Il 24 febbraio le forze armate della Federazione russa hanno iniziato l’invasione della Repubblica ucraina. Pubblichiamo le dichiarazioni dei capi delle Chiese dei paesi coinvolti nel conflitto.
– Bartolomeo, patriarca ecumenico di Costantinopoli, in un Comunicato stampa del 24 febbraio (ec-patr.org, nostra traduzione dal greco).
– Cirillo, patriarca di Mosca, agli arcipastori, ai pastori, ai monaci e alle monache e a tutti i figli fedeli della Chiesa ortodossa russa, 24 febbraio (orthodoxie.com, nostra traduzione dal francese).
– Onofrio, metropolita di Kiev della Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca (UOC-MP), 24 febbraio (orthochristian.com, nostra traduzione dall’inglese).
– Epifanio, metropolita di Kiev della Chiesa ortodossa d’Ucraina (OCU, indipendente), 24 febbraio (www.pomisna.info, nostra traduzione dall’inglese).
– Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore di Kiev-Halyč della Chiesa greco-cattolica ucraina, al popolo ucraino e alla comunità internazionale, 25 febbraio (originale in nostro possesso).
Al termine dell’udienza generale, il 23 febbraio, papa Francesco ha lanciato un Appello per la crisi ucraina, e chiesto che il digiuno e la preghiera del 2 marzo (Mercoledì delle ceneri) siano «per la pace». Il 24 febbraio il segretario di stato vaticano, card. Pietro Parolin, ha rilasciato una Dichiarazione (press.vatican.va).
Per «favorire il senso della collegialità e della responsabilità pastorale dei vescovi», e inoltre «assecondare i principi di razionalità, efficacia ed efficienza», il 15 febbraio papa Francesco ha promulgato la lettera apostolica motu proprio Competentias quasdam decernere (Assegnare alcune competenze), con la quale vengono mutate alcune norme del Codice di diritto canonico e del Codice dei canoni delle Chiese orientali. I punti interessati riguardano: l’organizzazione dei seminari; la formazione sacerdotale; l’incardinazione di chierici; l’Ordo virginum; l’esclaustrazione di religiosi; la redazione di catechismi; la riduzione degli oneri delle messe. In tutti questi casi non serve più l’«approvazione» della Santa Sede all’operato dell’ordinario locale, ma basta una sua «conferma». Il documento punta dunque, come commenta L’Osservatore romano, a «un decentramento nella dinamica ecclesiale della comunione, senza pregiudicare la dimensione gerarchica».
Il giorno prima, 14 febbraio, è invece stato pubblicato il motu proprio Fidem servare che modifica la struttura interna della Congregazione per la dottrina della fede (cf. in questo numero a p. 136).
Il 14 febbraio con la lettera apostolica motu proprio Fidem servare papa Francesco ha modificato la struttura interna della Congregazione per la dottrina della fede, istituendo due sezioni distinte per separare le competenze dottrinali e disciplinari, e assegnando a ciascuna un segretario (L’Osservatore romano 14.2.2022, 12).
Dal 17 al 19 febbraio si è svolto in Vaticano un Simposio sul sacerdozio dal titolo «Per una teologia fondamentale sul sacerdozio», promosso dal card. Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi, e dal Centro di ricerca e di antropologia delle vocazioni. L’iniziativa era descritta come un «Convegno internazionale sulle vocazioni di presbiteri, laici, consacrati».
Il focus del simposio è stato in realtà il sacerdozio ordinato, e su questo si è concentrato il Discorso tenuto da papa Francesco in apertura dei lavori, che ha sviluppato ampiamente uno spunto a lui caro, cioè le «quattro vicinanze»: «Davanti alla tentazione di chiuderci in discorsi e discussioni interminabili sulla teologia del sacerdozio o su teorie di ciò che dovrebbe essere, il Signore guarda con tenerezza e compassione e offre ai sacerdoti le coordinate a partire dalle quali riconoscere e mantenere vivo l’ardore per la missione: vicinanza, che è compassionevole e tenera, vicinanza a Dio, al vescovo, ai fratelli presbiteri e al popolo che è stato loro affidato».
La decisione di papa Francesco di istituire il ministero del catechista (motu proprio Antiquum ministerium, 10.5.2021; Regno-doc. 11,2021,321) ha comportato da un lato la rapida pubblicazione, da parte della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, di una prima editio typica del rito di istituzione, che avviene senza Praenotanda e che già guarda a una seconda edizione, più completa, nel corso del 2022.
Ma dall’altro lato, come afferma questa Lettera sul rito di istituzione dei catechisti, inviata dalla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti ai presidenti delle conferenze dei vescovi come accompagnamento al Rito di istituzione del catechista (pubblicata il 13 dicembre 2021), richiede una «riflessione sulla teologia dei ministeri per giungere a una visione organica delle distinte realtà ministeriali», alla quale il rito stesso intende offrire il suo contributo. Affermando, fra l’altro, che «il termine “catechista” indica realtà differenti tra loro in relazione al contesto ecclesiale nel quale viene usato», e di conseguenza che «non tutti coloro che vengono chiamati “catechisti”, svolgendo un servizio di catechesi o di collaborazione pastorale, devono essere istituiti».
