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Libri del mese

Libri del mese

No all'unisono, ma in armonia. Gesù nella letteratura contemporanea

M. Beck
When truly brothers, / men don’t sing in unison / but in harmony», «Se tra loro c’è vera fratellanza, / gli uomini non cantano all’unisono: / cantano in armonia». Degno, nella sua pregnanza semantica, di essere paragonato a un versetto di un libro sapienziale della Bibbia come il Qoèlet o il Siracide, ma anche alla folgorante luminosità di un pensiero di Blaise Pascal o di Simone Weil, questo aforisma in tre soli versi reca la firma del grande poeta e saggista britannico Wystan Hugh Auden. Appartiene infatti alla sua ultima silloge, Thank You, Fog (Grazie, nebbia), apparsa postuma nel 1974 e pubblicata in Italia nel 2011 da Adelphi, con la traduzione di Alessandro Gallenzi. Per chi ama ascoltare e magari anche praticare il canto corale, questa micropoesia senza titolo non può non evocare anzitutto, con l’impatto del suo significato letterale, il segreto dell’armonia che presiede all’arte eccelsa della polifonia sacra.

Mille anni: Nel millenario di Camaldoli un volume fotografico ne celebra la ricerca spirituale

T. Ceravolo
Come per altre «anime forti » del Medioevo, l’esperienza di Romualdo (952 – 1027 ca.) si connota anche per il fatto di volersi risolvere nel perimetro esistenziale e spirituale del suo tempo storico, di non proiettarsi intenzionalmente in un’istituzione alla quale affidare la custodia del carisma originario. Romualdo non è un fondatore di ordini religiosi, non lascia ai suoi discepoli alcuna regola e se esercita un ruolo di magister la sua eredità è di tipo eminentemente spirituale, si situa sotto l’egida della vigorosa e radicale testimonianza, di un mirabile esempio di vita raccolto da chi si è posto alla sua sequela.

Tornare alla sorgente. La recezione del Vaticano II

C. Theobald
Che possiamo attenderci oggi dal Vaticano II? Che cosa dobbiamo necessariamente attenderci da esso? E come interpretarlo? È con queste tre domande che abbiamo iniziato il nostro percorso sulla recezione del Vaticano II, ed è con esse che ora terminiamo la sua prima tappa. Invece di riconsiderarne gli elementi essenziali secondo l’ordine storico riflesso dalle cinque parti di questo volume, ne raccoglieremo i tre risultati principali, rispondendo alle domande in questione, sperando così di porre in risalto la logica interna dell’itinerario seguito.

La Chiesa di sempre? I tradizionalisti alla conquista di Roma

P. Stefani
L'ampio e documentatissimo libro di Giovanni Miccoli La Chiesa dell’anticoncilio si apre po nendosi, in sostanza, la stessa domanda avanzata da Benedetto XVI nella lettera da lui rivolta, nel 2009, ai vescovi, e dedicata a replicare alle molte perplessità nate dal precedente decreto della Congregazione dei vescovi con cui veniva revocata la scomunica latae sententiae comminata nel 1988 ai quattro vescovi illecitamente consacrati da mons. Lefebvre. Papa Ratzinger in quel testo si chiese se quel provvedimento «misericordioso» fosse davvero necessario e se costituisse una reale priorità. La risposta affermava che certamente vi erano cose più importanti, già chiaramente indicate fin dall’inizio del pontificato, la prima delle quali era di rendere presente Dio in questo mondo e di aprire agli uomini l’accesso al Dio che si rivelò al Sinai e, definitivamente, in Gesù Cristo morto e risorto. Tuttavia fa parte della missione della Chiesa attuare «anche le riconciliazioni piccole e medie». Inoltre «può lasciarci totalmente indifferenti una comunità nella quale si trovano 491 sacerdoti, 215 seminaristi, 6 seminari, 88 scuole, 2 istituti universitari, 117 frati, 164 suore e migliaia di fedeli? Dobbiamo davvero tranquillamente lasciarli andare alla deriva lontani della Chiesa? Penso ai 491 sacerdoti».

San Tommaso l'innovatore. Cornelio Fabro nel centenario della nascita

T. Valentini
Quello di Cornelio Fabro (Flumignano 1911 - Roma 1995) è un itinerario di ricerca ad mentem sancti Thomae: esso si articola come un «rinnovamento del tomismo », o meglio ancora come un ripensamento vigoroso dei presupposti speculativi che hanno mosso la ricerca filosofica dello stesso Aquinate. Tale rizionepensamento avviene in un fecondo confronto critico con la modernità filosofica: sia con la genesi dell’ateismo moderno sia con quegli autori come Kierkegaard che hanno dato solide basi per una rinnovata «filosofia della libertà».

