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Attualità
Attualità, 22/2011, 15/12/2011, pag. 747

La Chiesa di sempre? I tradizionalisti alla conquista di Roma

P. Stefani
L'ampio e documentatissimo libro di Giovanni Miccoli La Chiesa dell’anticoncilio si apre po nendosi, in sostanza, la stessa domanda avanzata da Benedetto XVI nella lettera da lui rivolta, nel 2009, ai vescovi, e dedicata a replicare alle molte perplessità nate dal precedente decreto della Congregazione dei vescovi con cui veniva revocata la scomunica latae sententiae comminata nel 1988 ai quattro vescovi illecitamente consacrati da mons. Lefebvre. Papa Ratzinger in quel testo si chiese se quel provvedimento «misericordioso» fosse davvero necessario e se costituisse una reale priorità. La risposta affermava che certamente vi erano cose più importanti, già chiaramente indicate fin dall’inizio del pontificato, la prima delle quali era di rendere presente Dio in questo mondo e di aprire agli uomini l’accesso al Dio che si rivelò al Sinai e, definitivamente, in Gesù Cristo morto e risorto. Tuttavia fa parte della missione della Chiesa attuare «anche le riconciliazioni piccole e medie». Inoltre «può lasciarci totalmente indifferenti una comunità nella quale si trovano 491 sacerdoti, 215 seminaristi, 6 seminari, 88 scuole, 2 istituti universitari, 117 frati, 164 suore e migliaia di fedeli? Dobbiamo davvero tranquillamente lasciarli andare alla deriva lontani della Chiesa? Penso ai 491 sacerdoti».

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60 anni di dialogo ebraico-cristiano: l'unica radice

C.M. Rutishauser, P. Stefani

Il significato del rapporto ebraico-cristiano «non è dato da sé», ma è «costituito dal contesto sociale», soggetto a «forti cambiamenti», come quello rappresentato dal massacro compiuto da Hamas e da ciò che ne è seguito. Muove da questo presupposto il gesuita C.M. Rutishauser, che mette a fuoco tre snodi: la compresenza di due narrazioni secolari sulla colpa europea, quella della Shoah e quella del postcolonialismo; la rimessa in discussione del paradigma occidentale della secolarizzazione e il confronto mondiale tra forze liberaldemocratiche e forze identitarie di cui Israele sembra oggi il teatro; il compito attuale del dialogo ebraico-cristiano alla luce del legame storico e teologico tra ebraismo e cristianesimo. Un dialogo oggi urgente e allo stesso tempo in crisi, come afferma P. Stefani, rileggendo, nel 60° della sua promulgazione, la dichiarazione conciliare Nostra aetate. Essa è stata l’«inizio di una svolta» nei rapporti cattolico-ebraici e «foriera di grandi e tutt’altro che esaurite conseguenze». Cruciali tra di esse l’abbandono, tuttora incompiuto, della teologia della sostituzione e l’assenza, nel testo conciliare, del tema del rapporto della Chiesa con la terra d’Israele.

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Sogni e politica alimentare

Roosevelt e Giuseppe

P. Stefani
Ci sono vari modi per presentare i sogni del faraone interpretati da Giuseppe (cf. Gen 41,1-36). Uno di essi consiste nel parlare di sogni e politica. Nella tradizione politica più nobile risuona tuttora il detto che fu di Martin Luther King: «I have a dream». In qualche modo se ne avverte ancora l’eco; tuttavia, da qualche anno più conforme alla cronaca sarebbe piuttosto il ricorso al verbo «essere». A molti leader recenti o attuali ben s’attaglierebbe il detto: «I am a dream». Né l’una né l’altra formulazione sono, però, davvero confacenti a quanto avvenne nell’episodio di Giuseppe. Per qualificarlo, l’espressione migliore sarebbe: «L’interpretazione dei sogni e la politica».
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P. Stefani
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