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Documenti, 1/2017

La nonviolenza: stile di una politica per la pace

Messaggio per la celebrazione della 50° Giornata mondiale della pace

Francesco

«Che siano la carità e la nonviolenza a guidare il modo in cui ci trattiamo gli uni gli altri nei rapporti interpersonali, in quelli sociali e in quelli internazionali». È la nonviolenza a costituire il cuore del messaggio che papa Francesco ha firmato in occasione della 50a Giornata mondiale della pace, celebrata come da tradizione il 1° gennaio di ogni anno. In un mondo frantumato e a pezzi, afferma il papa, dobbiamo essere capaci di seguire lo stile cristiano mostrato da Gesù, che «insegnò che il vero campo di battaglia, in cui si affrontano la violenza e la pace, è il cuore umano». Uno stile, quello della nonviolenza, capace di raggiungere risultati impressionanti, come testimoniano tante esperienze del secolo appena trascorso. Ma se l’origine da cui scaturisce la violenza è il cuore degli uomini, «allora è fondamentale percorrere il sentiero della nonviolenza in primo luogo all’interno della famiglia… La famiglia è l’indispensabile crogiolo attraverso il quale coniugi, genitori e figli, fratelli e sorelle imparano a comunicare e a prendersi cura gli uni degli altri in modo disinteressato, e dove gli attriti o addirittura i conflitti devono essere superati non con la forza, ma con il dialogo, il rispetto, la ricerca del bene dell’altro, la misericordia e il perdono».

Responsabilità per la pace

Discorso al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede

Francesco

Il discorso di papa Francesco il 9 gennaio al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede nel 2017 ha come centro riflessivo il tema della responsabilità per la pace. In questo l’intervento richiama e sviluppa, applicandole alle situazioni concrete di conflitto in atto a livello internazionale, il messaggio per la Giornata mondiale della pace 2017 (cf. qui a p. 1). Cinque i capitoli fondamentali: il ruolo delle religioni per la pace; la responsabilità politica dei governi; la crisi migratoria; la geopolitica dei conflitti in atto, con al centro la Siria; la necessità di aggiornare l’idea di Europa. Le novità riguardano la richiesta ai leader religiosi e ai governanti di combattere il terrorismo di matrice fondamentalista e religiosa. L’affermazione che si garantisca in ogni paese, «nello spazio pubblico, il diritto alla libertà religiosa», mentre è viva la preoccupazione del diffondersi di condizioni nelle quali la testimonianza cristiana esige il martirio. Per il conflitto in Siria e in Iraq l’appello urgente del papa è che «ciascuna delle parti in causa deve ritenere come prioritario il rispetto del diritto umanitario internazionale, garantendo la protezione dei civili e la necessaria assistenza umanitaria alla popolazione». Infine la necessità di ritrovare un’anima dell’Europa, individuando un nuovo rapporto tra il concetto di Europa e lo strumento dell’Unione Europea.

La riforma della curia romana

Discorso alla curia romana per la presentazione degli auguri natalizi

Francesco

«Ho scelto come argomento di questo nostro incontro annuale la riforma della curia romana. Mi è sembrato giusto e opportuno condividere con voi il quadro della riforma, evidenziando i criteri-guida, i passi compiuti, ma soprattutto la logica del perché di ogni passo realizzato e di ciò che verrà compiuto». In occasione della presentazione, il 22 dicembre, degli auguri natalizi ai cardinali, superiori, officiali, rappresentanti pontifici e collaboratori nelle nunziature sparse nel mondo, Francesco ha voluto rendere partecipi i presenti del percorso di riforma della curia romana avviato sin dall’inizio del pontificato, illustrando i passi compiuti e le prospettive di sviluppo futuro. Il papa ha sottolineato come, in tutti i processi di riforma autentici, s’incontrino delle resistenze, che sono un buon segno, perché stanno a significare che il corpo è vivo; ma occorre distinguere «le resistenze aperte, che nascono spesso dalla buona volontà e dal dialogo sincero; le resistenze nascoste, che nascono dai cuori impauriti o impietriti… le resistenze malevole, che germogliano in menti distorte e si presentano quando il demonio ispira intenzioni cattive».

Il nuovo sistema comunicativo

Statuto della Segreteria per la comunicazione

Francesco

È stato pubblicato il 22 settembre lo statuto della Segreteria per la comunicazione, il nuovo organismo che papa Francesco ha istituito con il motu proprio L’attuale contesto comunicativo del 27.6.2015 (Regno-doc. 27,2015,6), e a cui è affidato il compito di curare il sistema comunicativo della sede apostolica. La Segreteria per la comunicazione «unifica tutte le realtà della Santa Sede che si occupano della comunicazione, affinché l’intero sistema risponda in modo coerente alle necessità della missione evangelizzatrice della Chiesa». Presieduto da un prefetto nominato dal papa ad quinquennium (attualmente mons. Dario E. Viganò), il dicastero è suddiviso in cinque direzioni, ciascuna con un compito specifico: affari generali, editoriale, sala stampa, tecnologia e teologia pastorale. Infine, secondo quanto stabilito dal pontefice, nella Segreteria per la comunicazione confluiranno «il Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali, la Sala stampa della Santa Sede, il Servizio Internet vaticano, la Radio vaticana, il Centro televisivo vaticano, L’Osservatore romano, la Tipografia vaticana, il Servizio fotografico e la Libreria editrice vaticana. La Segreteria per la comunicazione assumerà altresì il sito web istituzionale della Santa Sede e la titolarità della gestione nelle reti sociali della presenza del romano pontefice».

