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Documenti, 5/2025

Disponibile per tutti

Le deportazioni ledono la dignità umana

Lettera ai vescovi degli Stati Uniti d’America

Francesco

«Ho seguito da vicino la grave crisi che si sta verificando negli Stati Uniti con l’avvio di un programma di deportazioni di massa. Una coscienza rettamente formata non può esimersi dal formulare un giudizio critico e dall’esprimere il proprio disaccordo nei confronti di qualsiasi misura che implicitamente o esplicitamente identifichi lo status illegale di alcuni migranti con la criminalità. Allo stesso tempo si deve riconoscere il diritto di una nazione a difendersi e a mantenere le comunità al sicuro da coloro che hanno commesso crimini violenti o gravi mentre erano nel paese o prima del loro arrivo».

Il 10 febbraio papa Francesco ha scritto una lettera alla Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti, pubblicata poi il giorno successivo. Il tema riguarda le «deportazioni di massa» che la nuova amministrazione Trump ha già attivato, mobilitando l’esercito (cf. anche Regno-att. 4,2025,70 e 106). La lettera invita i vescovi a resistere al provvedimento. Si tratta di fatto di una rottura tra Roma e Washington che non ha precedenti. Il papa esorta «tutti i fedeli della Chiesa cattolica, e tutti gli uomini e le donne di buona volontà, a non cedere a narrazioni che discriminano e causano inutili sofferenze ai nostri fratelli e sorelle migranti e rifugiati».

Il giorno stesso i vescovi degli Stati Uniti hanno risposto al papa per bocca del presidente della Conferenza dei vescovi cattolici, l’ordinario militare mons. Timothy Broglio (cf. riquadro a p. 130).

Il presidente dei vescovi: dare speranza agli immigrati

Timothy P. Broglio, presidente dei vescovi USA

11 febbraio mons. Timothy Broglio, ordinario militare e presidente della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti, ha risposto alla lettera inviata da papa Francesco il giorno stesso (www.usccb.org; nostra traduzione dall’inglese).

Antiqua et nova

Dicasteri per la dottrina della fede e per la cultura e l’educazione

Il 28 gennaio il Dicastero per la dottrina della fede e quello per la cultura e l’educazione, presieduti rispettivamente dal card. Víctor Manuel Fernández e dal card. José Tolentino de Mendonça, hanno pubblicato la nota Antiqua et nova sul rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana.

Il testo, dopo che nel 2024 papa Francesco aveva dedicato a questo tema il discorso per la Giornata mondiale della pace, desidera contribuire al dibattito sul tema dell’intelligenza artificiale, offrendo una guida etica e spunti di riflessione. L’innegabile potenziale dell’intelligenza artificiale secondo i due dicastri vaticani necessita di una responsabilità collettiva per controllarne le inevitabili pericolose derive: solo l’intelligenza umana, diversa e insostituibile da quella di una macchina, è in grado di trovare senso e significato al bene o, al contrario, di valutare ciò che è sbagliato, per cui non può essere attribuita alcuna responsabilità a una creazione artificiale.

La nota evidenzia le differenze fra le due intelligenze, specialmente sul piano antropologico ed etico, per cui mette in discussione l’utilizzo stesso della parola «intelligenza» in questo ambito. Quella artificiale in sostanza non è una forma d’intelligenza ma un suo prodotto, con un grande potenziale al servizio dell’educazione e della sanità per esempio, per promuovere l’interconnessione fra i singoli e le comunità e favorire il benessere di ognuno.

Il premier britannico: uno sforzo di pace collettivo

Keir Starmer

Il 24 febbraio, terzo anniversario dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte dell’esercito russo, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha riunito un vertice di capi di stato. Nell’occasione il primo ministro britannico Keir Starmer ha pronunciato un discorso, la cui trascrizione pubblichiamo in una nostra traduzione dall’inglese (www.gov.uk).

