comune dei 500 anni della Riforma abbiamo incontrato a Lund Helga Haugland Byfuglien, già vescovo di Borg, attualmente presidente dei vescovi della luterana Chiesa di Norvegia (la prima donna vescovo a ricoprire tale carica) e vicepresidente della FLM per i paesi nordici. Le abbiamo chiesto, come vescovo donna, quale sia la sua relazione con i vescovi cattolici.
Il cardinale svizzero Kurt Koch è dal 2010 presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Incontrandolo a Roma gli abbiamo chiesto come valuta questa nuova stagione dell’ecumenismo.
Non è mia intenzione esaltare la figura di Lutero oltre ogni misura; tanto meno vorrei cadere in giudizi anacronistici: la distanza tra le posizioni di Lutero e quelle del concilio Vaticano II non è solo cronologica. Tuttavia, ripensando il concilio Vaticano II e rileggendo i documenti da esso emanati, non si può non chiedersi quali sono stati i personaggi (Lutero compreso), i movimenti o gli eventi storici che in qualche misura lo hanno preparato. Lavoro che è già stato fatto da altri con competenza maggiore della mia, ma che reputo necessario fare anche in questa sede, sia pure a volo d’uccello.
Nel proemio del motu proprio De concordia inter codices (15.9. 2016), il legislatore papa Francesco evidenzia la ratio di alcune modifiche alle norme del Codice di diritto canonico, sottolineando in sintesi quanto segue: «A motivo della costante sollecitudine per la concordanza tra i codici, mi sono reso conto di alcuni punti non in perfetta armonia tra le norme del Codice di diritto canonico (CIC) e quelle del Codice dei canoni delle Chiese orientali (CCEO). I due codici possiedono, da una parte, norme comuni, e, dall’altra, peculiarità proprie, che li rendono vicendevolmente autonomi. Un primo breve approccio di queste modifiche permetterà di rilevare le implicanze pastorali ed ecumeniche della lettera apostolica di papa Francesco in forma di motu proprio De concordia inter codices.
Un segno speciale d’attenzione alle sofferenze della comunità cristiana della Siria, da quasi sei anni, ormai, provata dalle sofferenze della guerra. Non può evidentemente essere letta in nessun altro modo l’annuncio della scelta, del tutto inedita, dell’elevazione alla dignità cardinalizia del nunzio apostolico a Damasco, mons. Mario Zenari, compiuta da papa Francesco in occasione del prossimo concistoro che si terrà 19 novembre.
Arcivescovo emerito di Algeri dal 2008, mons. Henri Teissier è stato per 10 anni responsabile di Caritas Medio Oriente dove ha conosciuto la guerra del Libano dal 1974 al 1988 e, successivamnete, la terribile crisi terroristica vissuta dal paese durante gli anni Novanta. Nel 1981, ha rischiato di essere massacrato dai drusi assieme al presidente di Caritas Libano – adesso vescovo del patriarcato maronita – e ai suoi collaboratori. In un discorso pronunciato lo scorso 14 ottobre a Fossano (Cuneo) come prolusione dell’anno accademico dello Studio teologico interdiocesano e dell’Istituto superiore di scienze religiose, mons. Teissier ha fatto una riflessione sul tema «le violenze tra cristiani e musulmani» nel contesto attuale della vita internazionale.
Nella lunga preparazione al «Grande giubileo» con cui intendeva celebrare la fine del secondo millennio di civiltà cristiana, Giovanni Paolo II sottolineò più volte l’importanza per la Chiesa di riconsiderare criticamente il suo passato e di prendere coscienza delle colpe di cui i suoi figli nel corso della storia si erano macchiati. In ogni caso «purificare la memoria» significava liberarla da quelle fratture che ancora pesavano nella coscienza ecclesiale, da quelle divisioni che avevano costellato la sua storia. Nella celebrazione penitenziale del giubileo, svoltasi in Vaticano il 12 marzo 2000, l’elenco delle colpe trovò una sua complessiva sistematizzazione, più tematica che cronologica, che smussava la precisione dei fatti e attribuiva per lo più genericamente le colpe a tutta l’umanità. Ma c’era un preciso riferimento alle persecuzioni contro gli ebrei, in cui si poteva riconoscere l’allusione alla responsabilità dei cristiani per la Shoah e per le vicende più drammatiche del XX secolo.
