Ambiente: un impegno dal basso
Conclusioni della 49a Settimana sociale dei cattolici italiani (Taranto, 21-24 ottobre 2021)
«È importante sostenere alcune proposte di riforma per l’ecologia integrale. Abbiamo convenuto che il cambiamento però non avviene solo dall’alto ed è fondamentale il concorso della nostra “conversione” negli stili di vita come singoli cittadini e come comunità». Lo ha affermato il 24 ottobre, concludendo la 49a Settimana sociale dei cattolici italiani svoltasi a Taranto dal 21 al 24 ottobre 2021, mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali. L’evento, che ha riunito oltre 700 delegate e delegati (con una nutrita rappresentanza di giovani) da tutta Italia insieme a un centinaio di vescovi, sacerdoti e religiosi, laici, rappresentanti delle istituzioni, del mondo della politica e della cultura, aveva per tema «Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. #tuttoèconnesso».
Mons. Santoro ha delineato quattro proposte di impegno concreto che escono dalla Settimana sociale: la costruzione di comunità energetiche; la finanza responsabile; il consumo responsabile; l’alleanza contenuta nel Manifesto stilato dai giovani delegati (cf. in questo numero a p. 652).
Stampa (24.10.2021) da sito web www.settimanesociali.it. Cf. anche l’Instrumentum laboris su Regno-doc. 11,2021,354.
Dopo questi giorni d’incontro di intenso lavoro, di vera sinodalità, un caro saluto a tutti. Innanzitutto, grazie!
Grazie per la qualità dei contributi dei relatori e del lavoro svolto; grazie per la partecipazione; grazie soprattutto per il prezioso contributo dei giovani e anche per la pazienza che ha consentito che tutto si svolgesse nel migliore dei modi: l’augurio è che riporrete questa Settimana sociale e la città di Taranto tra i vostri ricordi più belli.
Dobbiamo adesso trasformare le nostre parole, le nostre riflessioni, tutto quello che abbiamo visto e udito in un cantiere permanente. Abbiamo ascoltato, ci siamo lasciati ferire, in primis dalle istanze tarantine, che abbiamo inteso come emblematiche di un laboratorio illuminato dalla Laudato si’. Ora dobbiamo dare un contributo concreto, di essere noi stessi una risposta, perché non ci capiti che il nostro lavoro vada a sommarsi alle maree di opinioni e che non si traduca in cura paziente e amorosa per la nostra terra.
Taranto rimane una realtà graffiante, che ci costringe a essere sentinelle, che immette dentro di noi un’inquietudine, una scomodità, perché veniamo sospinti verso l’incudine e il martello della scelta fra salute e lavoro, con il racconto ingeneroso del profitto che decide sulla salute, sulla vita dei tarantini. Abbiamo ascoltato in questa Settimana ministri del Governo italiano ed europeo, sindacalisti, tecnici, economisti, ambientalisti. Siamo ancora più convinti che non è procrastinabile un profondo cambiamento di rotta per una vera transizione ecologica, che non metta più il profitto e l’acciaio innanzi alla salute, perché, come abbiamo ascoltato: «Tutto l’acciaio del mondo non vale quanto la vita di un solo bambino». La presenza della Chiesa italiana dice tutta la vicinanza della Chiesa a Taranto ma che situazioni come quella tarantina sono presenti in varia forma, anche se con proporzioni e situazioni differenti, in tutto il paese e nel pianeta.
Da dove eravamo partiti? Eravamo partiti da Cagliari, un’altra esperienza di forte condivisione.
È nostro dovere, quindi, riportarvi le proposte formulate a Cagliari in occasione della 48ª Settimana sociale di esattamente quattro anni fa.
Ci eravamo detti che volevamo misurare l’efficacia del nostro impegno. E regalammo ai nostri interlocutori istituzionali un metro, questo metro. Anche questa volta abbiamo regalato ai nostri interlocutori politici un metro, per misurare l’efficacia di quanto promesso.
Delle trenta proposte formulate nell’Instrumentum laboris ci concentrammo, anche sulla base del dibattito sviluppatosi nei tavoli di lavoro a Cagliari, su quattro proposte all’allora presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, e tre proposte all’allora presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, che vi leggo.
Le quattro proposte di Cagliari
al Governo e al Parlamento italiani
La prima, canalizzare i risparmi dei Piani individuali di risparmio (PIR). Anche verso le piccole imprese non quotate che rispondano a precise caratteristiche di coerenza ambientale e sociale. Stimolando l’investimento dei patrimoni familiari delle generazioni adulte. L’estensione della platea delle piccole imprese destinatarie dei risparmi veicolati tramite i PIR è stata realizzata con successivi interventi dal 2017 in poi dai diversi Governi che si sono succeduti.