 

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Una libertà da difendere

Il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella all’Università di Marsiglia

Sergio Mattarella

«La storia non è destinata a ripetersi pedissequamente, ma dagli errori compiuti dagli uomini nella storia non si finisce mai di apprendere». Intervenendo il 5 febbraio scorso a Marsiglia per ricevere dall’Università l’onorificenza accademica di dottore honoris causa, il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella ha pronunciando un discorso da leader europeo (cf. Regno-att. 4,2025,66), dal titolo «L’ordine internazionale tra regole, cooperazione, competizione e nuovi espansionismi». Esplicitando i paralleli tra l’attuale situazione internazionale e quella che, negli anni Trenta del Novecento, portò alla Seconda guerra mondiale (ciò che gli ha procurato gli attacchi del Governo russo), Mattarella ha poi richiamato le acquisizioni di «quel complesso sistema di organismi» che «ha perseguito per ottant’anni l’obiettivo primario della pace mondiale, della crescita e diffusione della prosperità, della soluzione pacifica delle controversie», nonché di un suo «tassello essenziale»: il «rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali». Guardando poi alla «nuova articolazione multipolare dell’equilibrio mondiale» e al contraddittorio riaffacciarsi del concetto di «sfere di influenza», ha affermato che l’ordine internazionale è «un’entità dinamica, che deve sapersi adattare ai cambiamenti, senza cedimenti su principi, valori e diritti che i popoli hanno conquistato e affermato», indicando nell’Unione Europea «un punto di riferimento nella vicenda internazionale, per un multilateralismo dinamico e costruttivo».

Testimoniare la verità sull’Ucraina

Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo di Kiev, all’Università cattolica d’America

Dopo la post-verità, la post-giustizia. Sua beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore di Kiev e capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, in un intervento pronunciato durante la sua visita all’Università cattolica d’America a Washington il 18 febbraio 2025 (a pochi giorni dal terzo anniversario dell’attacco russo su larga scala), ha affrontato molte questioni di drammatica attualità legate alla guerra in Ucraina: le sue cause, l’ideologia del «mondo russo», l’anelito a una pace giusta. Sottotraccia s’intravvede la preoccupazione per il processo di pace avviato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump insieme al presidente russo Vladimir Putin, con l’esclusione della stessa Ucraina e dell’Unione Europea dal tavolo delle trattative.

Chiedendo a tutti di unirsi al popolo ucraino «in questa testimonianza di Dio, della vita, della verità, della dignità, della libertà e della speranza», l’arcivescovo Shevchuk conclude: «Viviamo nella speranza perché abbiamo assistito al miracolo della liberazione dal giogo sovietico e non desideriamo tornare indietro. Viviamo nella speranza perché abbiamo lasciato la terra di prigionia e abbiamo intrapreso un viaggio verso la libertà e la dignità. Viviamo nella speranza perché Dio ci guida. Viviamo nella speranza perché abbiamo persone che ci sostengono e pregano per noi. Viviamo nella speranza, non siamo soli».

Il papa: una ricorrenza dolorosa e vergognosa

Francesco

conclusione della messa in occasione del Giubileo dei diaconi, il 23 febbraio, mentre già era ricoverato al Policlinico Gemelli per un’infezione polmonare, papa Francesco nel testo preparato per la preghiera dell’Angelus ha ricordato il terzo anniversario dell’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione russa il 24 febbraio 2022 (www.vatican.va).

Le Chiese europee: in Ucraina una pace giusta e duratura

COMECE, KEK

Nell’approssimarsi del terzo anniversario dell’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo, le Chiese europee hanno manifestato la loro solidarietà alle Chiese del paese in guerra. Pubblichiamo in una nostra traduzione dall’inglese la lettera del 2 dicembre 2024 del presidente della Commissione degli episcopati dell’Unione Europea (COMECE, Chiese cattoliche), mons. Mariano Crociata (www.comece.eu), e la lettera del 24 febbraio – intitolata Preghiere e azioni per la pace in Ucraina – del presidente della Conferenza delle Chiese europee (KEK, Chiese ortodosse ed evangeliche), l’arcivescovo Nikita di Tiatira e Gran Bretagna (www.ceceurope.org).

 

Agenda Documenti

Agenda documenti   14 gennaio 2025. I vescovi tedeschi sulla pastorale per gli anziani. In vista delle sfide di una società che invecchia, la Conferenza episcopale tedesca ha pubblicato il 14 gennaio il documento Stare con le persone. La pastorale per gli anziani come risposta alle sfide di una società che invecchia. La Chiesa esamina le stime dell’Ufficio federale di statistica,...

Il presidente al cardinale: pontifex austriacus

Il presidente al cardinale: pontifex austriacus

Alexander Van der Bellen

Nel corso della messa di congedo del card. Christoph Schönborn nella cattedrale viennese di Santo Stefano, il 18 gennaio 2025, l’unico intervento oltre all’omelia del cardinale (cf. qui a p. 174) è stato quello del presidente federale Alexander Van der Bellen (www.bundespraesident.at; nostra traduzione dal tedesco).