A che punto siamo della storia? Questa domanda sembra essere sempre più frequente e pressante non solo sulle labbra degli specialisti delle discipline storico-sociali. Formulare una diagnosi del tempo o verificare la tenuta di un’epoca intravvedendone il declino rappresentano operazioni d’indubbio interesse. Nell’apparente compattezza della storia umana affascinano sempre più i crinali di separazione tra un’era e l’altra. L’atteggiamento di chi vuole rendere abitabile e confortevole la scena del tempo presente sembra infatti aver ceduto il passo a una sorta d’ansia per le diagnosi temporali. L’esigenza più urgente diventa così quella di leggere i segni del passaggio da uno stato all’altro della storia.
Questo importante volume raccoglie i contributi di un seminario di studio, tenuto presso la sede della rivista La Civiltà cattolica dal 28 settembre al 2 ottobre 2015, in occasione dell’anniversario della chiusura del concilio Vaticano II, e li mette a disposizione con l’intento che siano motivo d’ispirazione di quei «processi che la Chiesa sta vivendo in questo tempo sotto la guida di papa Francesco» (5), il quale, con la Evangelii gaudium, ha inteso rivolgersi «ai membri della Chiesa per mobilitare un processo di riforma missionaria ancora da compiere» (Laudato si’, n. 3; Regno-doc. 23,2015,2).
Il Regno non è un’opera di teologia o di esegesi, ma non ne ha nemmeno la pretesa: esso sembra continuare piuttosto il discorso avviato con il precedente Io sono vivo, voi siete morti, dedicato all’opera del grande scrittore di fantascienza Philip K. Dick, che larga parte ha avuto nella stesura in Les Revenants.
Come la crisi economica è arrivata più tardi, così anche la ripresa stenta a farsi sentire nel mondo degli editori «religiosi» rispetto a quello degli editori «laici». L’ultima rilevazione in materia è stata presentata nel maggio scorso alla Fiera del libro di Torino: -5,2% di fatturato nel 2015 per i «religiosi» contro un +0,7% del mercato librario in generale e un +1,6% a copia contro un -2,1%. Sugli ultimi 3 anni, però, il fatturato dei titoli di argomento religioso pubblicati dagli editori laici ha segnato un -23% mentre quello dei religiosi «solo» -4%.
La madre che muore ci porta con sé per tutta intera quella parte di lei che ci accompagnava ogni istante presente, o sullo sfondo, pensiero o soprassalto di emozione lontana. Nel racconto di Ferdinando Camon questo è un compito che, senza intenzione, come portato, si assume il padre, mentre i figli e i nipoti e i campi, le vigne, la terra fanno da coro. Coro di sguardi e di silenzi, lui è il solista.
Il presente testo propone alcune riflessioni che abbiamo maturato nel corso di interventi d’accompagnamento e consulenza ai percorsi d’unificazione e ridisegno di alcuni ordini e istituti religiosi nei quali siamo stati coinvolti in questi ultimi anni. Si tratta di tre famiglie religiose: le province del Nord Italia dell’Ordine francescano dei frati minori (ofm), le Suore di Maria bambina (la cui denominazione ufficiale è Suore della carità delle ss. Bartolomea Capitanio e Vincenza Gerosa sccg) e la Provincia dehoniana dell’Italia settentrionale. Non ripercorreremo la ricostruzione degli interventi ma indicheremo alcune linee di fondo che hanno seguito i percorsi di unificazione al fine di promuovere una riflessione condivisa su un tema sicuramente complesso.