La seconda, accentuare il cambio di paradigma del Codice dei contratti pubblici potenziando i criteri di sostenibilità ambientale; inserendo tra i criteri reputazionali i parametri di responsabilità sociale, ambientale e fiscale con certificazione di ente terzo; varando un programma di formazione delle amministrazioni sul nuovo Codice.
Questa proposta, pur andando avanti, ha avuto delle battute d’arresto, ma chiederemo al ministro Giovannini di riprendere il cammino.
La terza. Rimettere il lavoro al centro dei processi formativi. Per ridurre ulteriormente, e in misura più consistente, la disoccupazione giovanile occorre intervenire in modo strutturale, rafforzando la filiera formativa professionalizzante nel sistema educativo italiano. Questa linea è stata realizzata con successivi interventi dal 2017 in poi dai diversi Governi che si sono succeduti. La svolta potrà esserci con il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che prevede un massiccio investimento sugli istituti tecnici superiori per 1,6 miliardi di euro e sulla formazione abilitante.
Occorre però intervenire con precisione, anche per questo abbiamo inserito nelle proposte di policy di quest’anno il punto sulla formazione.
Quarta. Rimodulare le aliquote IVA per le imprese che producono rispettando criteri ambientali e sociali minimi, oggettivamente misurabili (a saldo zero per la finanza pubblica). Anche per combattere il dumping sociale e ambientale. Qualche spiraglio si apre con la delega appena varata per la riforma fiscale.
Le tre proposte al Parlamento UE
La prima, ovvero l’integrazione nello Statuto della Banca centrale europea del parametro dell’occupazione accanto a quello dell’inflazione come riferimenti per le scelte di politica monetaria non ha fatto passi avanti sostanziali, ma era considerata una proposta «profetica» e sia un presidente del Consiglio italiano sia uno dei leader usciti vincitori dalle recenti elezioni tedesche l’hanno fatta propria.
La seconda è considerare gli investimenti infrastrutturali e gli investimenti produttivi (anche privati) non come debito nelle discipline di bilancio. Con la sospensione del Patto di stabilità e crescita fino al 2022, si è avviato un cammino anche in questo senso.
La terza, un’urgente armonizzazione fiscale ed eliminazione dei paradisi fiscali interni, ha fatto un passo avanti storico con l’accordo lo scorso luglio in sede G20 e in sede OCSE per la minimun tax globale che coinvolge anche tutti gli stati membri dell’Unione.
I nuovi passi e le quattro iniziative
per la comunità ecclesiale
Ecco invece i nuovi passi e le quattro iniziative per la comunità ecclesiale. Dobbiamo innanzitutto essere noi il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo. In questi mesi di preparazione alle giornate di Taranto abbiamo maturato progressivamente, attraverso incontri nelle diocesi e sui territori e audizioni con le istituzioni, la convinzione che è importante sostenere alcune proposte di riforma per l’ecologia integrale. Abbiamo convenuto che il cambiamento però non avviene solo dall’alto ed è fondamentale il concorso della nostra «conversione» negli stili di vita come singoli cittadini e come comunità.
Per questo motivo intendiamo indicare quattro piste di conversione e di generatività futura per le nostre parrocchie.
La prima è la costruzione di comunità energetiche.
Come è ben noto il collo di bottiglia della transizione ecologica nel nostro paese è rappresentato dalla quota limitata di produzione di energia da fonti rinnovabili. Le comunità energetiche attraverso le quali gruppi di cittadini o di imprese diventano prosumer (produttori di energia che in primo luogo autoconsumano, azzerando i costi in bolletta e vendendo poi in rete le eccedenze) sono una grande opportunità dal basso per superare questo collo di bottiglia. E, allo stesso tempo, rappresentano un’opportunità di rafforzamento dei legami comunitari che si cementano sempre condividendo scelte concrete in direzione del bene comune. Nell’ottica di una transizione giusta e socialmente sostenibile, le comunità energetiche diventano anche uno strumento di creazione di reddito che può sostenere fedeli, parrocchie, case famiglia, comunità famiglia e comunità locali come già dimostrato da alcune buone pratiche realizzate o in via di realizzazione nei territori.
Vogliamo che tutte le comunità dei fedeli in tutte le parrocchie italiane avviino un progetto e diventino comunità energetiche.