 

Gratitudine, responsabilità e speranza

Il commiato dalla Chiesa di Vienna

Card. Christoph Schönborn

Il card. Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, ha celebrato il 18 gennaio una funzione di ringraziamento nella cattedrale di Santo Stefano in prossimità del suo 80° compleanno, il 22 gennaio, giorno in cui papa Francesco ha accettato la sua rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Vienna e ha nominato amministratore apostolico sede vacante don Josef Grünwidl, del clero viennese.

Durante la messa festiva alla presenza dei vertici dello Stato (cf. riquadro a p. 175), delle Chiese e delle religioni ha rivolto nella sua omelia «uno sguardo riconoscente al nostro paese, all’Austria», ma anche alle «fonti più profonde di speranza», basandosi sui testi biblici della celebrazione. In un momento in cui anche l’Austria vede un’avanzata politica delle destre nazionaliste il cardinale ha lanciato un appello urgente per una «coesistenza tra chi è indigeno e chi è arrivato di recente», che è «cruciale per il nostro futuro». Riferendosi alla sua storia personale di bambino rifugiato ha detto: «Avere compassione per i rifugiati fa parte dell’umanità. Può diventare il nostro destino». E ha concluso con urgenza: «Il mio più grande desiderio è che non si perda mai la benevolenza reciproca, anche se tra di noi ci sono dei conflitti».

Difendere la nostra democrazia

Chiese cattoliche ed evangeliche in Germania

La Chiesa evangelica in Germania (EKD) e la Conferenza episcopale tedesca il 29 gennaio hanno pubblicato una Dichiarazione congiunta del Commissariato dei vescovi tedeschi - Ufficio cattolico di Berlino - e del Plenipotenziario del Consiglio della Chiesa evangelica in Germania presso la Repubblica federale di Germania e l’Unione Europea sul progetto di legge per limitare l’afflusso illegale di cittadini di paesi terzi in Germania. In essa criticano il progetto di legge per limitare l’afflusso illegale di cittadini di paesi terzi in Germania, dopo che una mozione dei conservatori di Friederich Merz per chiedere all’esecutivo norme più severe sui respingimenti aveva raccolto il sostegno del partito di ultradestra Alternative für Deutschland (AfD) e scatenato un terremoto politico (il progetto è poi stato respinto dal Parlamento federale il 31). Nella loro dichiarazione le due Chiese cristiane sottolineano che le misure proposte non contribuiscono a risolvere le sfide della politica migratoria e sollevano, dal punto di vista delle Chiese, questioni legali ed etiche. La dichiarazione è a favore di una politica migratoria responsabile che sostenga i principi dei diritti umani e consenta l’integrazione sociale. Pochi giorni dopo, l’11 febbraio, gli episcopati cattolico ed evangelico, insieme all’Associazione delle Chiese cristiane in Germania, hanno pubblicato un Appello congiunto dei Presidenti delle Chiese cristiane in Germania sull’elezione del 21° Bundestag tedesco il 23 febbraio 2025 intitolato Difendere la nostra democrazia.

 

Dichiarazione di Vienna: per una coesistenza pacifica

Chiesa cattolica, Comunità ebraica e Comunità islamica in Austria

Il 9 gennaio il card. Christoph Schönborn, il rabbino capo Jaron Engelmayer e il presidente della comunità religiosa islamica in Austria, Ümit Vural, hanno firmato nel Palazzo arcivescovile la Dichiarazione di Vienna. La dichiarazione sottolinea la cooperazione delle comunità religiose per promuovere la pace e la coesistenza armoniosa nella società (www.ikg-wien.at; nostra traduzione dal tedesco).

Un appello umanitario per Gaza

Patriarchi e capi delle Chiese di Gerusalemme

«Siamo costretti a parlare contro la grave minaccia di sfollamento di massa, un’ingiustizia che colpisce il cuore stesso della dignità umana. Gli abitanti di Gaza, famiglie che hanno vissuto per generazioni nella terra dei loro antenati, non devono essere costretti all’esilio, privati di ciò che resta delle loro case, del loro patrimonio e del loro diritto di rimanere nella terra che costituisce l’essenza della loro identità». Lo scrivono in un Appello umanitario dalle Chiese di Gerusalemme: difendere la dignità e la presenza del popolo di Gaza, pubblicato il 14 febbraio, i patriarchi e capi delle Chiese cristiane di Gerusalemme, dopo che nella conferenza stampa del 4 febbraio, alla presenza del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha presentato il suo «piano» per Gaza: che gli Stati Uniti prendano possesso della Striscia «con una posizione di proprietà di lungo termine», se necessario inviando truppe; che i palestinesi si trasferiscano in massa e in modo permanente altrove, in «un buono, fresco, bellissimo pezzo di terra», un trasloco pagato «da paesi vicini, interessati e con un buon cuore umanitario». I capi delle Chiese di Gerusalemme invece chiedono «un accesso umanitario immediato e senza restrizioni per coloro che hanno un bisogno disperato. Abbandonarli ora significherebbe abbandonare la nostra comune umanità».

