La pandemia di coronavirus, e la difficoltà degli esperti e dei governi di fronteggiare l’emergenza – prima per la mancanza di conoscenze e poi per le condizioni specifiche in cui si sviluppano le verità scientifiche –, e di renderne conto in pubblico, hanno minato la fiducia nel fatto che sia la verità a guidare la ricerca scientifica. «Piuttosto che tornare al conflitto tra fede e conoscenza messo in scena, a favore della scienza, da una certa tradizione illuminista, dobbiamo chiederci che cosa significa il nostro credere nella scienza e la facilità con la quale si trasforma oggi in diffidenza». Michaël Fœssel, professore di Filosofia alla Scuola politecnica e membro della redazione della storica rivista francese Ésprit (fondata nel 1932 da Emmanuel Mounier), riflette alla luce della filosofia su come si articolino oggi i registri della scienza e della fede. «Credere nella scienza o, viceversa, ritenere per certo che essa sia lì per ingannarci, significa confondere delle opinioni, che hanno bisogno di essere verificate, con delle credenze insensibili ai fatti, e che quindi sono tanto più formidabili. All’inverso riconoscere che non sappiamo, cercare di capire perché siamo ancora ignoranti e non schierarsi troppo in fretta, significa cercare di sdrammatizzare il legame tra le nostre credenze e la verità».
Non emergono toni eclatanti dal Comunicato finale dell’Assemblea della Conferenza episcopale italiana (CEI), tenuta dal 22 al 25 novembre: molto in effetti si è svolto a porte chiuse e nei «gruppi sinodali», nei quali i vescovi hanno avuto un intenso scambio. Anche l’incontro con il papa è stato protetto dalla riservatezza. Tuttavia dall’indice dei temi che ne emerge si capisce che il processo di riflessione sullo stato attuale della Chiesa in Italia e l’utilità dell’incamminarsi nel «Percorso sinodale» siano due elementi che stanno procedendo. Così – si legge – l’accordo è totale sulla necessità di favorire «l’ascolto attento di tutti battezzati», di «aprire il cuore e l’orecchio a quanti (…) sono rimasti ai margini della vita ecclesiale», di colmare «la distanza che separa il Vangelo dalla vita», di «riorganizzare la speranza, in una società che corre veloce lasciando spesso indietro i più deboli, che subisce il fascino mutevole delle mode, che parla linguaggi nuovi e fa dell’individuo il suo centro». E «la sfida affidataci dal papa (…) di aprire la consultazione di questo primo tratto del Cammino sinodale anche al di fuori» dei perimetri consueti è raccolta. Certo, far «spazio alla creatività di ciascuno» potrebbe sconcertare. Tuttavia questo cammino «non parte da zero», ma s’innesta nel Concilio e nella creatività anche recente delle Chiese locali. Si è parlato poi di COVID, migranti, cure palliative e protezione dei minori, ai quali i vescovi italiani offrono «ascolto, sostegno e vicinanza».
Incontrando i vescovi italiani riuniti in Assemblea generale straordinaria il 22 novembre, papa Francesco ha donato loro un cartoncino con le «Beatitudini del vescovo», traendole dall’omelia pronunciata dall’arcivescovo di Napoli, mons. Domenico Battaglia, per l’ordinazione dei suoi tre ausiliari il 31 ottobre.
«È importante sostenere alcune proposte di riforma per l’ecologia integrale. Abbiamo convenuto che il cambiamento però non avviene solo dall’alto ed è fondamentale il concorso della nostra “conversione” negli stili di vita come singoli cittadini e come comunità». Lo ha affermato il 24 ottobre, concludendo la 49a Settimana sociale dei cattolici italiani svoltasi a Taranto dal 21 al 24 ottobre 2021, mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali. L’evento, che ha riunito oltre 700 delegate e delegati (con una nutrita rappresentanza di giovani) da tutta Italia insieme a un centinaio di vescovi, sacerdoti e religiosi, laici, rappresentanti delle istituzioni, del mondo della politica e della cultura, aveva per tema «Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. #tuttoèconnesso».
Mons. Santoro ha delineato quattro proposte di impegno concreto che escono dalla Settimana sociale: la costruzione di comunità energetiche; la finanza responsabile; il consumo responsabile; l’alleanza contenuta nel Manifesto stilato dai giovani delegati (cf. in questo numero a p. 652).