Le «comunità di oranti, e in particolare quelle contemplative (...) costituiscono una istanza di discernimento e convocazione a servizio di tutta la Chiesa: segno che indica un cammino, una ricerca, ricordando all’intero popolo di Dio il senso primo e ultimo di ciò che esso vive» (n. 4; Regno-doc. 15,2016,480). Possiamo riassumere in questa frase la forza ispirativa della nuova costituzione apostolica Vultum Dei quaerere, a firma di papa Francesco, e resa pubblica il 22 luglio scorso. Essa viene in parte a dare proseguimento – «aggiornando e attualizzando (...) i valori permanenti» (n. 29; Regno-doc. 15,2016,488) – alla precedente costituzione apostolica Sponsa Christi di Pio XII (21.11.1950), che ha resistito per 66 anni, nonostante il Concilio e i profondi cambiamenti culturali ed ecclesiali successivi.
Il XV Rapporto su povertà ed esclusione sociale di Caritas italiana, presentato lo scorso 17 ottobre, è intitolato Vasi comunicanti. Esso affronta, infatti, il tema della povertà in Italia, descrivendo le interconnessioni che esistono tra la situazione locale e quella internazionale. Si segnala così che la povertà assoluta nel 2015 ha raggiunto il suo record con 1,5 milioni di famiglie e 4,5 milioni d’individui; essa affligge in particolare il Sud, gli stranieri e i giovani (cf. box a p. 565). La rete Caritas ha poi la possibilità di monitorare la situazione grazie anche al lavoro di 1.649 centri d’ascolto di 173 diocesi. Grazie alla loro opera di sensibilizzazione, la risposta ecclesiale all’emergenza povertà, acuita dagli arrivi dei migranti, è stata infatti molto elevata, con 20.000 persone accolte nelle diocesi nel 2015. Ciò è stato reso possibile anche tramite il progetto «Protetto. Rifugiato a casa mia», che prevede il coinvolgimento di famiglie delle parrocchie come facilitatrici dell’integrazione dei migranti all’interno del proprio territorio.
Alla dimensione giovanile è riservato uno specifico capitolo del volume, che riporta i principali risultati di un’indagine di Caritas Italiana e Università del Salento, di prossima pubblicazione, sul fenomeno dei neet (not in employment, education and training). L’indagine si è soffermata sui giovani neet che provengono da famiglie in situazione di povertà e che si sono rivolte ai centri di ascolto. Nel corso del trimestre 15 settembre – 15 dicembre 2015 si sono rivolti ai centri di ascolto Caritas di 80 diocesi italiane 1.749 giovani.
Fino al secondo dopoguerra era un mondo a sé. Chi veniva da lontano faceva fatica ad avere parametri capaci di comprenderlo. La parlata, lo stile di vita erano tutti loro; la miseria era condivisa con altri, ma lì comunque prosperava. Su Comacchio e sul Basso ferrarese irruppe poi il boom. Innanzitutto turistico. Sorsero velocemente i sette Lidi e si moltiplicarono le escursioni nel Delta. Specie la sacca di Scardovari divenne il regno degli allevatori di vongole. Comacchio, Goro e dintorni cambiarono pelle. La Romea divenne la strada su cui sfoggiare i nuovi mezzi di trasporto a due o a quatto ruote; le statistiche degli incidenti mortali si fecero impietose. La droga viaggiava non meno delle auto.
La simbologia legata al sale è molteplice, infatti questa sostanza è dotata di vari usi. Limitiamoci al fatto che il sale insaporisce i cibi. Dà gusto agli altri, mentre, se assunto in modo diretto, è pessimo al palato. La lampada è accesa non già per essere vista ma per far vedere; se si guarda direttamente la fonte luminosa, lo sguardo rimane abbagliato per eccesso di vigore. Analogamente il sale dà sapore, mentre in se stesso è immangiabile. Esso svolge una funzione positiva solo nella misura in cui si disperde: per il sale donare sapore agli alimenti comporta la perdita della propria identità.