 

La priorità è la pace

Conferenza episcopale nazionale del Congo (CENCO)

 Nella Repubblica democratica del Congo «ci sono 27 milioni di vittime di insicurezza alimentare acuta e più di 5,7 milioni di sfollati tra il Nord Kivu, il Sud Kivu, l’Ituri e il Tanganica… Solo nelle due province più colpite dalla violenza, il Nord Kivu e l’Ituri, 4 milioni di persone sono state sfollate dal loro ambiente naturale, ovvero il 28% della popolazione del Nord Kivu e il 39% di quella dell’Ituri. Nella regione orientale della Repubblica democratica del Congo operano più di 252 gruppi armati locali e 14 gruppi ribelli stranieri». Nella regione dei Grandi laghi torna ad affacciarsi lo spettro di una catastrofe umanitaria, con il nuovo acuirsi della crisi provocata dalle milizie ribelli del gruppo «23 marzo» (M23), sostenute dal Ruanda, che il 27 gennaio senza alcuna resistenza da parte dell’esercito congolese hanno conquistato Goma, capitale del Nord Kivu. Nel frattempo la Conferenza episcopale nazionale del Congo (paese a maggioranza cristiana), insieme alla protestante Chiesa di Cristo in Congo che riunisce 64 denominazioni evangeliche del paese, ha lanciato il progetto di un Patto sociale per la pace e la buona convivenza (cf. riquadro a p. 186). E il 24 dicembre ha inviato ai fedeli del paese un appello dal titolo La mia priorità è la pace per sollecitare l’adesione a questo patto.

«Lanciamo questo appello nella speranza che l’urgenza e la necessità della pace trionfino sulle ferite del passato e sui rancori del presente».

Le Chiese: un patto sociale per la pace

Conferenza episcopale nazionale del Congo, Chiesa di Cristo

Nel precipitare della crisi causata dalla minaccia delle milizie ribelli M23 (cf. Regno-att. 4,2025,111), la Conferenza episcopale nazionale del Congo (CENCO, cattolica), insieme alla protestante Chiesa di Cristo, ha pubblicato il 18 gennaio un documento intitolato Tabella di marcia del Patto sociale per la pace e la buona convivenza nella Repubblica democratica del Congo e nella regione dei Grandi laghi (www.cencordc.org; nostra traduzione dal francese con titolazione redazionale).

 

Eucaristia ed evangelizzazione

Massimo Naro

«Il cambio d’epoca sancisce… anche un fenomeno con cui dobbiamo avere il coraggio e soprattutto la chiaroveggenza di fare i conti: intendere e celebrare il culto eucaristico come facevamo fino a qualche tempo fa non è più possibile o, almeno, è sempre più improbabile». In un’elaborazione originariamente nata per un’assemblea diocesana a Caltanissetta nel 2023 e qui proposta in forma rielaborata («“Gioirono al vedere il Signore”: eucaristia ed evangelizzazione»), il teologo Massimo Naro riflette sul senso dei congressi eucaristici oggi, avvertendo che «se gli atteggiamenti o i discorsi non corrispondono alla realtà, essi sono semplicemente retorici o, nel peggiore dei casi, ideologici». E nell’attuale contesto culturale «la Chiesa stessa, che annuncia il Vangelo e celebra il memoriale eucaristico, è il sacramento che deve segnalare al mondo e nella storia la presenza di Cristo Gesù, pronta però a sciogliersi dentro il mondo stesso e nella storia a mo’ del pizzico di sale che dà sapore alla pasta o del frammento di lievito che le conferisce spessore. Un congresso eucaristico, ai nostri giorni, dovrebbe svolgersi per illustrare questa logica e per additare questa prospettiva: occorre capovolgere le nostre dimissioni dalla speranza in nuovo slancio missionario, superando la crisi, anzi entrandovi dentro, attraversandola, per colmare il vuoto che essa produce in chi la subisce come qualcosa di indebito, come un cataclisma imprevisto, come una fine del mondo».