Durante i lavori della 49a Settimana sociale (Taranto, 21-24 ottobre 2021), un nutrito gruppo di delegati giovani appartenenti a diverse realtà ed esperienze associative (pastorale giovanile, Progetto Policoro, Economy of Francesco, Comunità di connessioni, Confcooperative, Coldiretti, Confindustria, Confartigianato, ACLI, Azione cattolica, Comunione e liberazione, AGESCI) nel corso della sessione «Le conversioni e l’alleanza» ha lavorato a un Manifesto dell’alleanza (www.settimanesociali.it).
Anche «noi prendiamo parte al Cammino sinodale, ma siamo sempre più convinti che esso non possa portare al traguardo sui binari finora seguiti»; infatti un «buon cammino sinodale» va percorso «con l’intera Chiesa e nell’intera Chiesa». Lo scrive il vescovo di Regensburg mons. Rudolf Voderholzer, presentando il 3 settembre scorso, a nome di «membri dell’Assemblea sinodale» riunitisi in «gruppo», un sito in quattro lingue, «Contributi sinodali», che promette «testi alternativi, commentari e prese di posizione vaticane sui temi e sui forum del Cammino sinodale» tedesco, fondati «sul “sano insegnamento”». Essi sono stati «introdotti nel cammino sinodale. Tuttavia, in considerazione dei rapporti di maggioranza vigenti nel progetto, essi non sono stati e continuano a non essere tenuti in considerazione».
Il primo di tali contributi sinodali, intitolato Potestà e responsabilità. Tesi per una riforma della Chiesa e datato 24 agosto, è firmato da M. Schlosser (Premio Ratzinger 2018), A. Oehler, F. Wörner (vescovo ausiliare di Augsburg), W. Picken. Esso afferma che, se l’«abuso di potere» ha causato una «perdita di fiducia nella Chiesa come istituzione», essa può «avviare i miglioramenti necessari» solo «sulla base di ciò che secondo la fede cattolica la costituisce per sua natura», cioè riscoprendo «ciò che essa è in vista di Cristo».
L’8 novembre, alla fine della loro Assemblea plenaria autunnale a Lourdes (2-8.11.2021), molta parte della quale è stata dedicata all’esame dei temi sollevati dal Rapporto della Commissione indipendente sugli abusi sessuali nella Chiesa francese (CIASE; Regno-doc. 19,2021,615), i vescovi cattolici francesi hanno votato diverse risoluzioni che fanno seguito alle raccomandazioni contenute nel Rapporto.
Tra le decisioni c’è la richiesta di una visita apostolica da parte della Santa Sede in merito all’azione della Conferenza episcopale per la protezione dei minori; la costituzione di un’Istanza nazionale indipendente di riconoscimento e riparazione, affidata a una giurista; la decisione di vendere dei beni della Conferenza episcopale o delle diocesi per finanziare il fondo per l’indennizzo delle vittime; la creazione di nove gruppi di lavoro per affrontare i temi critici sollevati dal Rapporto; l’affidamento alla Commissione dottrinale della Conferenza episcopale di un approfondimento sui punti dottrinali menzionati dal Rapporto.
Il 24 settembre la Conferenza episcopale canadese, dopo la sua Assemblea plenaria, ha espresso in una nota il suo rimorso per i maltrattamenti e la morte di migliaia di bambini indigeni nelle scuole residenziali che il Governo affidava alle comunità cristiane, tra cui quelle cattoliche, nel quadro della politica di assimilazione dei nativi (www.cccb.ca; nostra traduzione dall’inglese). Nel frattempo è stato fissato dal 17 al 20 dicembre l’incontro del papa con i rappresentanti dei popoli indigeni canadesi.
«La nostra missione ci sospinge a camminare insieme verso il futuro di un continente che nasce da un destino di bellezza e di civiltà, di bontà diffusa e consolidata nei cuori, nelle tradizioni, nelle lingue: in sostanza, in un comune sentire, in un’anima». S’intitola Camminare insieme il messaggio finale dell’Assemblea plenaria del Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa (CCEE) nel cinquantesimo della sua istituzione, tenutasi a Roma dal 23 al 26 settembre sul tema «CCEE, 50 anni a servizio dell’Europa, memoria e prospettive nell’orizzonte di Fratelli tutti».
Durante i lavori è stata anche rinnovata la presidenza dell’organismo: l’arcivescovo di Vilnius, mons. Gintaras Grušas, presidente della Conferenza episcopale della Lituania, è il nuovo presidente; succede al card. Angelo Bagnasco, che ha guidato il CCEE dal 2016 al 2021. I due nuovi vice presidenti sono Ladislav Nemet, presidente della Conferenza episcopale internazionale dei Santi Cirillo e Metodio, e il card. Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e presidente della Commissione degli episcopati dell’Unione Europea (COMECE).