Eucaristia e città degli uomini

Lettera di mons. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, e linee guida per il Congresso eucaristico diocesano

Mons. Matteo Maria Zuppi

«Proprio noi possiamo dare da mangiare se, come Gesù, non restiamo distanti dalla condizione difficile degli altri». Questo è l’obiettivo che vuole raggiungere l’arcidiocesi di Bologna, «con un cammino sinodale che coinvolga tutte le comunità cristiane, riunite attorno al Signore, ma che hanno sempre l’orizzonte sconfinato della folla alla quale Gesù vuole dare da mangiare». Lo afferma la Lettera dell’arcivescovo, mons. Matteo Maria Zuppi, che inaugura il Congresso eucaristico diocesano dal tema «“Voi stessi date loro da mangiare”. Eucaristia e città degli uomini», che si celebra dal 13 novembre 2016 all’8 ottobre 2017, prendendo avvio contestualmente alla chiusura dell’Anno santo straordinario della misericordia. La comunità diocesana è chiamata a un confronto sinodale sull’Evangelii gaudium da realizzarsi in quattro tappe, per capire le linee su cui camminare nei prossimi nove anni. «Camminiamo assieme, sinodalmente, verso Gesù eucaristia e povero, per andare verso la folla dove lui ci manda… Il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio».

Ritrovare il senso del politico

Consiglio permanente della Conferenza episcopale francese

«Non possiamo lasciare che il nostro paese veda i propri fondamenti affrontare il rischio di colare a picco, con tutte le conseguenze che si rovescerebbero su di una società divisa. Occorre dedicarsi insieme a un lavoro di rifondazione». Il prossimo 23 aprile i francesi sono chiamati alle urne per il primo turno delle elezioni presidenziali, e i vescovi cattolici prendono la parola – in vista dell’importante appuntamento politico – con la lunga riflessione intitolata In un mondo che cambia, ritrovare il senso del politico, pubblicata il 14 ottobre 2016. Già il 20 giugno erano usciti con una dichiarazione del Consiglio permanente su 2017, annata elettorale. Qualche elemento di riflessione, ma qui analizzano in profondità la situazione del paese, chiedendo di aprire un dibattito pubblico per ridare senso alla politica e rifondare il patto sociale. I vescovi si dichiarano al tempo stesso preoccupati (l’analisi dei vari aspetti della crisi è preponderante nel testo), ma anche convinti che la Francia abbia un dinamismo e un’energia che attendono di essere liberate e poste al servizio dell’interesse generale. «Ognuno, al proprio livello, è responsabile della vita e dell’avvenire della nostra società. Questo richiederà sempre coraggio e audacia. Qualità che mai sono mancate nel cuore del nostro paese».

Eutanasia: il piano inclinato

Card. Willem Eijk, arcivescovo di Utrecht

«Quando si lascia una porta socchiusa, la si può facilmente aprire di più. Una volta che si permette d’interrompere la vita per un certo tipo di sofferenza, perché non lo si dovrebbe permettere per sofferenze che sono solo leggermente minori? È fondamentalmente il paziente che deve stabilire se la sofferenza è insopportabile... Il carattere soggettivo soprattutto di questo criterio comporta il rischio che uno arrivi molto rapidamente a considerare la sofferenza come insopportabile». Il 26 settembre 2016 il card. Willem Eijk, arcivescovo di Utrecht nei Paesi Bassi (il primo stato al mondo a legalizzare l’eutanasia, nel 2002), è intervenuto su «L’esperienza olandese dell’eutanasia e del suicidio medicalmente assistito» all’Assemblea plenaria della Conferenza canadese dei vescovi cattolici a Cornwall (Ontario), nel paese che ha approvato il 17 giugno 2016 la Legge sull’eutanasia e il suicidio assistito (cf. Regno-att. 12,2016,344). L’arcivescovo di Utrecht, teologo moralista e medico, utilizza l’argomento del «piano inclinato» per evidenziare le conseguenze culturali e sociali della legge che ha depenalizzato il suicidio assistito e l’eutanasia nei Paesi Bassi, sottolineando la necessità per la Chiesa di svolgere un ruolo attivo a tutela della dignità umana diffondendo la cultura delle cure palliative. «Dovremmo anche considerare che le persone che soffrono molto per malattie e handicap possono (ri)scoprire la dignità della loro vita ed essere messi in grado di continuare la loro vita nelle circostanze date».

La povertà della Chiesa

Mons. Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo

«La povertà per i cristiani non è un semplice mezzo per l’ascesi personale, ma una chiamata alla conversione che riguarda l’identità stessa della testimonianza della Chiesa nel mondo». La prospettiva di una «Chiesa povera e per i poveri», riproposta dal pontificato di Jorge Mario Bergoglio, affonda le sue radici nell’humus del Vaticano II e può essere ricondotta storicamente agli interventi pronunciati durante l’assise conciliare dal card. Giacomo Lercaro, arcivescovo di Bologna, di cui era assistente Giuseppe Dossetti. L’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice, nella sua lezione su «La povertà della Chiesa» – tenuta il 14 dicembre a Bologna nell’ambito del ciclo di conferenze «Una voce dal Novecento: Giuseppe Dossetti a vent’anni dalla morte», promosso dalla Fondazione per le scienze religiose – ha ricostruito il tema della «Chiesa dei poveri», centrale nella predicazione di Francesco, ma nella storia della Chiesa soggetto a fasi alterne. Raccogliendo lo spunto dalla riflessione dossettiana/lercariana emersa nel Concilio, Francesco legge la povertà come fenomeno di portata storica globale, un luogo teologico rivelativo della presenza del Signore, riconoscendolo «come un inequivocabile segno dei tempi che la Chiesa è chiamata a comprendere con gli altri uomini e ad assumere nell’accompagnare la vicenda storica del nostro tempo verso il compimento del regno di Dio».