La risposta agli addebiti contenuti nel Rapporto di Monaco (Regno-doc. 3,2022,85) nei confronti del papa emerito, riferiti al suo episcopato (1977-1982), ha seguito due linee. Un’Analisi dei fatti di taglio giuridico, esposta da un collegio difensivo composto da tre canonisti (Mückl, Pree, Korta) e da un avvocato (Brennecke). E quella, firmata di persona da Joseph Ratzinger, che andasse al cuore delle ferite delle vittime, colpite anche da una catena di responsabilità che spesso le ha messe sotto silenzio. Quindi, chiedendo perdono. Con una lettera, firmata l’8 febbraio, egli ha offerto un vero atto di confessione. «In ogni messa – afferma Benedetto – preghiamo il Dio vivente pubblicamente di perdonare la nostra colpa, la nostra grande e grandissima colpa. È chiaro che la parola “grandissima” non si riferisce allo stesso modo a ogni giorno, a ogni singolo giorno. Ma ogni giorno mi domanda se anche oggi io non debba parlare di grandissima colpa». Il testo ripercorre le tappe di una vita da pontefice che è stata profondamente segnata dalla lotta alla «sporcizia» nella Chiesa: «In tutti i miei incontri (…) con le vittime di abusi sessuali da parte di sacerdoti, ho guardato negli occhi le conseguenze di una grandissima colpa e ho imparato a capire che noi stessi veniamo trascinati in questa grandissima colpa quando la trascuriamo o quando non l’affrontiamo con la necessaria decisione e responsabilità, come troppo spesso è accaduto e accade».
«Gli abitatori del tempo sono solidali nell’essere tutti “gettati” verso la morte… tanto più la domanda sulla morte si è affacciata durante la terribile prova della pandemia». Mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, ha indirizzato ai suoi fedeli una Lettera per la Quaresima e la Pasqua 2022, intitolandola La vita che vince la morte. Il testo, un invito ad accettare la sfida che la vita (e quindi la morte) ci pone davanti, prende le mosse da una riflessione sulla pandemia in atto. I tanti lutti, a cui abbiamo assistito e continuiamo purtroppo ad assistere, hanno riacceso con nuova urgenza il tema della morte nella fede cristiana: la morte e risurrezione del Figlio in cui si rivela il senso del vivere e del morire umano. Citando Montale, Horkheimer, Lafont, Barsacchi, von Balthasar, il teologo ritorna a «quella morte, dove si è consumata la morte della morte», individuando nel supremo abbandono del Figlio al Padre e nella comunione suprema che li unisce due aspetti della morte di Gesù che possono aiutarci a comprendere il mistero della nostra morte. Secondo la fede cristiana la forza che rende possibile questa unità è lo Spirito Santo: «È lui che unisce e separa l’abbandonato e l’abbandonante del Venerdì santo». Come la veglia costituisce la preparazione all’evento pasquale, così alla morte dobbiamo prepararci vivendo una vita conforme alla volontà di Dio, nella speranza che l’amore condiviso oggi anticipi e prepari la vittoria dell’amore eterno.
Quest’anno per la Francia è un anno elettorale, con le presidenziali il 10 aprile e le legislative in giugno. In vista di questi appuntamenti fondamentali, come sua consuetudine (cf. per esempio Regno-doc. 1,2017,30) la Conferenza dei vescovi cattolici di Francia è intervenuta con un documento, pubblicato il 18 gennaio e intitolato La speranza non delude, per «incoraggiare i cristiani a esercitare pienamente le loro responsabilità di cittadini, cioè di elettori e di attori del bene comune (…) secondo la [loro] coscienza alla luce dei criteri di discernimento insegnati dal magistero della Chiesa e che ricordiamo in questo testo». La trattazione dei sette nuclei tematici individuati (pace; rispetto della vita; libertà uguaglianza e fraternità; libertà religiosa; ecologia; Europa; educazione) è preceduta da una professione di umiltà, poiché è ancora fresco nel paese il ricordo del Rapporto CIASE sulle violenze sessuali su minori nella Chiesa francese: «È con umiltà che la Chiesa cattolica interviene nel dibattito che si sta aprendo… I vescovi di Francia hanno riconosciuto la responsabilità istituzionale della Chiesa per la violenza subita da tante vittime all’interno della Chiesa e la dimensione sistemica di questi abusi. La nostra Chiesa ha fallito. Consapevole di questa situazione, il Consiglio permanente della Conferenza dei vescovi di Francia tuttavia osa condividere la presente riflessione perché colui in cui crediamo ci invita a testimoniarlo, anche al di là delle colpe e dei peccati che riconosciamo».
Alla luce della «comunione di fede e di storia tra la Polonia e la Germania, vorrei esprimere la mia profonda preoccupazione per le informazioni che si sono apprese di recente da alcuni ambienti della Chiesa cattolica in Germania». Lo ha scritto il presidente della Conferenza episcopale polacca, l’arcivescovo Stanisław Gdecki, in una lettera al presidente della Conferenza episcopale tedesca, il vescovo Georg Bätzing, in relazione al «Cammino sinodale» tedesco (cf. recentemente Regno-att. 4,2022,76). La lettera è stata pubblicata il 22 febbraio sul sito della Conferenza episcopale polacca.