L’Assemblea plenaria del Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa (CCEE), tenutasi a Roma dal 23 al 26 settembre sul tema «CCEE, 50 anni a servizio dell’Europa, memoria e prospettive nell’orizzonte di Fratelli tutti» (cf. in questo numero a p. 680), ha costituito un rilancio dell’organismo, soprattutto grazie alle nuove nomine di vertice, che prefigurano un impegno prioritario nella crescita dell’unità con le Chiese dell’Est e dell’integrazione e collaborazione con l’altro organismo di collegamento tra gli episcopati continentali, la Commissione degli episcopati dell’Unione Europea (COMECE; cf. infografica a p. 681).
Il 12 settembre 2021 gli arcivescovi di Luzon settentrionale nelle Filippine – mons. Marlo Peralta di Nueva Segovia, mons. Socrates Villegas di Lingayen Dagupan e mons. Ricardo Baccay di Tuguegarao – hanno pubblicato un Messaggio pastorale congiunto sulla cultura dell’omicidio e del saccheggio. Così descrivono la situazione del loro paese: «È come vivere nella valle della morte: uccisione di tossicodipendenti e oppositori; morte senza fine a causa della pandemia, morte a causa di un governo senza visione, morte a causa di una corruzione indecente che sembra battere ogni record». Negli ultimi anni (quelli della presidenza di Rodrigo Duterte) «più di 30.000 poveri filippini sono stati uccisi nella campagna contro le droghe illegali. Sono stati uccisi giornalisti, assassinati oppositori politici, eliminati giudici dei tribunali, colpiti preti e maltrattate e minacciate voci critiche».
Di fronte a questa situazione, a partire dagli insegnamenti del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa s’invoca una resistenza civile da parte dei cittadini, un’approfondita indagine su tutti i casi di corruzione ed elezioni libere nel maggio del 2022.
Il 18 settembre 2020 il card. Luis F. Ladaria, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede (CDF), ha indirizzato al presidente della Conferenza episcopale tedesca, mons. Georg Bätzing, una lettera – accompagnata da delle Osservazioni dottrinali sul documento «Insieme alla tavola del Signore» del Gruppo di lavoro ecumenico di teologi evangelici e cattolici in Germania – per affermare che la partecipazione comune di cattolici e protestanti all’eucaristia / Cena del Signore non è teologicamente giustificata. Secondo la CDF «le differenze dottrinali continuano a essere talmente importanti da escludere attualmente una partecipazione reciproca alla Cena/eucaristia». Inoltre «il documento non può neppure servire come guida per la decisione di coscienza individuale sulla partecipazione alla Cena/eucaristia». Queste obiezioni sono la reazione al documento congiunto del Gruppo di lavoro ecumenico dei teologi protestanti e cattolici (ÖAK, di cui è co-presidente mons. Bätzing) Insieme alla tavola del Signore sulla reciproca ospitalità eucaristica (Regno-doc. 11,2020,358). Secondo quanto dichiarato nella lettera, che è stata resa pubblica dal Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani l’8 febbraio 2021 insieme alle risposte del Gruppo di lavoro ecumenico, la CDF è intervenuta su sollecitazione della Congregazione per i vescovi.
Papa Francesco nel 2017 con il motu proprio Magnum principium aveva modificato il can. 838 del Codice di diritto canonico del 1983, che regolamenta i rispettivi compiti della Sede apostolica e delle conferenze episcopali per quello che riguarda la liturgia, e in particolare la complessa operazione di traduzione dei testi liturgici del rito romano, dopo le difficoltà degli ultimi due decenni (cf. Regno-att. 16,2017,453). Il 22 ottobre la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti ha pubblicato Postquam summus pontifex, un Decreto attuativo delle disposizioni del can. 838 del Codice di diritto canonico che ha l’obiettivo di favorire l’applicazione del motu proprio, precisando in modo dettagliato responsabilità e competenze delle conferenze episcopali e della Santa Sede. L’accento è posto sulla «triplice fedeltà» richiesta: «Anzitutto al testo originale, quindi alla lingua peculiare in cui si traduce e infine alla comprensibilità del testo da parte dei destinatari introdotti nel vocabolario della rivelazione biblica e della tradizione liturgica». Atti fondamentali in questo processo sono la recognitio e la confirmatio: rispettivamente la revisione di quanto approvato dalla conferenza episcopale e della sua legittimità, tenendo conto della cultura, della tradizione e delle necessità pastorali del paese in questione; e la ratifica data dalla Sede apostolica alla traduzione dei testi biblici e liturgici, dopo avere constatato la validità della procedura seguita dalle conferenze episcopali.