Simboli di una nazione. Il Risorgimento italiano e la Chiesa. Appunti su un tema storiografico

G. Turbanti
La celebrazione del 150° anniversario dell’unità italiana ha dato occasione negli scorsi mesi a numerose rivisitazioni di quello che è stato il processo di unificazione nazionale e a un rinnovato interesse della storiografia sull’argomento. Rivisitazioni tutt’altro che concordi, spesso anzi divergenti, che hanno anistoria mato dibattiti e discussioni intorno a un tema ancora capace di una forte presa sull’opinione pubblica. Si è trattato infatti di riandare a quel processo costitutivo dell’identità nazionale nel quale inevitabilmente si tendono a cercare, come in un imprinting genetico o piuttosto come in una colpa originale, i motivi di forza e di debolezza che il paese ha poi espresso nella sua anistoria successiva sino alle vicende di questi ultimi anni.

L'ombra delle realtà future. Lo sguardo di arte, teologia e filosofia verso l'inconoscibile

F. Rella
Platone parla di «un antico dissidio tra filosofia e poesia». Di fatto la contesa non era allora antica, in quanto era stata aperta dallo stesso Platone con la sua condanna dell’arte nei libri III, V e X de La Repubblica. Platone aveva alle spalle templi e statue e dipinti e Omero, e davanti a sé il grande pensiero tragico che aveva dominato il V secolo ed è contro questo che egli muove in primo luogo le sue accuse, poi anche contro le arti figurative, «imitazioni di secondo grado». La condanna investe il linguaggio e le forme con cui si parla del theos, del divino. Si attribuiscono infatti agli dèi sentimenti e comportamenti propri dell’umano consegnando ai fanciulli e poi ai cittadini un’immagine menzognera di ciò che è divino.

Patristica come stile. I padri della Chiesa nei documenti del Vaticano II

F. Ruggiero
Può in effetti stupire, ma l’immensa ricerca storicoteologica sul Vaticano II colma solo con il volume di Daniele Gianotti1 una lacuna rimarchevole, vale a dire l’assenza di un’indagine sistematica sull’utilizzazione dei padri della Chiesa nei lavori del Concilio, o, per essere più precisi, sulla coscienza e la sensibilità dei padri conciliari intorno alla rilevanza del ritorno alle fonti patristiche. Non quindi uno studio sulle citazioni dei padri in sé, ma l’approfondita ricostruzione e il proposito di una corretta interpretazione di un clima di luci e ombre, di accordi taciti e aspri scontri che prepara il terreno all’evento conciliare e prosegue durante lo svolgimento dello stesso.

Non per profitto. M. Nussbaum e il ruolo della cultura umanistica nella ridefinizione del welfare

M. Campedelli
Martha Nussbaum è una delle più apprezzate e vivaci filosofe del panorama contem poraneo. Nominata due volte tra le cento figure di intellettuali più influenti al mondo dalla rivista Foreign Policy, la Nussbaum ha esordito come studiosa di filosofia greca, prima di estendere i propri interessi a tematiche di filosofia morale, politica ed etica. A metà degli anni Ottanta si è imposta sul panorama filosofico internazionale con un libro dal titolo emblematico, La fragilità del bene (Il Mulino, Bologna 2004). È membro dello Human Rights Program delle Nazioni Unite, col quale ha collaborato a definire e implementare alcuni programmi di sviluppo, riferiti in particolare alla condizione di genere, in diverse parti del mondo. Attualmente, dopo esperienze di docenza ad Harward e alla Brown University, è Ernst Freund Distinguished Service professor di diritto ed etica presso l’Università di Chicago. Numerose le sue pubblicazioni tradotte in lingua italiana; rilevanti anche le frequentazioni della filosofa col mondo accademico del nostro paese, nel quale ha stretto amicizie e collaborazioni significative.

Eleonora Fonseca Pimentel. Colta, idealista, impolitica

A. Deoriti
Non fosse morta così tragicamente, appesa a una forca tra il dileggio della plebe napoletana, unica donna tra i giustiziati del 20 agosto 1799, forse la fama di Eleonora Fonseca Pimentel sarebbe ancora più esile di quanto non sia. Mediocre ma precoce verseggiatrice di componimenti d’occasione tanto in voga ai suoi tempi, elogiati senza troppa convinzione dal Metastasio; membro dell’accademia locale dell’Arcadia col nome di Altidora Esperetusa; di intelletto vivace e pieghevole in diversi campi del sapere, dalle scienze matematiche alla botanica, ella rispecchia quello spirito curioso e quell’idea enciclopedica della conoscenza che appaiono assai diffusi nel colto Settecento, anche fra le donne dei ceti più elevati: sicché sarebbe eccessivo riconoscerle una levatura particolare a questo livello, a confronto con altre gentildonne della buona società napoletana, fra tutte la principessa Faustina Pignatelli.