Il presidente dell’episcopato polacco riconosce che «la Chiesa cattolica in Germania è importante sulla mappa dell’Europa, e sono convinto che irradierà il suo credere o meno in tutto il continente». Per questo vede «con preoccupazione l’approccio del “Cammino sinodale” tedesco perseguito finora. Guardando i suoi frutti, si può avere l’impressione che la base della riflessione non sia sempre il Vangelo». E chiede di evitare «di ripetere slogan triti e ritriti e richieste standard come l’abolizione del celibato, il sacerdozio delle donne, la comunione ai divorziati risposati o la benedizione delle coppie dello stesso sesso».
Ha avuto un forte impatto nella Chiesa tedesca il Manifesto #OutInChurch. Per una Chiesa senza paura, lanciato il 25 gennaio da 125 persone che si definiscono «lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, intersessuali, queer e persone non binarie… collaboratori e collaboratrici – a tempo pieno, volontari/e, potenziali, non più in attività – della Chiesa cattolica». Occorre ricordare che in Germania la Chiesa cattolica impiega circa 12.500 sacerdoti, 4.426 operatori parrocchiali e 3.244 operatori pastorali, mentre la Caritas impiega circa 700.000 persone, e il contratto di lavoro per i dipendenti della Chiesa include obblighi di fedeltà, secondo i quali gli insegnamenti di fede e di morale devono essere osservati.
«Esigiamo che si correggano le dichiarazioni dottrinali anti-umanitarie – anche in considerazione della responsabilità che la Chiesa riveste, a livello mondiale, per i diritti umani delle persone LGBTIQ+. Ed esigiamo un cambiamento del diritto del lavoro discriminatorio vigente in ambito ecclesiastico, comprese tutte le formulazioni denigratorie ed escludenti nell’ordinamento di base del ministero ecclesiastico». Numerose associazioni e organizzazioni cattoliche hanno espresso solidarietà, e anche alcuni vescovi. Nell’attuale Cammino sinodale in corso nella Chiesa tedesca si stanno discutendo anche questioni di morale sessuale.
«Si commette un peccato mortale scegliendo liberamente, consapevolmente e volontariamente di fare qualcosa che comporta una materia grave e che si oppone alla carità, all’amore di Dio e del prossimo», e «una persona che riceve la santa comunione in stato di peccato mortale non solo non riceve la grazia che il sacramento trasmette, ma commette il peccato di sacrilegio, non mostrando la reverenza dovuta al sacro corpo e sangue di Cristo». Dopo essere stati dissuasi dalla Congregazione per la dottrina della fede dal formulare una linea di condotta (policy) nazionale sull’ammissione alla comunione di politici cattolici a favore delle leggi che permettono aborto, eutanasia o altri mali morali (cf. Regno-doc. 11,2021,346), alla fine la Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti ha approvato il documento Il mistero dell’eucaristia nella vita della Chiesa, il 17 novembre 2021 nel corso dell’Assemblea plenaria tenutasi a Baltimora.
Il problema dei politici cattolici pro aborto rimane in capo al vescovo diocesano: «È responsabilità speciale del vescovo diocesano adoperarsi per rimediare a situazioni che implicano azioni pubbliche in contrasto con la comunione visibile della Chiesa e la legge morale. Egli infatti deve custodire l’integrità del sacramento, la comunione visibile della Chiesa e la salvezza delle anime».
Dopo essere state approvate il 28 ottobre e pubblicate il 4 novembre, il 28 novembre sono entrate in vigore le Linee guida della pastorale ecumenica per le Chiese cattoliche in Terra santa, approvate dall’Assemblea degli ordinari cattolici in Terra santa, che comprende tutti i vescovi cattolici di rito latino e orientale a Gerusalemme, Israele, Palestina, Giordania e Cipro. Il documento ha lo scopo di «illuminare, motivare e guidare le relazioni ecumeniche della Chiesa cattolica» in Terra santa, con particolare riferimento alla condivisione della vita sacramentale (eucaristica in primis). Vengono presentati a tal fine l’insegnamento e le norme della Chiesa cattolica, soprattutto il Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo del 1993, cercando di adattarli al contesto ecclesiale locale.
La Terra santa è un esempio vivente dei passi avanti fatti dal movimento ecumenico negli ultimi decenni, poiché dai conflitti e dalle divisioni aspre del passato è arrivata oggi a una situazione in cui, «a causa del loro ridotto numero nella società, i cristiani sono ben consapevoli di poter avere solo insieme un futuro in questa regione e poter offrire una testimonianza credibile e un servizio significativo alla popolazione». Di conseguenza «tendono a oltrepassare facilmente i confini denominazionali nella vita e nelle attività della Chiesa, compresa la vita liturgica e sacramentale. Essi si identificano spontaneamente come cristiani».