L’atteggiamento tenuto da Giorgio La Pira verso i temi trattati in questo volume – in estrema sintesi: l’antisemitismo, gli ebrei, lo Stato di Israele, il conflitto in Palestina –1 è già stato oggetto di diversi e solidi studi. La ragione principale che ha portato a stipulare una convenzione tra la Scuola normale superiore e la Fondazione La Pira, al fine di svolgere una nuova ricerca relativa a questi stessi argomenti, si può ricondurre a un triplice ordine di motivi.
A otto anni dallo scoppio della più grave crisi finanziaria che l’umanità abbia conosciuto, l’economia mondiale non ha ritrovato una situazione di equilibrio. La Cina ha capito che l’Occidente non può più consumare a credito i beni industriali che essa produce, ma stenta a trovare mercati sostitutivi. Il Brasile potrebbe crollare. Il Sud Europa è preso in una trappola deflazionistica da cui nessuno sa, al momento attuale, come potrebbe uscire, e che minaccia di condannarlo a perdere, come il Giappone, vari decenni.
Vorrei descrivere la misericordia secondo la logica dei sacramenti.* La struttura sacramentale richiede, secondo l’insegnamento più tradizionale, tre elementi: materia, forma e ministro,1 cioè una cosa – non un’idea – una forma e un soggetto. Come abbiamo già accennato, di questa triade è stata progressivamente data una lettura riduttiva o parziale. La forma è stata infatti spesso interpretata come «formula verbale», facendola coincidere con le parole pronunciate se non – peggio ancora – con la comprensione di quanto quelle parole significherebbero. Nella liturgia sacramentale, anche quando la forma è espressa con una formula verbale, essa è più del significato delle parole, portando in sé la sovrabbondanza simbolica tipica del rito.
La ricerca di Stella Morra si rivolge a ciò che ella chiama la «forma», una parola ricca sia in estensione che in profondità e perciò assai difficile da definire: un insieme, il più possibile unificato, di convinzioni, di azioni, di sensibilità, di leggi, attraverso cui sia possibile vivere autenticamente il Vangelo. La diagnosi è che, trascorso ormai mezzo secolo dal Vaticano II, non abbiamo ancora trovato la «forma» che ci possa permettere di avanzare più liberamente e speditamente.
Con la pubblicazione del secondo e atteso volume Seguendo Gesù,1 due tra i maggiori studiosi di letteratura e storia del cristianesimo antico, Emanuela Prinzivalli, docente alla Sapienza, e il suo maestro, Manlio Simonetti, accademico dei Lincei, completano il progetto di offrire al pubblico che legge l’italiano – un pubblico piuttosto vasto, nel quale vanno fatti rientrare, e a buon diritto, anche molti studiosi stranieri di vaglia – un’edizione integralmente nuova di autori o scritti d’età subapostolica (quelli che, con una espressione usuale fino a qualche tempo fa, ma oggi giustamente rifiutata, se non altro nei testi scientifici, per la sua inadeguatezza, si era soliti indicare come i «padri apostolici»), significativi, oltre che per il loro indubbio valore letterario, in quanto ancor oggi le migliori fonti documentarie per conoscere la polimorfa realtà della Chiesa nascente.