Sappiamo che abbiamo bisogno di circa 7 gigawatt di nuova produzione da fonti rinnovabili all’anno se vogliamo raggiungere l’obiettivo di emissioni nette zero nel 2050. Se in ciascuna delle 25.610 parrocchie del nostro paese si costituisse almeno una comunità energetica che produce al livello massimo possibile di 200 chilowatt (o facesse nascere più comunità che arrivano complessivamente a quella produzione di energia) avremmo dato il nostro contributo con 5,2 gigawatt di nuova produzione da fonti rinnovabili.
La seconda pista di impegno è quella della finanza responsabile.
Nella Laudato si’ papa Francesco parla di uscire progressivamente dalle fonti fossili. Le nostre diocesi e parrocchie devono essere «carbon free» nelle loro scelte di gestione del risparmio, utilizzando il loro voto col portafoglio per premiare le aziende leader nella capacità di coniugare valore economico, dignità del lavoro e sostenibilità ambientale, coerentemente con le numerose prese di posizione nella dottrina sociale che evidenziano il ruolo fondamentale del consumo e del risparmio sostenibile come strumento efficace di partecipazione di tutti alla costruzione del bene comune.
La terza pista d’impegno è quella del consumo responsabile.
È cultura purtroppo diffusa nel paese lamentarsi di una piaga disperando che mai possa arrivare dall’alto una soluzione, eppure confidando solo in quella senza rendersi conto che il cambiamento possiamo realizzarlo noi stessi dal basso. Così è per il tema dello sfruttamento del lavoro e del caporalato ogniqualvolta un drammatico fatto di cronaca ci racconta di un bracciante morto nei campi. Eppure oggi esistono molti lodevoli imprenditori sociali che hanno costruito filiere «caporalato free» e offrono prodotti agricoli liberi da sfruttamento e con elevati standard sociali e ambientali e prezzi non dissimili da quelli dei prodotti corrispondenti. Oltre a chiedere che le amministrazioni locali ne tengano conto negli appalti e non mettano mai più nelle mense scolastiche dei nostri figli prodotti che non siano «caporalato free», vogliamo essere per primi noi comunità ecclesiali a prendere l’iniziativa ed essere «caporalato free».
La quarta è la proposta dell’alleanza contenuta nel Manifesto dei giovani.
L’orizzonte d’impegno più ampio verso il quale intendiamo camminare nei prossimi anni è l’alleanza intergenerazionale e quello dell’alleanza tra forze diverse di buona volontà nel nostro paese. Penso a quella nuova e vasta generazione di imprenditori più ambiziosi che non guardano solo al legittimo profitto, ma anche all’impatto sociale e ambientale della loro azione, e che sono esempi di quella grande quantità di buone pratiche censite a Taranto e a Cagliari; penso alla ricchissima rete di organizzazioni della società civile e del terzo settore che incarnano concretamente il principio di sussidiarietà; penso alla rete dei comuni civili e responsabili che con le buone pratiche di Taranto abbiamo iniziato a censire; penso alla rete dei festival per la sostenibilità (ASVIS, festival dell’economia civile, giornate di Bertinoro, Symbola, festival della prossimità, salone della CSR, GreenandBlue ecc.), una realtà bella ed emergente nel nostro paese che segnala la forte domanda di cultura e di impegno civile; penso ai giovani di Economy of Francesco e a quelli che hanno costruito il manifesto per l’alleanza qui a Taranto. Imparando sempre meglio a unire le nostre forze nel prossimo futuro possiamo veramente diventare un popolo in cammino in grado di aiutare il nostro paese nella delicata transizione ecologica, sociale e spirituale verso il bene comune.
Riguardando al percorso che ci ha portato prima a Cagliari e poi a Taranto ci conforta aver scelto il metodo della sinodalità che papa Francesco ci ha indicato per il Sinodo.
Ci siamo preparati a questo evento di ottobre con incontri nazionali, uno a Nord, l’altro in Centro Italia e l’altro nel Mezzogiorno, anche in Puglia: a Foggia sul tema agricoltura e legalità, a Lecce sul tema giovani, lavoro e ambiente, a Bari su annuncio evangelico e transizione ecologica per stilare un insieme organico di proposte che prevedono una transizione ecologica equa che non lasci indietro nessuno e che affronti con decisione l’emergenza climatica.
