Testimoniare la verità sull’Ucraina
Dopo la post-verità, la post-giustizia. Sua beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore di Kiev e capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, in un intervento pronunciato durante la sua visita all’Università cattolica d’America a Washington il 18 febbraio 2025 (a pochi giorni dal terzo anniversario dell’attacco russo su larga scala), ha affrontato molte questioni di drammatica attualità legate alla guerra in Ucraina: le sue cause, l’ideologia del «mondo russo», l’anelito a una pace giusta. Sottotraccia s’intravvede la preoccupazione per il processo di pace avviato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump insieme al presidente russo Vladimir Putin, con l’esclusione della stessa Ucraina e dell’Unione Europea dal tavolo delle trattative.
Chiedendo a tutti di unirsi al popolo ucraino «in questa testimonianza di Dio, della vita, della verità, della dignità, della libertà e della speranza», l’arcivescovo Shevchuk conclude: «Viviamo nella speranza perché abbiamo assistito al miracolo della liberazione dal giogo sovietico e non desideriamo tornare indietro. Viviamo nella speranza perché abbiamo lasciato la terra di prigionia e abbiamo intrapreso un viaggio verso la libertà e la dignità. Viviamo nella speranza perché Dio ci guida. Viviamo nella speranza perché abbiamo persone che ci sostengono e pregano per noi. Viviamo nella speranza, non siamo soli».
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