Si è trattato proprio di un cammino di sinodalità: la Chiesa ha bisogno di rinnovarsi dando ascolto a tutti. Nel Regno il più piccolo è il più grande. L’ultimo è il primo. Il più grande si fa servo. Questa è la matrice della vera sinodalità, frutto del Vangelo coraggioso, autentico e maturo.
Usciti da qui sarà nostro dovere impegnarci perché le giuste istanze, le proposte, il Manifesto dei giovani, trovino piena accoglienza e realizzazione: non abbiamo più tempo!
Abbiamo visto che possiamo realizzare il mondo diverso che abbiamo troppo a lungo solo immaginato mentre si perpetravano scelte di politica economica e sociale che hanno creato divari profondissimi tra gli uomini e oltraggiato la Terra.
Ogni delegato innanzitutto s’industri a condividere e a promuovere nelle comunità di appartenenza i contenuti dell’esperienza di Taranto, in particolare i 7 punti del Manifesto sull’alleanza.
Chiediamo che le parrocchie e le diocesi prendano l’impegno di
– promuovere la nascita di cooperative di comunità, cooperative di consumo, comunità energetiche e gruppi di acquisto solidale (GAS).
– Studiare, capire e valorizzare la vocazione del proprio territorio.
– Valorizzare le aree interne anche attraverso la pastorale rurale.
– Essere audaci nel rivedere l’impostazione della formazione verso i giovani, non aver paura di proporre nelle catechesi l’amore e la cura della casa comune, l’iniziazione cristiana sia anche iniziazione al saper abitare il mondo in cui il buon Dio ci dà da vivere.
– Provvedere a che vi sia nelle diocesi e nelle parrocchie un referente con la relativa competenza per la pastorale sociale, del lavoro e dell’ecologia integrale.
– Adoperarsi per la valorizzazione del ruolo della donna nella Chiesa e in politica sostenendo misure per il tempo di cura della famiglia.
– Favorire e partecipare ai gruppi di cittadinanza attiva che nascono dai problemi del territorio.
Ai giovani dico di coltivare la speranza così come la vostra fede e di specchiarvi negli occhi di Gesù: è Gesù il buon samaritano. Nella parabola del buon samaritano ognuno può rivedere sé stesso che nelle diverse situazioni della vita incappa nei briganti, perdendo la sicurezza della salute, dei beni.
Qui a Taranto ci lasciamo con due segni, l’uno già visibile, l’altro un sogno già in progress! Il primo è quello dei 50 platani piantati nel rione Salinella, il secondo il progetto «Prendi il largo», con la costituzione della società benefit Il Guscio della comunità della parrocchia cattedrale San Cataldo di Taranto vecchia. Vogliamo aiutare i giovani pescatori a trasformare i gusci dei mitili in nuove materie prime. Così che potremo raccontare questa parabola di come uno scarto, non solo tale ma problematico, possa divenire una ricchezza, una risorsa, un bene. È un segno-sogno a occhi aperti! Infatti Il CNR IRSA di Taranto ha già fornito alla comunità della cattedrale, oltre al supporto scientifico, anche uno studio sulla filiera di trasformazione e il reperimento dei primi acquirenti del prodotto finito, nell’area di Bergamo e di Venezia, interessati ad acquistare il risultato della produzione del carbonato di calcio per le loro attività commerciali. Ce la possiamo fare tutti insieme. Ci vuole solo coraggio!
Cari fratelli vescovi, cari delegati e delegate, carissimi giovani, lo stile di questa Settimana sociale ha dimostrato che il pianeta che speriamo è già cominciato. La speranza di una pienezza futura si basa su una salvezza presente. Il beato Giuseppe Toniolo, fondatore delle Settimane sociali, ci sostiene. Un percorso si è già aperto grazie alle agorà digitali che si sono aperte e in cui tutti siamo coinvolti. Ma non possiamo perdere un giorno di tempo. Con i tre segnali stradali che il papa ci ha proposto: gli attraversamenti, il divieto di sosta e l’obbligo di svolta cominciano subito. Non aspettiamo Glasgow, ma cerchiamo di anticiparla. Impariamo da papa Francesco con lo sguardo contemplativo e la concretezza nell’affrontare i problemi.
La 49ª Settimana sociale dei cattolici italiani a Taranto sia, oltre che una bella pagina della Chiesa italiana da poter raccontare, un punto fermo di svolta e di un futuro migliore che già da oggi ci appartiene. Grazie!
@ Filippo Santoro,
arcivescovo di Taranto,
presidente del Comitato scientifico
e organizzatore delle Settimane sociali